sabato 9 gennaio 2016
​In una lunga intervista a Radio Vaticana il cardinaale segretario di Stato risponde a domande sulla sua vita familiare, sulla diplomazia, sul celibato...
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Il 17 gennaio compirà 61 anni. E per l'occasione ha voluto aprire il suo cuore ai microfoni della Radio Vaticana. È il ritratto di un Pietro Parolin amabile, confidenziale, profondo e gioioso, quello che emerge dalle parole consegnate a padre Vito Magno.

Nell'intervista il cardinale segretario di Stato vaticano ripercorre la storia della sua famiglia («È lì, con il papà, la mamma e i fratelli che ho sperimentato una fede profonda, una vita cristiana autentica»), la chiamata un po' a sorpresa alla diplomazia, che ha sempre voluto vivere «come sacerdote e da sacerdote».E poi l'incarico come principale collaboratore del Papa, vissuto «come una grazia» e come un «appello particolare e urgente a essere un testimone credibile». «Vorrei tanto essere capace - confida Parolin - sull'esempio del Papa, di mostrare sempre, anche nelle questioni più spiccatamente burocratiche, il volto accogliente e misericordioso della Chiesa gerarchica».Alla domanda su cosa è cambiato del ruolo del sacerdote nei 36 anni del suo sacerdozio, il segretario di Stato risponde che la vocazione e la missione di un prete rimangono sempre le stesse: «Portare Dio alla gente e  la gente a Dio». I sacerdoti sono inviati a evangelizzare i poveri, e per questo devono tenere gli occhi aperti sulle loro condizioni di vita, e farsi ferire il cuore dalle ingiustizie cui spesso essi sono condannati. Altre domande riguardano il celibato dei preti, oggi meno facile da vivere rispetto a un tempo, la confessione, e infine quel sorriso che non lo abbandona mai. Merito del mio carattere, risponde Parolin, ma anche del fatto che «sento che la mia vita è nelle mani di Dio».    

VAI ALL'INTERVISTA INTEGRALE DI RADIO VATICANA

 

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