venerdì 13 novembre 2015
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RELAZIONE FINALE LA VIA DELL’EDUCARE Suor Pina Del Core, FMA UNA PREMESSA Nel tentare una sintesi e una riproposizione di quanto emerso nei gruppi dedicati alla “via” dell’educare, una premessa appare necessaria. In numerosi tavoli di lavoro, infatti, è stato rilevato come la stessa esperienza di ascolto, condivisione e scambio avvenuti nei piccoli gruppi durante il Convegno abbia costituito, oltre che un metodo esemplare per altre iniziative ai diversi livelli della vita ecclesiale, una vera e propria ‘esperienza educativa’ in atto e soprattutto un esercizio di ‘sinodalità’. Non si cresce se non insieme, in una relazione diretta e accogliente: questo abbiamo vissuto e ci ha arricchito. Inoltre, sono state toccate tutte le aree e gli ambiti che Mons. Nosiglia nella sua prolusione ha indicato come frontiere d’azione: “la frontiera drammatica dell'immigrazione, la frontiera sempre più tragica delle povertà anche a causa della crisi economica e occupazionale, la frontiera delicata dell'emergenza educativa”. LO SPIRITO ALL’OPERA Gli orientamenti pastorali della Chiesa Italiana per il decennio in corso hanno puntato sull’educazione come punto prospettico da cui avviare processi di conversione pastorale nelle comunità ecclesiali e nella prassi educativa ed evangelizzatrice messa in atto nella concretezza della vita ordinaria. Molto è stato fatto, come del resto si costata guardando la storia e la tradizione ecclesiale di sempre: non è venuta mai meno, infatti, la passione educativa della Chiesa, non solo nei confronti delle nuove generazioni ma anche nei confronti degli adulti, soprattutto gli educatori, i catechisti, gli animatori pastorali, ecc. Lo spazio di condivisione delle esperienze e delle buone prassi offerto alle diocesi durante il cammino di preparazione al Convegno ecclesiale ha fatto emergere una ricchezza e una diversità di realtà davvero inedita e creativa, non immediatamente visibile e conosciuta: varietà, originalità, concretezza, genialità, quali espressioni di una fantasia pastorale, frutto dello Spirito. Nel racconto dei passi che le comunità ecclesiali hanno compiuto è emersa l’importanza del lavoro svolto negli ultimi anni (a livello di consapevolezza, approfondimento e di esperienze messe in campo). Si è osservato che la sfida educativa è avvertita come centrale da molti uomini e donne del nostro tempo e costituisce un luogo privilegiato di incontro con tante persone a diversi livelli ed ambiti della società: siamo diventati più consapevoli che l’educazione è questione decisiva che riguarda tutti e non solo coloro che sono direttamente interessati e ad essa dedicati nella tensione verso il compimento della persona e la realizzazione di un autentico umanesimo. È una evidenza per molti che le comunità cristiane, pur tra limiti e difficolta, hanno da portare un contributo veramente originale e qualificante. Come Chiesa italiana non siamo all’anno zero, perché c’è in atto nel nostro paese un’esperienza viva, testimoniata da innumerevoli tentativi creativi e in alcuni casi sorprendenti negli esiti. È apparso chiaro come tale contributo si fondi non tanto su strutture, su tecniche o metodologie, su programmazioni educative ben strutturate, pur necessarie: esso si realizza piuttosto quando l’educazione cristiana, rischiando modi e forme sempre nuove, si conforma all’educare di Cristo, sia quanto a contenuto (la dignità inalienabile della persona, la sua unicità e irrepetibilità, con le sue molteplici dimensioni: affettiva relazionale, bio-fisica, cognitiva e religiosa; la relazionalità costitutiva dell’essere con e per gli altri; l’apertura alla trascendenza,…) sia quanto a metodo (la centralità della persona, la relazione e l’incontro personale, l’attenzione alle attese, alle domande, alle fragilità e ai bisogni, la ricerca di senso nell’apertura a orizzonti infiniti mediante la capacità di suscitare domande, la pazienza e il rispetto dei ritmi di crescita di ognuno, la vicinanza e l’accompagnamento, la guida amorevole e l’autorevolezza, la solidarietà e la condivisione), che trova nell’incarnazione il modello educativo e il criterio di ogni intervento. La comunità cristiana punta sull’educazione integrale della persona e sulla credibilità dell’educatore che si pone innanzitutto come testimone, come chi è stato lui per primo ‘educato’ da Cristo e ha trovato in Lui il senso della sua vita. Saremmo però miopi se non rilevassimo anche le difficoltà che quotidianamente si incontrano nell’opera educativa. Tra queste, le due tentazioni indicate da papa Francesco nel suo discorso nella Cattedrale di Firenze si applicano bene anche all’educazione: c’è il rischio cioè da una parte di privilegiare l’attivismo e di cedere ad una “burocratizzazione impersonale” delle dinamiche formative; dall’altra, di assecondare una certa tendenza all’astrazione e all’intellettualismo slegato dall’esperienza. Anche le caratteristiche dell’umanesimo cristiano suggerite da papa Francesco hanno provocato un’immediata applicazione allo stile educativo. All’educatore, infatti, sono richiesti “esercizi” di umiltà, per accompagnare e non forzare i percorsi di crescita; “esercizi” di disinteresse e gratuità, per non legare a sé le persone ma orientare e proporre rispettando la libertà; “esercizi” di beatitudine evangelica davanti alla richiesta delle persone di non ricevere formule ma compagnia, senza “accademie della fede” ma con la forza di una testimonianza che trasmette la fede per attrazione. Se la fatica di educare è evidente, tuttavia è sempre un compito ‘bello’ e appassionante. Le sfide e le difficoltà infatti non mancano, anzi sono molte, specie nel contesto di complessità, di frammentazione e di disorientamento in cui siamo immersi. Tali sfide sono percepite da molti gruppi come risorsa più che come problema, come opportunità per ripensare e rivedere alcune prassi, come sollecitazione al cambiamento o meglio a quella ‘conversione pastorale’ a cui il Papa ci ha fortemente invitato. LINEE DI AZIONE Le linee principali di azione che emergono dalle scelte proposte nei gruppi si possono ricondurre a tre nuclei: la rilevanza di una comunità che educa e che è capace di mettersi in rete, l’urgenza della formazione dell’adulto, i nuovi linguaggi nell’educazione. 1. COMUNITÁ CHE EDUCA La nativa vocazione della Chiesa ad essere comunità che educa, che vive coerentemente la propria fede come dono ricevuto e come consegna per le nuove generazioni costituisce soprattutto oggi una risposta alle sfide e alle difficoltà nel percorrere le vie dell’educare nel contesto di una società sempre più frammentata, complessa e contrassegnata da individualismo, autoreferenzialità e crisi di identità. Da qui la necessità di promuovere e rafforzare le varie forme di alleanza educativa e di implementare nuove sinergie tra i diversi soggetti che interagiscono nell’educazione. Tale prospettiva ci spinge innanzi tutto ‘fuori’ dalle nostre comunità, ma chiede anche di cambiare molte prassi e impostazioni pastorali, rendendo sempre più organica e stabile la collaborazione tra pastorale giovanile, pastorale familiare e pastorale scolastica e universitaria. In diversi gruppi è affiorata l’esigenza di “tavoli di pensiero e di azione” per lo scambio delle esperienze (buone pratiche) e per fare unità nella diversità di compiti, di luoghi, di responsabilità. Si tratta di ‘fare rete’, di mettersi in rete con le diverse istituzioni educative presenti nel territorio e con quanti si interessano di educazione anche se di sponda opposta. Tale linea di azione riconferma uno dei punti nodali di ogni discorso educativo e collocato al centro di tutto il cammino fatto sia nella preparazione del convegno ecclesiale che nella realizzazione: la via relazionale costituisce il cuore di ogni educazione. È l’incipit, punto di partenza e punto di arrivo, senza il quale non può esserci crescita, né trasformazione. L’esistenza umana è intrinsecamente ‘relazionale’ e questo dato a coinvolge pienamente ogni intervento educativo. La relazione, infatti, a livello personale e interpersonale, è lo spazio in cui si rende possibile l’incontro, l’apertura all’altro, il riconoscimento del proprio valore, la valorizzazione delle proprie forze e capacità, l’esperienza principiale di esistere come persona unica e irrepetibile. 2. LA FORMAZIONE DELL’ADULTO Di fronte alla crisi dell’educazione e nel contesto di una crisi dell’umanesimo il ruolo degli adulti è fondamentale. E ciò è ancora più evidente di fronte alla percezione diffusa che molti adulti sembrano aver rinunciato a proporre ai giovani significati e regole per vivere con responsabilità e libertà, per la comune e frequente difficoltà a superare la rigidità del passato e il permissivismo libertario che hanno caratterizzato la transizione contemporanea di modelli educativi ormai desueti e ritenuti obsoleti. Priorità ineludibile è la formazione degli adulti, o meglio degli educatori, perché prendano in mano la propria primaria responsabilità educativa nei confronti delle nuove generazioni, curando anche la propria formazione personale (autoformazione). L’attenzione alla famiglia e l’accompagnamento delle famiglie resti una priorità nella progettazione pastorale delle comunità ecclesiali locali. In particolare è urgente assicurare: • La formazione di formatori e di guide spirituali in grado di accompagnare le coppie orientate al matrimonio e le famiglie in difficoltà. • L’educazione alla genitorialità perché i padri e le madri sappiano accompagnare la crescita dei loro figli nelle diverse fasi evolutive con autorevolezza e decisione. • Percorsi di educazione alla reciprocità, che comporta in primo luogo un’educazione all’accettazione dell’alterità. Alle nostre comunità ecclesiali è chiesta poi una nuova attenzione per la scuola e l’università, alimentando una pastorale d’ambiente che necessita di persone e di capacità di proposta. Gli insegnanti – compresi quelli di religione cattolica – devono sentirsi realmente sostenuti e valorizzati, destinatari di proposte formative e stimolati a curare l’inserimento nella comunità cristiana, la qualità del loro servizio e la professionalità. La difficile situazione delle scuole paritarie cattoliche, preziose risorse per la Chiesa e per il Paese, ci interpella a fare ogni sforzo per qualificare e sostenere queste esperienze, anch’esse chiamate a ripensarsi nella logica delle alleanze e delle collaborazioni. Un’altra linea fondamentale va nella direzione di investire nuove energie per rinnovare la formazione dei sacerdoti, dei religiosi/e e dei laici, anche mediante momenti formativi comuni tra presbiteri, famiglie e consacrati, anche valorizzando il patrimonio educativo-culturale delle nostre università ecclesiastiche e pontificie e degli ISSR, progettando percorsi formativi qualificanti nella direzione di una solida professionalità educativa. Si esige per questo un ripensamento dei percorsi formativi nella linea di una formazione pastorale e pedagogica, con un’attenzione specifica alla maturazione umana e in particolare a quella affettivo-relazionale. Non va considerato concluso, inoltre, il processo di rinnovamento dell’iniziazione cristiana e dei suoi strumenti, a partire da quelli catechistici. Non si può tralasciare il cammino fatto e la nuova sensibilità che si è creata in rapporto alla formazione sociopolitica, all’educazione alla cittadinanza attiva e una ripresa del tema della legalità. Come ci ha ricordato il Papa i cristiani sono ‘cittadini’. 3. NUOVI LINGUAGGI NELL’EDUCAZIONE Le possibilità offerte dalle nuove tecnologie comunicative sono una splendida risorsa per l’educazione e per l’evangelizzazione, ma sollecitano una più qualificata formazione critica e propositiva degli educatori e dei formatori. Gli Ambienti digitali. Va studiato l’apporto degli ambienti digitali e il loro influsso nelle modalità di apprendimento e di relazione dei ragazzi e dei giovani. Il web non va solo studiato criticamente, ma va usato creativamente, valorizzando le culture giovanili. I media ecclesiali e le tecnologie digitali possono inoltre offrire un prezioso aiuto per la condivisione delle buone pratiche e il collegamento tra le realtà educative. Cultura e bellezza: attorno a questo inscindibile binomio la creatività ispirata dalla fede potrà trovare nuove espressioni di incontro fecondo fra le arti, il vangelo, l’educazione. ALCUNE SCELTE DI IMPEGNO Tra le molteplici e variegate proposte dei gruppi ne indichiamo soltanto alcune: • Favorire le reti educative anche stipulando dei patti di corresponsabilità che coinvolgano tutta la comunità educante compresa la società civile. • Favorire un più accurato discernimento e cura di coloro che la comunità ha individuato come educatori e formatori. • Famiglia e fragilità: costituire delle equipe per affiancare le famiglie nelle situazioni educative difficili e implementare proposte di volontariato in favore delle famiglie con anziani e disabili. • Dare vita a un portale informatico per divulgare le buone pratiche e favorire le occasioni di scambio tra le diocesi e le realtà ecclesiali. Si tratta di una risposta al bisogno di forum – una sorta di piazze - in cui discutere, fare insieme, verificare il cammino a partire dalle buone pratiche esistenti. CONCLUSIONE Applicando all’educazione quanto ci diceva il Papa sulla “beatitudine”, siamo convinti che per educare “occorre avere il cuore aperto”. L’educazione “è una scommessa laboriosa, fatta di rinunce, ascolto e apprendimento, i cui frutti si raccolgono nel tempo”, regalandoci una gioia incomparabile. Incoraggiati dalle parole di Papa Francesco e dall’esperienza di queste giornate, vogliamo continuare a credere nel potere umile dell’educazione e nella sua forza trasformatrice della storia e della società di ogni tempo.
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