sabato 20 settembre 2014
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Per l’Albania è il giorno atteso da 21 anni. «Un momento di grazia per tutti noi», come afferma l’arcivescovo di Tirana-Durazzo, Rrok Mirdita. Un giorno atteso da quel 25 aprile del 1993, quando per la prima volta Giovanni Paolo II visitò il Paese transadriatico, all’indomani della ritrovata libertà. Oggi Francesco ripercorrerà le orme del suo predecessore in un viaggio di appena 14 ore (partenza alle 7.30 da Roma, ritorno previsto alle 21.30, sei discorsi, incontri con le autorità, i fedeli, i sacerdoti e gli esponenti di altre religioni e visita anche a casa della carità), ma che ha in sé diversi importanti spunti. La memoria dei martiri del comunismo, l’omaggio alla pacifica convivenza tra gli albanesi di diverse religioni e anche l’ingresso in Europa non per la "porta" di una nazione ricca e potente, ma attraverso una delle "periferie" tanto care al Pontefice. Questo è infatti il primo viaggio di papa Bergoglio nel vecchio continente, in attesa della visita al Parlamento di Strasburgo il prossimo 25 novembre. Ed è significativo che avvenga in un piccolo Stato come l’Albania. Monsignor Mirdita, che cosa rappresenta per il suo Paese la visita di Francesco? A 24 anni dalla fine della dittatura comunista, mentre è ancora viva la memoria di quel tempo buio, il Papa viene a dare speranza, ad incoraggiarci per guardare al futuro. Per questo noi vescovi abbiamo scelto come slogan della visita il motto “Insieme con Dio verso la speranza che non delude”. Noi, infatti, siamo testimoni di questa speranza che il Santo Padre viene a confermare. Qual è il volto attuale della Chiesa cattolica in Albania? È una Chiesa giovane e viva. Le persone possono esprimere e professare liberamente la loro fede. Abbiamo costruito chiese, scuole, centri sanitari e già dal 2000 abbiamo sacerdoti albanesi. Vorrei ricordare però che un ruolo importante lo hanno avuto i missionari, in modo particolare quelli venuti dalla Chiesa sorella italiana. Insomma, siamo una Chiesa rinata dalle ceneri che adesso guarda verso il futuro con coraggio. Quanto è ancora presente la memoria dei martiri nella Chiesa e nella società albanese? E quella di Madre Teresa? Moltissimo. In occasione della visita del Papa abbiamo voluto mettere in evidenza proprio questo aspetto della nostra storia. Noi dobbiamo ricordare e trasmettere ai più giovani questa memoria, perché chi non ricorda rischia di ripetere gli errori del passato. Anche Madre Teresa è molto cara a tutti gli albanesi e a me in particolare. Da lei abbiamo ereditato la "testardaggine" di andare avanti nonostante tutto e l’attenzione per i più poveri tra i poveri. Ciò che ci ricorda continuamente anche Papa Francesco.
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