sabato 11 luglio 2015
Terza e ultima tappa del viaggio in America Latina. "La democrazia sia partecipativa e pluralista, non formale".
Magistero del Papa e tristi pochezze di Mimmo Muolo  |LE PAROLE DEL PAPA
REPORTAGE Palmasola, viaggio nel carcere incubo di Lucia Capuzzi
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«Per la prima volta sento che ho un Papa», ha detto il presidente indio Evo Morales salutando Francesco in partenza per il Paraguay. E alla fine della Messa nella cappella della sua residenza privata il Papa aveva consegnato alla Madonna protettrice della Bolivia, la Virgen di Copacabana, le onorificenze ricevute in regalo da Morales, tagliando così corto ad ogni polemica sui regali ricevuti dal presidente boliviano. Nel pomeriggio latinoamericano il presidente del Paraguay Horacio Cartes ha invece accolto papa Francesco all’aeroporto di Asunción in una cerimonia di benvenuto senza discorsi.

Francesco e il presidente del "Paese delle donne" hanno pronunciato solo più tardi il loro discorso ufficiale nell’incontro con le autorità e il corpo diplomatico nel giardino dello storico Palazzo Lopez. Nel suo intervento di ouverture in quest’ultima tappa del viaggio latinoamericano papa Francesco ha voluto toccare luci e ombre di questa terra, con caratteristiche peculiari che si differenziano in parte dai due precedenti Paesi visitati. «Qui - nel giardino di questo palazzo che è stato testimone della storia paraguaiana: da quando era solo la riva del fiume e lo usavano i guaranì, fino agli ultimi avvenimenti contemporanei - voglio rendere omaggio a quelle migliaia di semplici paraguaiani, i cui nomi non compariranno nei libri di storia, ma che sono stati e rimangono veri protagonisti della vita del loro popolo» ha detto papa Francesco nell’incipit del suo discorso. E subito ha  voluto ricordare anche l’importanza che hanno avuto nella storia del Paese le donne: «Anche voglio riconoscere con emozione e ammirazione il ruolo svolto dalla donna paraguaiana in quei momenti drammatici della storia». Perché «un popolo che dimentica il suo passato, la sua storia, le sue radici, non ha futuro», ha aggiunto il Papa. «La memoria, poggiata saldamente sulla giustizia, libera da sentimenti di vendetta e di odio, trasforma il passato in fonte di ispirazione per costruire un futuro di convivenza e di armonia, rendendoci consapevoli della tragedia e dell’assurdità della guerra». E proprio ricordando la storia dei conflitti e la lunga dittatura di Alfredo Stroessner, che in certa misura ha visto connivente anche la Chiesa, patite dal popolo paraguaiano, Francesco ha fatto un appello per la pace: «Mai più guerra tra fratelli! Costruiamo sempre la pace! Anche una pace del giorno per giorno, una pace della vita quotidiana, a cui tutti partecipiamo evitando gesti arroganti, parole offensive, atteggiamenti prepotenti, e promuovendo invece la comprensione, il dialogo e la collaborazione». Ha così ricordato che in tutti gli ambiti della società, ma soprattutto nell’attività pubblica, si deve potenziare il dialogo come mezzo privilegiato per favorire il bene comune, sulla base della cultura dell’incontro, del rispetto e del riconoscimento delle legittime differenze e delle opinioni degli altri. «Non dobbiamo rimanere nella conflittualità, è un esercizio interessante decantare nell’amore alla patria e al popolo ogni prospettiva che nasce dalle convinzioni di una scelta partigiana o ideologica. E questo stesso amore dev’essere l’impulso a crescere ogni giorno di più in gestioni trasparenti che lottino vigorosamente contro la corruzione». Già da alcuni anni, il Paraguay è impegnato nella costruzione di un progetto democratico. «Solido e stabile» lo ha definito Francesco ed è giusto ha detto «riconoscere con soddisfazione i molti progressi fatti su questa strada grazie allo sforzo di tutti, anche in mezzo a grandi difficoltà e incertezze». Il Papa ha quindi incoraggiato a continuare a lavorare con tutte le forze «per consolidare le strutture e le istituzioni democratiche che rispondono alle giuste aspirazioni dei cittadini». Ha fatto poi riferimento alla forma di governo adottata nella Costituzione dello Stato «democrazia rappresentativa, partecipativa e pluralista», basata sulla promozione e il rispetto dei diritti umani, e questa, ha detto il Papa, citando il documento di Aparecida, «ci tiene lontano dalla tentazione della democrazia formale, che si accontenta di essere fondata sulla correttezza dei processi elettorali». Altro punto centrale del discorso di Francesco in questa terra non poteva che essere la questione dei poveri che deve occupare un posto prioritario: «Nella volontà di servizio e di lavoro per il bene comune, i poveri e i bisognosi devono occupare un posto prioritario. Si stanno compiendo molti sforzi perché il Paraguay progredisca sulla via della crescita economica. Ci sono stati passi importanti nei campi dell’istruzione e della sanità. Non si fermi lo sforzo di tutti gli attori sociali, fino a quando non ci saranno più bambini senza accesso all’istruzione, famiglie senza casa, lavoratori senza un lavoro dignitoso, contadini senza una terra da coltivare e tante persone costrette a migrare verso un futuro incerto; finché non ci saranno più vittime della violenza, della corruzione o del narcotraffico». Uno sviluppo economico che non tiene conto dei più deboli e sfortunati, non è vero sviluppo ha ribadito ancora Francesco. La misura del modello economico dev’essere la dignità integrale dell’essere umano, soprattutto quello più vulnerabile e indifeso. La storia del Paraguay è imprescindibilmente legata alla presenza di una Chiesa che ha compiuto un’opera di emancipazione umana e sociale ricordando il modello delle Reducciones dei gesuiti. Perciò ricordando ancora il documento di Aparecida. «Anche a nome dei miei fratelli vescovi –ha detto il Papa – desidero assicurare l’impegno e la collaborazione della Chiesa cattolica nello sforzo comune di costruire una società equa e inclusiva, nella quale si possa vivere insieme in pace e armonia. Perché tutti, anche i pastori della Chiesa, siamo chiamati a preoccuparci della costruzione di un mondo migliore».
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