mercoledì 15 ottobre 2014
Domenica 19, la giornata di chiusura del Sinodo dei vescovi coinciderà con la beatificazione di Giovanni Battista Montini.
Fisichella: la sua santità, faro per un mondo complesso | Sgreccia: «Un difensore della vita» | VAI ALLO SPECIALE
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«Famiglia piccola scuola di vita». È l’espressione con cui Paolo VI aveva profeticamente anticipato quanto Giovanni Paolo II avrebbe detto alcuni anni più tardi nella Redemptor Hominis: la famiglia rimane «la prima e fondamentale via della Chiesa». Lungo tutto il suo pontificato – e prima ancora nel corso del suo episcopato milanese – papa Montini avvertì con grande senso di responsabilità, a tratti addirittura come un interrogativo angosciante, l’urgenza di accompagnare con lo sguardo del Vangelo le trasformazioni sociali e culturali della famiglia. Compito complesso oggi, occasione di confronto e di dibattito che dalle questioni teologiche si allargano alla cultura e alla società. Figurarsi quasi mezzo secolo fa, quando il vento della rivoluzione sessuale cominciava a soffiare con impeto, scompigliando, anche tra i fedeli praticanti, certezze e valori che sembravano sedimentati nella roccia. Ad Alberto Cavallari del "Corriere della Sera", che il 3 ottobre 1965 gli chiedeva di esprimere una valutazione sulle difficoltà con cui la Chiesa era chiamata a confrontarsi, soprattutto in ordine alla morale sessuale e alla regolazione delle nascite, Paolo VI rispondeva senza inutili giri di parole: «Tacere non possiamo. Parlare è un problema. La Chiesa non ha mai dovuto affrontare per secoli cose simili. E si tratta di materia diciamo strana per gli uomini della Chiesa, anche umanamente imbarazzante». Parole che sembrano riflettere la profonda sensibilità di un uomo del tutto consapevole della gravità connessa a scelte che avrebbero poi pesato sul destino di tanti uomini e di tante donne, orientato decisioni delicate come tutte quelle connesse alla vita nascente, deluso forse – e addirittura allontanato dalla fede – anche tante persone. Negli interrogativi di papa Montini a proposito della famiglia, sembra di cogliere – con alcuni decenni di anticipo – lo stesso atteggiamento pensoso e denso di problematicità che accompagna in questi giorni il dibattito del Sinodo. Di famiglia, e dei tanti temi ecclesiali e sociali connessi all’impegno delle coppie e dei genitori cristiani, Paolo VI parlò tantissimo. Non solo nell’enciclica Humanae Vitae, di cui ci occupiamo nell’intervista qui a lato e che rimane la sua riflessione più alta e compiuta sull’amore umano, ma anche in omelie, Angelus, discorsi e soprattutto nelle numerose udienze generali dedicate alla «causa nobilissima e urgentissima». Salutando nel febbraio 1966 i partecipanti al congresso nazionale del Cisf, spiegò che quanto emerso dal Concilio era un omaggio «alla grande dignità che la Chiesa attribuisce al matrimonio e alla famiglia». Sia perché rispondono al «disegno essenziale che Dio ha tracciato», sia perché quello degli sposi è «un lungo cammino verso la santificazione, che si nutre delle gioie e dei sacrifici di ogni giorno, della vita apparentemente più normale, quando sia guidata dalla legge di Dio e imbevuta dall’amore». In questo percorso verso la santità coniugale Paolo VI sollecitava direttamente gli sposi ad approfondire temi e stile di una vita spirituale che, per essere appunto a misura di famiglia, avrebbe dovuto essere ripensata e rimodulata alla luce delle esigenze degli sposi stessi. Anticipando di qualche decina d’anni uno slogan che in questi giorni è riecheggiato anche al Sinodo e indica le famiglie come «soggetto e non solo come oggetto della pastorale familiare». E ai genitori cristiani Paolo VI non si stancava di ribadire quell’impegno educativo, oggi diventato autentica e drammatica emergenza. All’Angelus del 30 dicembre 1973 – lo ricorda padre Leonardo Sapienza nel libro "Paolo VI. L’amore è legge bellissima" (Edizioni Vivere In) –  spiegava a mamme e papà il dovere di «non abdicare dall’insostituibile missione educatrice» e li invitava a infondere nei figli «i valori spirituali propri della famiglia, specialmente se questa ha la fortuna e la coscienza d’essere cristiana». Cioè testimonianza e consapevolezza. Indicazioni che rimangono anche oggi bussole indispensabile per la vita di coppia e di famiglia.

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