mercoledì 7 ottobre 2015
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Di generazione in generazione. Per scoprire come si possa tradurre in vita concreta il senso di questa espressione biblica, basta andare alla scoperta della famiglia di Massimo e Patrizia Paloni. I genitori di lui, che diedero vita alle prime comunità romane del Cammino neocatecumenale, accettarono di trasferirsi in Olanda come missionari. Era il 1988. Massimo e Patrizia hanno percorso la stessa strada. Si sono conosciuti giovanissimi nell’ambito del Cammino, si sono innamorati e sposati. Poi, ad un certo punto, anche loro hanno accolto la proposta di trasformare la propria vita familiare in annuncio missionario. E si sono trasferiti in Olanda. Avevano già cinque figli. Nella terra dei tulipani – dove vivono da 11 anni – ne sono nati altri sette. E fanno dodici. L’ultimo, quattro mesi, detiene già un piccolo record. È il più giovane partecipante a un Sinodo. Sì, perché i coniugi Paloni sono presenti come uditori all’assemblea dei vescovi sulla famiglia. E il piccolo Davide segue il dibattito, si fa per dire, in braccio a mamma Patrizia. Con un’iniziazione così precoce, facile prevedere quale sarà la sua strada. Del resto basta guardare i fratelli, tutti in fila dai 19 anni in giù, per rendersi conto di quanto conti la coerenza educativa.Quando al Sinodo si parlerà di trasmissione della fede potrete raccontarlo...Sarà davvero un momento importante, come del resto tutto il dibattito che stiamo seguendo in questi giorni. Noi portiamo la nostra esperienza di vita e di fede maturata nell’ambito del Cammino, prima in Italia e adesso in Olanda, a Maastricht, diocesi di Roermond.Famiglia missionaria in Olanda. Qual è in concreto il vostro impegno?Siamo catechisti itineranti. Annunciamo il Vangelo nelle varie comunità, occupandoci di catechesi a vari livelli. Questo lavoro, oltre naturalmente alla famiglia, riempie completamente le nostre giornate.Difficile questo compito in un Paese ad altissimo tasso di secolarizzazione come l’Olanda?Non facile, certo. Ogni giorno ci confrontiamo con situazioni laceranti, divorzi, aborti, tanta solitudine, Ma con l’aiuto di Dio vediamo anche tante storie di rinascita. La proposta del Cammino trova adesioni sorprendenti. Perché considerate importante svolgere questo compito proprio nell’ambito del Cammino?La nostra comunità del Cammino neocatecumenale è stata per noi un’ancora di salvezza. Quando sono arrivate le difficoltà, anche nella nostra vita matrimoniale, ci ha difeso e salvato. Il Cammino promuove un itinerario di fede molto serio che aiuta le persone a riscoprire le grazia ricevuta durante il Battesimo, anche attraverso l’esempio della santa Famiglia di Nazareth. Nella misura in cui cresce il Battesimo perde forza il peccato e ci si apre alla vita, alla Chiesa, agli altri.Qual è il modello familiare proposto dal Cammino?Possiamo sintetizzarlo con l’esempio dei tre altari. Il primo, naturalmente, è la mensa eucaristica. Il secondo è il talamo nuziale, dove si compie il sacramento del matrimonio e si dona la vita ad altri figli di Dio. Il terzo è la mensa domestica, attorno alla quale genitori e figli parlano, si confrontano e, quando è necessario, si donano reciprocamente il perdono. Inutile ribadire la vostra propensione per la vita. Più eloquente di così. Come avete vissuto il dibattito delle scorse settimane a proposito dell’attualità dell’Humanae vitae?Siamo grati a Paolo VI e a quanto da lui scritto in questa enciclica. Per noi il suo insegnamento, a proposito della genitorialità responsabile, non è imposizione, ma fonte di grazia.Avete accennato all’abitudine di ritrovarvi la domenica intorno alla mensa di casa. Riuscite a vivere questi momenti anche con una famiglia così numerosa?Certo, almeno ogni domenica. Nel Cammino celebriamo l’Eucaristia il sabato sera. Così la domenica c’è spazio per recitare le lodi con i figli e poi per confrontarsi nel dialogo alla luce della Parola. Ma, naturalmente, parliamo anche dei problemi quotidiani, di tutto quello che ciascuno vive nel corso della sua giornata tra scuola, lavoro e preghiera. Anche così, anzi soprattutto così, si trasmette la fede dai genitori ai figli»Appunto, di generazione in generazione.
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