lunedì 28 gennaio 2013
Il​ profilo missionario delle parrocchie, la vita e la famiglia, l'economia sociale, il lavoro: sono questi alcuni dei temi affontati dal cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, nella sua prolusione al Consiglio permanente, in svolgimento fino al 31 gennaio a Roma.
I COMMENTI Stefano Zamagni | Don Paolo Asolan | Le associazioni cattoliche
Né astensione né reticenze di Francesco D'Agostino
IL TESTO DELLA PROLUSIONE
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Per l’Italia, «scongiurato il baratro, è il momento decisivo e irrimandabile del rilancio». E il rilancio deve basarsi su «un progetto di bene comune» che si basi sulla «inviolabilità della vita», sulla promozione della famiglia autentica e su comportamenti virtuosi da parte di tutti. Il cardinale Angelo Bagnasco li indica chiaramente nella prolusione che Avvenire pubblica integralmente e con cui ieri pomeriggio ha aperto il Consiglio permanente di gennaio. Le sue parole, perciò, possono essere assunte anche come punti fondamentali di un percorso che mira ad evitare il rischio di cadere «fatalmente in balia di pressioni o interessi contrastanti, dove sarà ascoltato ed esaudito chi fa la voce del più forte». «Nella crisi il popolo italiano ha dato prova di tenuta e di speranza», ha notato il porporato. Ora bisogna voltare pagina.Il dovere di votare.Prima di tutto c’è il «dovere irrevocabile» di «partecipare» al voto. Ai cittadini Bagnasco ricorda che «la diserzione delle urne è un segnale di cortissimo respiro» e che «cedere alla delusione» o alla «ritorsione non sarebbe saggio e, soprattutto, sarebbe dannoso per la democrazia». Ma naturalmente il presidente della Cei si rivolge anche ai politici, invitandoli a «sfidare i propri vizi storici», a non esibire il «professionismo solo nelle fasi elettorali» e a incrementare la lotta all’evasione fiscale, per far abbassare le tasse. «La Chiesa – dice – non può e non deve» entrare direttamente nella «battaglia politica», ma ai candidati chiede «parole chiare circa le proprie personali intenzioni» e ai partiti e agli schieramenti «l’impegno su programmi espliciti, non infarciti di ambiguità lessicali e tattiche». Il Paese, aggiunge Bagnasco, «è stanco di populismi e reticenze», vuole che non vadano perduti «i sacrifici compiuti» e che anzi essi costituiscano «l’intelaiatura di una ripresa concreta, equa, diffusa». In altri termini, sottolinea il cardinale, «la gente vuole che la politica cessi di essere una via indecorosa per l’arricchimento personale».Un progetto di bene comune.Il percorso virtuoso comprende anche i contenuti e cioè il progetto di bene comune di cui si diceva. «Alla radice di esso – fa notare Bagnasco – troviamo le realtà primarie della vita, della famiglia e della libertà, che si intrecciano e si richiamano universalmente perché sono valori fondativi e quindi irrinunciabili dell’uomo». Tutto il resto viene di conseguenza.La vita, sempre.«Quando la Chiesa – aggiunge il presidente della Cei – si interessa dell’inizio e della fine della vita, lo fa anche per salvaguardare il "durante", perché ciò che le sta a cuore è tutto l’uomo, la cui dignità non è a corrente alternata». Per il cardinale, infatti, «lasciar andare alla deriva la vita fragile, che non ha neppure la voce o il volto da opporre per affermare se stessa, rivela un’autocomprensione efficientista e arrogante dello Stato, una sua inquietante carta d’identità, pur se tutto è spesso motivato con ragioni alte». Quindi, ammonisce Bagnasco, «bisogna dire il volto che si vuole dare allo Stato: se è una famiglia di persone o un groviglio di interessi; se un agglomerato di individui o una rete di relazioni su cui ciascuno sa di poter contare, specialmente nelle fasi di maggiore fragilità».La famiglia.Analogamente si deve ragionare circa la famiglia basata sul vincolo del matrimonio tra l’uomo e la donna». E «mentre si continua a riproporre il tema dei matrimoni omosessuali, quasi si trattasse di un approdo inevitabile», Bagnasco ricorda che «la famiglia si è mostrata ancora una volta come l’elemento fondamentale per la coesione sociale delle diverse generazioni, la cellula primordiale e il patrimonio incomparabile su cui poggia la società. Per queste ragioni – scandisce il presidente della Cei – nulla può esserle equiparata, né tanto né poco. Né può essere indebolita da ideologie antifamiliari o simil-familiari, che vorrebbero ridefinire la famiglia e il matrimonio mutando l’alfabeto naturale e istituendo modelli alternativi che la umilierebbero alimentando il disorientamento educativo». L’analisi e le argomentazioni del cardinale danno risposta anche alle controaffermazioni della cultura dominante. «Si sente dire che "dove c’è amore c’è famiglia". Mi sembra – ribatte il porporato – un’affermazione suggestiva, ma qualunquista, perché la coppia – per fare famiglia – oltre che l’amore anche altri elementi costitutivi: capacità, doveri e diritti, su cui la società conta e per i quali si impegna». Bagnasco si dice anche dispiaciuto «che tutto questo non si voglia comprendere, come se la Chiesa nutrisse degli ostinati pregiudizi». Ma «se la natura dell’uomo non esiste, allora si può fare tutto, non solo ipotizzare il matrimonio tra persone dello stesso sesso». Di qui il rifiuto della corrente di pensiero secondo cui «nessuna verità esiste». La Chiesa invece, «esperta in umanità», ribadisce: «La verità per noi è più importante della derisione del mondo».La questione antropologica.In sostanza, fa notare il cardinale, «la questione sociale è diventata radicalmente questione antropologica». Di qui il suo avvertimento affinché «una certa cultura nebulosa non ci annebbi la vista, inducendoci a non riconoscere più, tra i principi che mandano avanti la società, i fondamenti che non sono confessionali, ma semplicemente di ordine razionale». Vita, libertà di coscienza e di educazione, famiglia, giustizia uguale per tutti, pace. Questi sono «principi basilari» perché hanno «un fondamento, oltre che nella ragione, nella nostra stessa Costituzione». Su questi principi, sottolinea con forza il presidente della Cei, «i cattolici sanno che non esiste compromesso o mediazione perché ne va dell’umano nella sua radice. Per questo la Chiesa è "avanguardia". Si sente ripetere che questi sono valori "divisivi" mentre quelli sociali sarebbero "unitivi"». In realtà, ricorda Bagnasco, «i valori sociali stanno in piedi se a monte c’è il rispetto della dignità inviolabile della persona». E infine il cardinale si chiede: «Ma l’evoluzione e il progresso consistono nel negare i valori umani?». Quindi mette in guardia dal «non lasciarsi dividere dal secolarismo piegato in versione nichilista» e indica la radice, o meglio, «la madre di tutte le crisi», cioè «l’individualismo», definendolo «il tarlo più o meno mascherato che sta modificando dal di dentro gli assetti dell’orientamento comune e delle prassi sociali».Economia e lavoroIn risposta a questo tarlo, Bagnasco declina alla luce dell’antropologia cristiana anche i temi dell’attualità economica. Il lavoro, ad esempio. «La disoccupazione giovanile è una sorta di epidemia che non trova argini, mentre ci si chiede se le iniziative legislative che si sono finora succedute abbiano determinato sollievo o aggravamento». E infatti, «non può essere il capitale umano quello che per primo viene messo in discussione quando un’industria è in sofferenza». Per questo il presidente della Cei invita a parlare anche di bioeconomia. «Senza il primato antropologico non solo la finanza e l’economia sarebbero oppressive perché ridurrebbero la persone in termini di costi e ricavi, ma anche lo stato sociale nascerebbe su basi anguste e riduttive». E a proposito del welfare, Bagnasco esorta a varare una sanità senza «imbrogli, maneggi e astuzie», ma anche lontana da «logiche irrazionalmente pretenziose e talora esclusivamente campanilistiche». Mentre per quanto concerne il problemi del sud, ribadisce che contro la mafia («i cui tentacoli si allargano all’intero Paese») bisogna «vigilare, resistere, incoraggiare, denunciare, bonificare e recuperare».La missione della Chiesa.Un elenco di azioni che per quanto riguarda la missione della Chiesa diventa un unico verbo: «Non è vero che a noi interessa far politica, noi vogliamo dire Gesù», afferma il cardinale, ricordando il martirio di 100mila cristiani in tutto il mondo nel 2012. E se questa missione «deve partire dalle parrocchie», essa va anche «meglio coniugata con la pastorale degli ambienti» e con «proposte sovrapparrocchiali come le Gmg o i pellegrinaggi». «Non abbiamo un prodotto da imporre – ha concluso – ma una Persona, una presenza, un’amicizia che cambia la vita». Gesù Cristo, appunto.
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