lunedì 18 gennaio 2016
Nella Giornata mondiale del migrante il Pontefice ha pregato per le vittime degli ultimi attentati in Indonesia e Burkina Faso.
Questa Porta che dice «tutto è connesso» (Chiara Giaccardi) IL FOTORACCONTO (Romano Siciliani)
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​Migliaia i migranti e rifugiati, di decine Paesi, riuniti a piazza S. Pietro, per celebrare il loro Giubileo, attraversare la Porta Santa e partecipare alla Messa nella basilica Vaticana. “Cari migranti e rifugiati, ognuno di voi porta in sé una storia, una cultura, dei valori preziosi; e spesso purtroppo anche esperienze di miseria, di oppressione, di paura”.“La vostra presenza in questa Piazza – ha detto loro il Papa - è segno di speranza in Dio”.“Non lasciatevi rubare questa speranza e la gioia di vivere, che scaturiscono dall’esperienza della divina misericordia, anche grazie alle persone che vi accolgono e vi aiutano”.Poi un grazie e un applauso speciale ai detenuti del carcere di Opera, a Milano, che hanno confezionato le ostie per la Messa dedicata ai migranti e rifugiati.Quindi la preghiera per le vittime degli attentati, che hanno insanguinato, in questa settimana, le capitali Giacarta dell’Indonesia e Ougadougou del Burkina Faso.“Il Signore le accolga nella sua casa, e sostenga l’impegno della comunità internazionale per costruire la pace”.Il racconto, nel Vangelo domenicale del prodigio compiuto da Gesù alle nozze di Cana, ha ispirato la catechesi del Papa prima dell’Angelus.“Nel miracolo di Cana – ha spiegato – vediamo un atto benevolenza di Gesù verso gli sposo, una benedizione di Dio sul matrimonio".“L’amore tra l’uomo e la donna è quindi una buona strada per vivere il Vangelo, cioè per incamminarsi con gioia sul percorso della santità”.“Ma il miracolo di Cana non riguarda solo gli sposi”, ha ricordato Francesco. “Ogni persona umana è chiamata ad incontrare il Signore nella sua vita”.“La fede attraversa tempi di gioia e di dolore, di luce e di oscurità, come in ogni autentica esperienza d’amore”.“Gesu non si presenta a noi come un giudice pronto a condannare le nostre colpe; né come un comandante che ci impone di seguire ciecamente i suoi ordini":“ ... si manifesta come Salvatore dell’umanità, come fratello, come il nostro fratello maggiore, Figlio del Padre: si presenta come Colui che risponde alle attese e alle promesse di gioia che abitano nel cuore di ognuno di noi”.“Allora possiamo chiederci: davvero conosco il Signore così?”.“Si tratta di rendersi conto che Gesù ci cerca e ci invita a fargli spazio nell’intimo del nostro cuore”.
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