martedì 15 dicembre 2015
Per la 49° giornata mondiale della Pace che verrà celebrata il primo gennaio 2016 il messaggio di Papa Francesco sul tema "Vinci l’indifferenza e conquista la pace". 
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Molfetta in marcia nel ricordo di don Tonino Bello
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È stato consegnato il messaggio che Papa Francesco ha scritto per la 49° giornata mondiale della Pace che verrà celebrata il primo gennaio 2016.

Il tema del messaggio è "Vinci l’indifferenza e conquista la pace".

 

Quali sono i temi affrontati nel messaggio per la giornata mondiale della pace? Papa Francesco si concentra da un lato su quella che viene definita la “globalizzazione dell’indifferenza”, esplicitata attraverso la descrizione di alcune forme di indifferenza che caratterizzano il nostro tempo. Innanzitutto l’indifferenza verso Dio “dalla quale scaturisce anche l’indifferenza verso il prossimo e verso il creato.”

Ma non è solo l’indifferenza che sta al centro del Messaggio quanto “la speranza nella capacità dell’uomo, con la grazia di Dio, di superare il male e non abbandonarsi alla rassegnazione e all’indifferenza”, contribuendo così alla pace con Dio, con il prossimo e con il creato. 

 

Nel messaggio vengono messe in luce iniziative di quelle realtà, dentro e fuori la Chiesa, che ribellandosi alla «globalizzazione dell’indifferenza», e testimoniando una «misericordia corporale e spirituale», presiedono - come ha scritto don Luigi Ciotti, nella sua testimonianza - le periferie geografiche e esistenziali dove le persone più indifese - migranti, carcerati, donne, malati, disoccupati - non soffrono solo di bisogni trascurati, ma di diritti negati, vite non riconosciute nella loro dignità.

La riflessione nel messaggio può essere riepilogata in 8 punti:

 1. Dio non è indifferente, e a Lui importa di noi. Non ci abbandona mai a noi stessi ma ci segue, ci protegge, ci illumina. Vivere nell’indifferenza porta a chiudersi in se stessi, a non “vedere”, “ascoltare” il vicino. Le condizioni di disastro ambientale in cui viviamo dimostrano che non abbiamo neanche più “amor proprio”, in quanto aggrediamo il mondo e l’umanità nella quale viviamo noi stessi.

2. Siamo chiamati a “custodire”. La salvaguardia di noi stessi non è un atto egoistico, ma si apre alla concordia e alla solidarietà lì dove è vissuto con l’animo del buon samaritano. La convivenza porta ad avere rispetto e sentimenti di compassione verso il prossimo.

3. La “globalizzazione dell’indifferenza” ci ha portato a vivere una condizione di assuefazione. Pur essendo distrattamente informati molti di noi sulle drammatiche situazioni in cui i nostri fratelli vivono, dai più vicini, nelle periferie non solo esistenziali della nostre città, ai più lontani, popoli di nazioni che dovremmo ricordare che condividono con noi una realtà importante, oltre all’essere tutti immagine e somiglianza di Dio, tutti noi abitiamo il nostro pianeta, siamo tutti concittadini dell’unico paese che è la Terra.

4. L’inequità. L’ingiustizia nella quale permettiamo vivano le nostre società grida a noi dal suolo, proprio come gridava il sangue di Abele alle orecchie di Dio. Dovremmo, in questo anno santo, uniformare la nostra vita a quella del Buon Samaritano, che fu accogliente, custode e sodale del povero malconcio, reietto agli occhi degli altri uomini.

5. Dobbiamo quindi andare “oltre” la chiusura egoistica del nostro cuore e vivere questo tempo di “misericordia, responsabilità e impegno”. Dovremmo in questo fare nostri i verbi che si riferiscono all’atteggiamento che Dio ha verso di noi: osservare, udire, conoscere, scendere, liberare. E’ nell’osservare l’altro e il mondo che ci circonda, nell’udire il grido che sale a noi dai nostri fratelli sfruttati, perseguitati, malati, oppressi, defraudati, abbandonati, è nel conoscere le loro miserie e quelle in cui abbiamo ridotto la natura, è nello scendere al livello del nostro fratello, è nel liberare il nostro prossimo dall’oppressione e dalla miseria in cui è caduto che si manifesta il nostro essere “prossimo per il nostro prossimo”.

6. La strada da seguire, pertanto, è quella dell’annuncio. La nostra è una vera e propria missione educativa. E’ nell’annunciare Cristo, Principe della Pace, che dobbiamo tutti partecipare alla “costruzione” del mondo, così da poterlo vivere al meglio e non nello sfruttamento, e consegnarlo in eredità alle future generazioni.

7. La via che dobbiamo riprendere è la via della Verità, e possiamo farlo vivendo le opere di misericordia corporale e spirituale.

8. Tutto questo ci porta a dover vivere dei veri e propri atti di coraggio. Il coraggio di ricordare e rimarcare che siamo tutti esseri umani, creati ad immagine e somiglianza di Dio, In quest’ottica è opportuno ricordare che la pena di morte, lì dove ancora esiste, non è un deterrente per il delinquere. La pena ha funzione medicinale, pertanto deve guarire l’azione malvagia commessa, sia facendo emendare la pena al reo, sia soddisfacendo i colpiti, a cui va comunque resa giustizia. Atto di coraggio, per gli Stati in cui ancora si applica, è abolire la pena di morte.

Sul tema dell'accoglienza dei migranti si legge nel messaggio l'invito del Papa "a ripensare le legislazioni sulle migrazioni, affinché siano animate dalla volontà di accoglienza, nel rispetto dei reciproci doveri e responsabilità, e possano facilitare l’integrazione dei migranti. In questa prospettiva, un’attenzione speciale dovrebbe essere prestata alle condizioni di soggiorno dei migranti, ricordando che la clandestinità rischia di trascinarli verso la criminalità".

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