mercoledì 28 gennaio 2015
L'omelia di monsignor Mario Meini, vescovo di Fiesole e vicepresidente della Cei, nel giorno conclusivo della sessione invernale del Consiglio permanente della Cei: le 5 vie del Convegno di Firenze.
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Il Signore “continua a uscire e seminare lungo le strade”. “Non si stanca» di farlo e «non possiamo stancarci neppure noi cristiani e suoi ministri”. È l’incoraggiamento con cui monsignor Mario Meini, vescovo di Fiesole e vicepresidente della Cei, ha aperto l’omelia a conclusione della sessione invernale del Consiglio permanente. Il presule ha fatto riferimento alle cinque “vie” del Convegno ecclesiale di Firenze (novembre 2015): uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare. Quanto all’"uscire" e Meini ha sottolineato: “Il Signore è uscito e continua ad uscire. Non si ferma a valutare il terreno e a giudicare la capacità di portare frutto. Non fa calcoli miopi, va e continua ad andare, spargendo il seme con fiducia. È uscito e continua ad uscire anche attraverso il ministero della Chiesa e la testimonianza viva di tanti fratelli e sorelle”. Gesù, però, “non esce a mani vuote, esce portando la semente da gettare e la sparge con fiducia”. È la seconda via di Firenze, cioè l’annunciare. Perciò, ha aggiunto il vicepresidente della Cei, Egli “chiede anche a noi di non uscire a mani vuote, di qualificare la nostra uscita con l’annuncio del Vangelo”. Inoltre – terza "via", abitare – “il seme caduto in terra abita la terra, fino a marcire”. Ma “proprio abitando la terra germoglia”. Analogamente “il seme del Vangelo – ha affermato Meini – ci abilita ad ‘abitare’ la terra, la città degli uomini, a coltivarla e renderla feconda, secondo la benedizione originaria di Dio. Dove arriva il Vangelo tutto rivive”. Di qui l’auspicio: “Possa ogni novità nella Chiesa essere sempre un germoglio del Vangelo di Cristo. Possa così la Chiesa abitare la città degli uomini per fecondarla con tanti germi di bene, che esprimono nella civiltà dell’amore un nuovo umanesimo caratterizzato dalla sapienza del Vangelo”. Il Signore, poi, “sfama col pane e educa con la Parola. Educa alla verità che sola, se conosciuta, fa liberi gli uomini”. Educare è infatti la quarta via di Firenze. Per cui, citando Tommaso D’Aquino, il presule ha evidenziato che “la pazienza dell’educare appartiene all’arte della pastorale che ogni ministro deve saper coltivare con passione. Il Signore ci ha dato questa consegna. In questa pazienza è il dialogo con tutti, è il rimettere al Signore il giudizio, è l’attesa dei tempi e i momenti che il Padre si è riservato”. Infine, ha detto, “celebriamo l’Eucaristia perché ci trasfiguri a immagine di Cristo”, ma “questa trasfigurazione sacramentale non avviene magicamente, a prescindere dall’accoglienza della fede”. Dunque “la nostra liturgia sarà sempre più trasfigurante, quanto più sarà attenta alla esperienza concreta della fede e alla semina fiduciosa della Parola”. Venerdì sarà il segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino a presentare ai giornalisti il comunicato finale dei lavori.
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