lunedì 23 novembre 2015
COMMENTA E CONDIVIDI
Festa di Chiesa e festa di popolo nella diocesi di Crema: il vicario generale e parroco della Santissima Trinità, monsignor Franco Manenti, ieri è stato ordinato vescovo. Eletto il 17 ottobre titolare della Chiesa di Senigallia, vi farà il suo ingresso il 10 gennaio. Occasione doppiamente significativa, quella offerta dalla liturgia: il calendario segnava “solennità di Cristo, re dell’universo”, e il motto del nuovo presule recita “È vicino a voi il Regno di Dio”. “Provvidenziale coincidenza” la definisce nell’omelia il vescovo di Crema, Oscar Cantoni, che subito dopo sottolinea come “oggi siamo chiamati a contemplare il volto di Cristo crocifisso e risorto, centro del tempo e Signore della storia”. E sempre in tema di concomitanze: nella solennità di Cristo re, la cattedrale di Crema venera anche il crocefisso “miracoloso”. Tradizione vuole che quel legno, gettato nelle fiamme da un soldato ghibellino, abbia improvvisamente ritratto le gambe. E dal quel momento i cremaschi hanno iniziato a rivolgersi a lui nelle prove, così come ad affidargli i moribondi. Ma ecco di nuovo la liturgia di ieri. Accanto a monsignor Cantoni stanno una decina di confratelli, tra cui i 4 “conconsacranti”: innanzitutto Giuseppe Orlandoni, amministratore apostolico di Senigallia e predecessore di monsignor Manenti; poi i presuli di origine cremasca: Carlo Ghidelli, arcivescovo emerito di Lanciano-Ortona, Rosolino Bianchetti, vescovo di Quiché (Guatemala) e Franco Croci, titolare di Potenza Picena. Numerosissimi i sacerdoti. E tantissimi cremaschi a gremire sia la cattedrale, sia la vicina sussidiaria di San Bernardino collegata in diretta audiovideo. Senza dimenticare i circa 150 senigalliesi che non hanno voluto mancare l’occasione

Liturgia eucaristica solenne, dunque: che si dipana nel canto della Missa de Angelis, a ricordare l’unità della Chiesa locale con quella universale; e impreziosita dal rito di consacrazione episcopale, “effusione di grazia” sul nuovo presule. Che presiderà la diocesi marchigiana “con il mandato del Papa”, ricorda la formula di presentazione dell’eletto, ma solo dopo che lo stesso – secondo “l’antica tradizione dei santi padri” – ha assunto l’impegno di adempiere il ministero degli apostoli. Scaturisce da qui la preghiera di ordinazione: rivolta al Dio che ha “costituito capi e sacerdoti” per non “lasciare mai senza ministero” il suo “santuario”, affinchè quello stesso Dio “effonda” sull’eletto lo “Spirito” trasmesso “ai santi apostoli che nelle diverse parti della terra hanno fondato la Chiesa”. Parole solenni, quella della liturgia, accompagnate dall’imposizione delle mani e seguite dai riti esplicativi: l’unzione del capo con il sacro crisma, la consegna del libro dei Vangeli, dell’anello e del pastorale, e l’imposizione della mitria. Monsignor Manenti è vescovo, e accede alla pienezza del sacerdozio. A suggellare questa sua nuova condizione, lo stesso “Tu es sacerdos” composto dallo zio defunto – omonimo, compaesano di Sergnano, e per decenni maestro di cappella in duomo - per l’ordinazione presbiterale, il 28 giugno 1975. Durante l’omelia, al “caro don Franco” monsignor Cantoni aveva chiesto “la totale donazione di sè” e il “quotidiano martirio d’amore” per la sua Chiesa, sull’esempio del “pastore dei pastori” che “non si stanca mai di trasmettere sgli uomini la ricchezza soprannaturale del suo amore”. Subito dopo, gli aveva ricordato che quello vescovile “non è un titolo d’onore ma di servizio”, e che egli dovrà essere “servo dei servi di Dio”, lontano dal fascino delle “apparenze immediate”. E lo aveva invitato a seguire l’esempio “dei grandi pastori che hanno illuminato la Chiesa di Crema”: il cardinale Marco Cè, patriarca di Venezia originario della diocesi, e il vescovo Carlo Manziana da cui il nuovo vescovo ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale. Monsignor Manenti prende la parola dopo la Comunione, e le sue parole diventano subito un inno di gratitudine alla famiglia e alla Chiesa di Crema. “Ricordo i miei genitori - dice visibilmente emozionato –: un padre muratore che ha rinunciato a costruirsi la casa per far studiare noi 4 figli; e una madre che al già gravoso lavoro domestico ne aggiungeva altro fuori. Li immagino, oggi, felici in Paradiso”. Poi il ricordo di “questa cattedrale, nella quale 40 anni fa sono stato ordinato prete, per poi servirla 10 anni nel ruolo di coadiutore”. Il suo pensiero va quindi ai numerosi sacerdoti e ai vescovi che l’hanno accompagnato nel dispegarsi della sua vocazione. Infine ai parrocchiani della Santissima Trinità “che ora provano sentimenti contrastanti: di gioia, perchè il loro parroco è diventato vescovo; e di tristezza, perchè se ne va”. Senza però dimenticare i fedeli giunti da Senigallia (“Terra forse un po’ lontana”), guidati da sindaco e vicesindaco. Per tutti, l’accorato appello a “proseguire nella preghiera”.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: