mercoledì 9 ottobre 2013
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Dolore e vicinanza nella preghiera per le vittime dell'immane tragedia di Lampedusa. Papa Francesco ha sempre negli occhi e nel cuore le centinaia di migranti morti dell'ultimo, ennesimo naufragio nel canale di Sicilia. "Con speciale affetto, saluto i vescovi della Chiesa di tradizione alessandrina di Etiopia ed Eritrea, ai quali sono particolarmente vicino nella preghiera e nel dolore per tanti figli della loro terra che hanno perso la vita nella tragedia di Lampedusa", ha detto oggi al termine dell'udienza generale. Stamane, prima di partecipare all'udienza generale, i vescovi della Chiesa alessandrina di Etiopia ed Eritrea hanno concelebrato con il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, una messa di suffragio per le vittime del tragico naufragio. Il rito si è svolto all'altare del Sepolcro di San Pietro, nelle Grotte della basilica vaticana.Nell'omelia, il card. Sandri ha invocato la forza "di vincere l'indifferenza" e ha esortato a "essere decisi nell'aiuto e pronti per quanto possibile a prevenire le tragedie onde evitare che la notte scenda troppo spesso sugli innocenti e gli indifesi". "Ci siamo riallacciato alle parole della lettura di Giona - dice Sandri alla Radio Vaticana -: ad un certo punto si legge: 'sarebbe meglio morire che vivere!'. Ho ripreso questa frase che abbiamo ascoltato anche da un giovane eritreo sopravvissuto a questa catastrofe di Lampedusa. Ci siamo così messi in sintonia con tanti giovani, con tante donne, con tante persone adulte che fuggono dall'Eritrea e dall'Etiopia che, a volte, a causa della situazione che vivono nel loro Paese, si trovano ad esclamare - come si legge nel libro di Giona - 'Sarebbe meglio morire che vivere!'". "Abbiamo pregato per i defunti, per le loro famiglie - aggiunge il card. Sandri -; abbiamo cercato di diffondere con la nostra preghiera una luce di vicinanza, di amicizia, di carità, di amore per tutti i sopravvissuti".I vescovi delle Chiese locali chiedono alla comunità internazionale "un aiuto per fare in modo che la gente non debba fuggire dal proprio Paese, che ci sia libertà, democrazia, la possibilità di vivere umanamente in questi Paesi e disporre delle cose che riteniamo minime per poter portare avanti una vita umana". E quindi, dice Sandri, "che l'Occidente e i Paesi della comunità internazionale possano aiutarli a restare in patria e a non fuggire attraverso questi pellegrinaggi della morte, sia nel deserto, sia nel mare".Il porporato ricorda che l'invio da parte di papa Francesco dell'elemosiniere mons. Konrad Krajewski sull'isola "è stato un gesto veramente importante". "L'elemosiniere - spiega - è legato più intimamente alla persona del Papa. Non era mai accaduto che il Papa lo mandasse fuori Roma". Mandarlo a Lampedusa "significa che il Papa vuole essere vicino a queste persone sopravvissute e pregare per coloro che sono morti".Stamane, l'orrore per la tragedia di Lampedusa è ritornato nella testimonianza in Piazza San Pietro dell'arcivescovo di Addis Abeba, monsignor Souraphiel Berhaneyesus, che non ha esitato a "richiamare alle loro responsabilità i leader politici dei Paesi africani, ma anche i governi europei che devono prevedere e organizzare l'accoglienza a chi fugge disperato". Il Papa, salutando i fedeli di lingua araba, non ha mancato anche di chiedere "di pregare per la pace nel Medio Oriente: in Siria, in Iraq, in Egitto, in Libano e in Terra Santa, dove è nato il Principe della Pace, Gesù Cristo". E salutando i vescovi della Conferenza Episcopale regionale del Nord-Africa, presenti all'udienza, li ha incoraggiati a "consolidare i rapporti fraterni con i fratelli di religione islamica".
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