giovedì 5 aprile 2012
Nella Messa del Crisma il richiamo del Pontefice alla conformazione a Cristo e la denuncia del crescente analfabetismo religioso: gli elementi fondamentali della fede sono sempre meno noti. In serata la celebrazione in Coena Domini: l’uomo che si mette contro Dio va contro la propria verità, «non diventa libero ma alienato da se stesso»
Omelia della Messa crismale - Ogni nostro annuncio deve misurarsi sulla parola di Gesù: "La dottrina non è mia"
Omelia della Messa in Coena Domini - Nella notte del monte degli Ulivi l'obbedienza che rende liberi
L'iniziativa dei parroci austriaci che spacca la comunità
Per offrire il fuoco di Massimo Camisasca
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​Giovedì Santo giorno dell’Eucaristia e del sacerdozio. Un giorno speciale che contiene gli elementi essenziali della sequela di Cristo. Sia per i presbiteri, sia per tutti i cristiani. Elementi che il Papa ha messo ieri in evidenza nella Messa crismale celebrata al mattino in San Pietro e nella Messa in Coena Domini presieduta nel pomeriggio in San Giovanni in Laterano.Al mattino Benedetto XVI si è rivolto in particolar modo ai preti, ricordando che non nella disobbedienza, ma semmai nella «conformazione a Cristo» c’è il segreto e «il presupposto» di ogni vero rinnovamento. Anche e soprattutto del rinnovamento della Chiesa. Il Pontefice ha usato a tal proposito parole molto incisive, ricordando come un «gruppo di sacerdoti in un Paese europeo» abbia reso pubblico «un appello alla disobbedienza». La «spinta disperata a fare qualcosa, a trasformare la Chiesa secondo i nostri desideri e le nostre idee» non è la via giusta. Il «vero rinnovamento» chiede «la gioia della fede, la radicalità dell’obbedienza, la dinamica della speranza e la forza dell’amore».Gesù, del resto svela questa dinamica proprio nel Giovedì Santo quando, di fronte alla prospettiva della sua dolorosa passione, dice al Padre «non la mia, ma la tua volontà: questa – annota Benedetto XVI – è la parola che rivela il Figlio, la sua umiltà e insieme la sua divinità, e ci indica la strada».Un strada tra l’altro costellata di "pietre miliari" che segnano in qualche modo la vicinanza a Cristo. Papa Ratzinger ha citato a questo proposito una schiera di sacerdoti santi «a cominciare da Policarpo di Smirne ed Ignazio d’Antiochia attraverso i grandi Pastori quali Ambrogio, Agostino e Gregorio Magno, fino a Ignazio di Loyola, Carlo Borromeo, Giovanni Maria Vianney, fino ai preti martiri del Novecento e, infine, a papa Giovanni Paolo II che, nell’azione e nella sofferenza ci è stato di esempio nella conformazione a Cristo, come "dono e mistero"». I santi, ha aggiunto, «ci indicano come funziona il rinnovamento e come possiamo metterci al suo servizio».Infine, nell’omelia della Messa crismale, il Papa ha voluto richiamare la necessità di diffondere i contenuti della fede e l’urgenza, per gli stessi sacerdoti, di non essere degli impiegati che una volta esaurito l’orario di lavoro, tornano a casa. Per quanto riguarda il primo profilo ha lanciato un piccolo "allarme": «Gli elementi fondamentali della fede, che in passato ogni bambino conosceva, sono sempre meno noti». Ma per poter vivere ed amare la nostra fede – ha spiegato –, per poter amare Dio per poter vivere ed amare la nostra fede, per poter amare Dio e quindi diventare capaci di ascoltarLo in modo giusto, dobbiamo sapere che cosa Dio ci ha detto; la nostra ragione ed il nostro cuore devono essere toccati dalla sua parola». L’Anno della fede, il ricordo dell’apertura del Concilio Vaticano II 50 anni fa, «deve essere per noi un’occasione di annunciare il messaggio della fede con nuovo zelo e con nuova gioia».Benedetto XVI ha invitato a toccare i cuori delle persone. E ad avere «zelo per le anime». «Come sacerdoti naturalmente ci preoccupiamo dell’uomo intero, proprio anche delle sue necessità fisiche – degli affamati, dei malati, dei senza-tetto. Tuttavia noi non ci preoccupiamo soltanto del corpo, ma proprio anche delle necessità dell’anima dell’uomo: delle persone che soffrono per la violazione del diritto o per un amore distrutto; delle persone che si trovano nel buio circa la verità; che soffrono per l’assenza di verità e di amore». «Le persone – ha aggiunto – non devono mai avere la sensazione che noi compiamo coscienziosamente il nostro orario di lavoro, ma prima e dopo apparteniamo solo a noi stessi. Un sacerdote non appartiene mai a se stesso».Il conformarsi a Cristo, naturalmente, non vale solo per i sacerdoti, ma nelle forme proprie di ciascun stato di vita anche per tutti gli altri cristiani. Nella Messa in Coena Domini il Pontefice, ritornando sul rapporto tra libertà e obbedienza, ha invitato tutti a entrare nella preghiera di Gesù nel Getsemani. Egli «vede la marea sporca di tutta la menzogna e di tutta l’infamia che gli viene incontro in quel calice che deve bere». La sua volontà umana dunque «indietreggia spaventata davanti ad una cosa così immane. Chiede che ciò gli sia risparmiato. Tuttavia, in quanto Figlio, depone questa volontà umana nella volontà del Padre: non io, ma tu». È il contrario dell’atteggiamento di Adamo. «Pensiamo di essere liberi e veramente noi stessi solo se seguiamo esclusivamente la nostra volontà. Dio appare come il contrario della nostra libertà». Invece «quando l’uomo si mette contro Dio, si mette contro la propria verità e pertanto non diventa libero, ma alienato da se stesso. Siamo liberi solo se siamo nella nostra verità, se siamo uniti a Dio». E in fondo è questa la lezione del Giovedì Santo.
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