lunedì 22 settembre 2014
Il cardinale presidente confermato dal Papa fino al 2017. IL TESTO
EDITORIALE Il cammino della «ricostruzione» di Marco Tarquinio
Statuto, così cambia la scelta del presidente | La reazione delle associazioni
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Papa Francesco ha confermato fino alla scadenza del mandato in corso (che termina nel marzo 2017) di presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova. La notizia è stata ufficializzata ieri dal porporato all’inizio della prolusione pronunciata all’inizio della sessione autunnale del Consiglio permanente. Il cardinale ha ricordato che nel corso dell’Assemblea generale di maggio «seguendo le indicazioni del Papa» - la Cei ha «rivisitato» il proprio Statuto e il Regolamento su alcuni punti. E ha spiegato come «i risultati sono stati prontamente presentati al Santo Padre che ha espresso piena soddisfazione». Le variazione dello Statuto hanno già «ricevuto la “recognitio” della Santa Sede», ha aggiunto il porporato. Specificando appunto che «le modifiche apportate andranno in vigore - per espressa volontà del Sommo Pontefice - alla scadenza dell’attuale mandato del Presidente» che, come noto, è stato rinnovato per un ulteriore quinquennio da Benedetto XVI il 7 marzo 2012.Nel corpo della sua prolusione il cardinale Bagnasco – che sabato pomeriggio è stato ricevuto in udienza da papa Francesco – ha toccato le tematiche di maggiore attualità che riguardano la vita della Chiesa universale e in Italia, nonché questioni più scottanti che toccano la vita dei cittadini del «nostro amato Paese».Il primo pensiero è andato ai tanti cristiani perseguitati nel mondo. Ai tanti che anche oggi offrono la «testimonianza suprema a Cristo e alla Chiesa, il martirio». Infatti «l’intolleranza religiosa, che violenta il diritto di professare la propria fede, è una vergogna terribilmente attuale». In particolare in Iraq. «Intrecciato all’accanimento contro i cristiani, – ha poi sottolineato il cardinale – il mondo occidentale assiste da tempo ad un crescendo di violenza che mescola e confonde politica, cultura, civiltà e religione, con una strumentale identificazione di occidente e di cristianesimo». E i gesti di «ferocia esibita con evidente compiacimento», un chiaro riferimento ai tagliagola dell’Isis, «dovrebbero essere esecrati da tutti ed ogni istituzione - politica, culturale, religiosa - dovrebbe prenderne la distanza in modo chiaro, pubblico e definitivo». «In non poche aree – ha poi denunciato l’arcivescovo di Genova – è esplicito anche l’inaccettabile progetto di cancellare la presenza cristiana». «Come non pensare – si è chiesto – alla volontà di un genocidio?».Nella prolusione si fa cenno alla prossima assemblea straordinaria della Cei prevista per novembre sul «delicato tema della formazione del clero» e poi si affronta la questione dell’imminente Sinodo straordinario di ottobre sulla famiglia. «Sarebbe gravemente fuorviante – osserva il cardinale – ridurre i lavori del Sinodo - come sembra essere indotto dalla pubblica opinione - alla prassi sacramentale dei divorziati risposati». «Lo sguardo e il cuore dei Padri Sinodali, provenienti da ogni parte del mondo», si concentrerà soprattutto, «sulla famiglia e sul matrimonio, “piccola Chiesa”, dono di Dio e patrimonio dell’umanità, fondamento della comunità sociale, grembo naturale della vita dove i figli non si producono ma si generano, scuola e palestra ineguagliabile di virtù civili e religiose». Il presidente della Cei ribadisce che «la famiglia - troppo "disprezzata e maltrattata" (Papa Francesco) - merita più considerazione sul piano culturale e molto più sostegno a livello sociopolitico». E «trascurare la famiglia, o peggio indebolirla con forme somiglianti, significa rendere fragile e franosa la società intera». E proprio «per riconoscere che la famiglia naturale è veramente il presidio della tenuta non solo affettiva ed emotiva delle persone, ma anche sociale ed economica», il cardinale ha invitato «le famiglie a farsi protagoniste della vita sociale attraverso reti virtuose: reti nazionali e internazionali che diventino interlocutori con gli organi dello Stato e con il mondo imprenditoriale».Concentrando il suo sguardo sul «momento sociale che viviamo», Bagnasco ha ricordato il dramma dei migranti che muoiono nel Mediterraneo («Torniamo a chiederci, dov’è l’Europa? Come diceva il Santo Padre, dobbiamo dichiararla tristemente una “non-Europa”?») e la difficile situazione economico-finanziaria (con la richiesta di «di fare rete “super partes” poiché la gente è stremata e non può attendere oltre») e occupazionale (con il lavoro che non si crea anche per «il fisco predatorio» e «la burocrazia asfissiante»).“Last but not least”, la prolusione ha affrontato il tema educativo (con una «particolare vicinanza» espressa verso le «scuole pubbliche cattoliche») e del «totalitarismo culturale» determinato dai «burattinai del mondo», che «in certi momenti» potrà essere denunciato con «gesti pubblici e sonori come quello di San Giovanni Battista che, senza occuparsi del consenso e della propria vita, afferma la verità davanti a Erode e viene sacrificato». Infatti «ogni parola che ha il coraggio di andare contro corrente, ogni gesto che contraddice gli schemi del pensiero dominante in fatto di amore, famiglia, vita, cristianesimo, identità e storia, giustizia e pace…, trascende ogni singola persona e fa luce attorno». Di qui «l’urgenza dell’evangelizzazione». Con la necessità «che la testimonianza si integri con l’annuncio esplicito - come già ricordava Paolo VI nell’Evangelii nuntiandi -, con la profezia che annuncia il grande “Sì” di Dio all’uomo, alla sua voglia di vita e di felicità, di libertà e di amore». Infatti «Cristo è il gioioso “Sì” all’uomo, al mondo, all’universo».
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