mercoledì 18 febbraio 2015
​Un contemplativo, prete di strada al fianco dei clochard, barista-lavoratore sociale nel bar aperto per iniziativa dell'abbé Pierre.
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Un domenicano e un «mendicante di verità» felice che abita le notti di Parigi, un prete di strada da sempre al fianco dei clochard. Sono state alcune delle definizioni più ricorrenti in questi giorni dei quotidiani La Croix e L’Osservatore Romano per ricordare e rendere omaggio al frate domenicano padre Pedro Meca Zuazu, uno dei “preti di strada” più conosciuti di Francia, famoso quasi quanto il suo “collega” l’Abbé Pierre. Il religioso di origini basche è morto martedì a Parigi (la stessa provincia religiosa di domenicani illustri come Marie Dominque Chenu e Yves Marie Congar), all’età di ottant’anni. A darne la notizia è stato lo stesso Ordine domenicano: «Con tristezza annunciamo la morte di padre Pedro Meca, compagno della notte per quelli che non hanno niente. Un mendicante». Ma chi era questo figlio di San Domenico tanto ammirato anche dalla stampa laica, come Le Monde, per la sua attenzione agli ultimi? Nato a Pamplona, in Spagna, Meca entrò a 21 anni tra i Frati predicatori. Militò contro Franco a fianco dei rifugiati baschi, poi fu barista-lavoratore sociale al «Cloître», locale aperto per iniziativa dell’abbé Pierre. «E’ vero, sembro tutto meno che un domenicano! – raccontò una volta durante una delle sue visite in Italia – Ma io so bene quello che mi caratterizza è di essere un domenicano, cioè un contemplativo che cerca di guardare se stesso e gli altri alla maniera di Dio. Vedere ciò che c’è di buono e di bello in ciascuno e dirlo. Questa è l’essenza stessa della contemplazione e della mia vita di domenicano. Come amava ripetere il mio illustre confratello Tommaso d’Aquino: “Contemplare e dire ciò che si è contemplato». Conobbe la miseria, tra la gente. Decise di porsi in prima linea per creare relazioni sociali più umane. Nacque così La Moquette, associazione dove i senzatetto trovarono non solo rifugio e ascolto ma vennero coinvolti in dibattiti, conferenze, presentazioni di libri, feste. «Non so cosa voglia dire “avere la vocazione” – raccontò una volta il carismatico domenicano – ma so che ho sempre avuto il desiderio di essere missionario. Sognavo avventure e conquiste per riscattare la mia infanzia sfortunata, ma poi ho scoperto il mondo dei poveri e ho voluto servirli». Le notti di padre Meca nel quartiere latino di Parigi sono state certamente sulla scia del motto evangelico «Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta (Lc 15,6)». «A La Moquette – raccontò alcuni anni fa – noi non offriamo né vestiti né soldi. Noi invece mettiamo a disposizione uno spazio aperto a tutti dove ci si può confrontare e incontrarsi. Così per me La Moquette è come la piazza del mio villaggio dove ciascuno si interessa della vita degli altri». Alla domanda: perché tanti venivano a bussare alla porte dei Compagnons de la nuit? Ferma e senza tentennamenti fu la sua risposta: «Alcuni vengono senza un perché particolare: perché è notte, perché è aperto... Perché ci sono degli amici, perché vi si tengono delle conferenze interessanti. Per le persone in difficoltà è diventato un luogo d’ascolto dove non ci si fissa sulle loro mancanze». Nell’ottobre 2005 padre Pedro prese la pensione di lavoratore sociale ma, pur diradando le “uscite”, non abbandonò mai i suoi amici di strada e rimanendo sempre un «domenicano e un cristiano felice perché la vita di Dio è in me». Capelli lunghi, berretto basco in testa, folta barba bianca, Meca amava ripetere di non voler morire come “padre fondatore”: «Dio ama tutti perché vede in ognuno qualcosa di bello. Io cerco di vedere qualcosa di bello in colui che è distrutto dall’alcol, dalla droga, dai fallimenti della vita». I funerali di padre Meca si sono tenuti sabato 21 febbraio, alle 10, nel convento parigino dei domenicani Saint Jacques.
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