sabato 10 novembre 2012
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​È l’estate del 2005 quando papa Ratzinger, arrivando nello chalet di Les Combes che lo avrebbe ospitato per il suo primo soggiorno di riposo in Val d’Aosta, si trova davanti una gradita sorpresa: è un pianoforte verticale sui cui tasti Benedetto XVI si sarebbe rilassato nelle giornate trascorse fra le Alpi. Da allora fa parte dell’agenda del Papa ritagliarsi alcuni momenti dedicati alla musica: da ascoltare, ma anche da eseguire in prima persona. E, forse, non poteva essere altrimenti per un Pontefice che è stato definito il “Mozart della teologia” e che pubblicamente ha ringraziato Dio «per avermi posto accanto la musica quasi come compagna di viaggio che sempre mi ha offerto conforto e gioia».Parole pronunciate nel 2007, dopo un concerto in Vaticano, che ben riassumono il legame fra il Papa teologo e il «linguaggio universale» delle note entrato nella sua vita fin dall’infanzia. Talmente profondo è questo rapporto che Benedetto XVI continua a coltivare la sua passione musicale nel Palazzo apostolico e si affida al vocabolario della musica anche per raccontare la fede nei suoi discorsi o nei suoi scritti. Come accade quando – è lo scorso maggio – paragona la preghiera della Chiesa a «una grande sinfonia che la comunità cristiana sparsa in ogni parte della terra e in ogni tempo eleva a Dio». Oppure quando spiega che l’orchestra è «una bella immagina anche per noi che, nell’ambito della Chiesa, ci impegniamo a essere strumenti per comunicare al nostro prossimo il pensiero del grande “Compositore”, la cui opera è l’armonia dell’universo».In fondo la «meraviglia» che crea la musica è quella di «rimandare, al di là di se stessa, al Creatore e di suscitare in noi risonanze che sono, per così dire, un sintonizzarsi con la bellezza e la verità» dell’Altissimo, sostiene il Papa. È il «valore spirituale» delle grandi composizioni che invitano a «elevare la mente verso Dio per trovare in lui le ragioni della nostra speranza» e a «costruire un mondo nel quale risuoni la melodia consolante di una trascendente sinfonia d’amore». Ecco perché Benedetto XVI chiede che i giovani si avvicinino alla musica “alta” che «è capace di aprire al bene e al bello assoluti».È l’esperienza vissuta da papa Ratzinger che comincia a frequentare la musica e il canto insieme con il fratello Georg che, poi, per trent’anni dirigerà il coro di voci bianche Domspatzen della Cattedrale di Ratisbona. «Bei tempi», li chiama il Papa. Sarà per questa nota della sua «biografia interiore» – ma anche per la particolare attenzione alla musica nella liturgia – che Benedetto XVI considera il cantare un’«espressione d’amore» e «quasi un volare, un sollevarsi verso Dio».Sopra il pianoforte Benedetto XVI ama tenere gli spartiti del “ribelle” Mozart e del luterano Bach. Il genio di Salisburgo lo incontra nella chiesa di Traunstein, la cittadina tedesca al confine con l’Austria, dove trascorre infanzia e adolescenza. «Quando risuonava, nei giorni festivi, una <+corsivo>Messa<+tondo> di Mozart, per me, ragazzino venuto dalla campagna, era come se il cielo si aprisse. Dal coro giungeva una musica in cui il giubilo degli angeli per la bellezza di Dio diventava per noi palese. Devo dire che ciò mi accade, in qualche modo, ogni volta che ascolto Mozart». E, dopo un suo Requiem, sottolinea: «In Mozart ogni cosa è in perfetta armonia. Anche gli opposti sono conciliati e la “serenità mozartiana” avvolge tutto. È un grande dono questo della grazia di Dio, ma è anche frutto della fede viva di Mozart che – specie nella sua musica sacra – riesce a far trasparire la luminosa risposta dell’amore divino». Una profonda spiritualità segna anche le opere di Bach che – secondo il Papa – è «forse il più grande maestro di tutti i tempi» e uno «splendido architetto della musica, guidato da un tenace “ésprit de géometrie”, simbolo di ordine e di saggezza, riflesso di Dio».Per Benedetto XVI, la fede scritta con le note va comunicata. Lo ricorda parlando di Vivaldi e Rossini, «sommi musicisti di cui l’Italia deve essere fiera». «Vivaldi – afferma – era sacerdote e la sua musica nasce dalla fede». Invece «quella di Rossini è una religiosità che esprime una ricca gamma di sentimenti di fronte al mistero di Cristo». Più volte Benedetto XVI si imbatte in Bruckner che lo porta a dire: «Ascoltare la sua musica è quasi come trovarsi all’interno di una grande Cattedrale».Ma ci sono anche autori dalle storie più complesse. È il caso di Beethoven in cui il Pontefice sente «la lotta del genio per dare il massimo». Lo scorso giugno, al teatro alla Scala di Milano, rivela al termine della <+corsivo>Nona Sinfonia<+tondo> che «non è una gioia propriamente cristiana quella che Beethoven canta» ma rimanda comunque al «desiderio che il cammino dell’umanità sia segnato dall’amore». Anche in Wagner «resta sempre presente il fondamento comune dello spirito europeo formato dal cristianesimo» seppur le sue opere conducano «in nuove zone di esperienza della realtà».Del resto la musica aiuta a «meditare sulla complessità della vita» e «mediante i suoi suoni ci porta ad armonizzare il nostro intimo», afferma il Papa. Avviene tuffandosi in Verdi, «grande operista italiano», che ha «indagato ed espresso il dramma di tanti personaggi nelle sue opere». E all’Italia Benedetto XVI affida una missione: essere «messaggera universale di tutti quei valori» che i suoi straordinari talenti musicali hanno impresso sul pentagramma.
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