mercoledì 24 febbraio 2016
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"Nel Dna della Radio Vaticana e della sua missione fin dalle origini" "c'è stato sempre il servizio dei cristiani oppressi, dei poveri, delle minoranze in difficoltà piuttosto che la sudditanza assoluta all'imperativo della massimizzazione dell'audience. Naturalmente la misura dell'audience va tenuta in conto adeguato, ma non è tutto. Spero che questo non venga dimenticato neanche in futuro nel discernimento sugli sviluppi della comunicazione vaticana: è una bella sfida: come tenere veramente presenti i poveri, come combattere la cultura dello scarto nel mondo nuovo della comunicazione".

Padre Federico Lombardi, che dal primo marzo lascia dopo 25 anni l'emittente del Papa, sintetizza così, in un'intervista alla Radio vaticana, una delle maggiori sfide per il sistema dei media vaticani, la cui riforma procede gradualmente dopo la creazione di una Segreteria per la comunicazione e una serie di accorpamenti, tra cui quello tra Radio e Centro televisivo vaticano (Ctv), accorpamento per il quale l'incarico finora affidatogli alla Radio non verrà mantenuto. 73 anni, piemontese di Saluzzo, gesuita come dalla fondazione nel 1931 sono stati i dirigenti della Radio Vaticana, e che dal 2001 al 2013 ha diretto anche il Ctv, ha rilasciato una ampia intervista alla emittente pontificia proprio sui 25 anni che vi ha trascorso, prima come direttore dei programmi, dal '91 al 2005, e poi come direttore generale, dal 2005 ad oggi. L'intervista è ricca di fatti, osservazioni e prospettive: il "periodo più felice" gli anni da direttore dei programmi, calato "a tempo pieno" nella "missione" della Radio. Il "dispiacere" più grande: la non realizzazione del programma in lingua hausa, richiesto dai vescovi nigeriani per la zona teatro delle violenze di Boko Haram, che sarebbe costato 30 euro al giorno: "per i nigeriani fu una delusione molto grave". Il "tempo più travagliato", "quello delle accuse per il cosiddetto elettrosmog": "era duro essere accusati, in modo certamente ingiusto, di fare del male, perfino di uccidere i bambini". Dai racconti emerge la passione di Lombardi per l'orizzonte mondiale della informazione della Radio, che gode dell'apporto di persone di "60 nazionalità, con culture, lingue e alfabeti diversissimi". Riemerge anche l'importanza trasmissioni ad onde-corte voce della Chiesa nei paesi in cui era oppressa dai totalitarismi, soprattutto comunisti. Alcuni servizi, afferma Lombardi, "si potevano, posso dire ancora si possono? fare solo con esse. È questo il motivo - rivendica - per cui noi, anche io personalmente, ne ho difeso pervicacemente l'uso fino ad oggi e sono immensamente grato ai colleghi del Centro di Santa Maria di Galeria" che hanno conservato l'operatività del Centro, "nel suo genere un vero gioiello, con rigorosa economicità". Internazionalità e multimedialità restano fondamentali nel nuovo sistema, come sono stati per la Radio rispettivamente dalla fondazione e dalla fine del secolo scorso: "Già quando festeggiammo il 75.mo della Radio, nel 2006 - ricorda padre Lombardi - io cercai di far passare il discorso che noi ci chiamavamo sì ancora Radiovaticana, ma in realtà non eravamo più una radio nel senso stretto del termine, eravamo diventati un importante centro di produzione di informazioni e approfondimenti multilinguistico e multiculturale che diffondeva il suo servizio con le tecnologie e le forme più appropriate per raggiungere il pubblico nelle diverse parti del mondo". "Ho amato il nome della Radio Vaticana - aggiunge il portavoce del Papa - che esprime una grande storia, ma nei tempi recenti ho sentito questo nome in certo senso come una trappola, una fonte di equivoco, perché lasciava pensare che noi fossimo bloccati a produrre solo programmi audio per la diffusione radiofonica tradizionale e questo rinforzava naturalmente le obiezioni dei critici, che ci accusavano di spendere molto per una attività limitata ad un solo medium, e per di più tradizionale". Bastava guardare il sito per capire che non era vero, e comunque, riflette Lombardi, "credo che sia bene ora andare al di là del nome Radio Vaticana, per liberarci del peso di questo equivoco; nella riforma questo avverrà naturalmente". La riforma del sistema dei media dovrebbe portare risparmi economici, "è vero - spiega padre Lombardi - anche se non bisogna dimenticare che l'impegno per il risparmio non comincia da oggi" e cita la riduzione alla Radio di 70 unità senza licenziamenti e "conservando nella sostanza la produzione dei contenuti", e risparmi sulle trasmissioni ad onde corte. La radio offre poi tutta una serie di servizi di copertura di eventi, di rappresentanza del Vaticano nel mondo delle telecomunicazioni e dei broadcaster internazionali, di traduzione nelle diverse lingue richieste dalla segreteria di Stato. "Tutti questi servizi - osserva il padre gesuita - si possono riorganizzare e redistribuire nel più ampio contesto della riforma, ma se poi non si vogliono eliminare avranno bisogno di personale e strumenti come prima, in certi casi anche più di prima e i costi continueranno ad esserci, anche se non saranno più imputati alla Radiovaticana...Insomma, non bisogna illudersi di potere fare molto di più e meglio investendo meno risorse. La comunicazione - rimarca - costa e continuerà a costare, ma è giusto e necessario continuare ad investire in essa, se no la riforma verrà costretta in una gabbia troppo stretta". "È una bella sfida - dice ancora padre Lombardi - come tener veramente presenti i poveri, come combattere la 'cultura dello scartò nel mondo nuovo della comunicazione". L'intervista di Lombardi si conclude con l'osservazione che "nel contesto della riforma il Papa ha manifestato il desiderio che i gesuiti continuino un servizio nel campo della comunicazione", e "bisognerà vedere come si possa identificare chiaramente una nuova area di responsabilità dei gesuiti".
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