venerdì 22 maggio 2015
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La stampa araba rivolta al grande pubblico, in maggioranza musulmano, non ignora il crescente fenomeno delle persecuzioni che hanno come obiettivo i cristiani nel mondo, ma tende a non affrontare nel dettaglio quello interno, denunciando piuttosto i frequenti attacchi a danno delle minoranze cristiane in Cina, Indonesia, Malesia, tuttalpiù Pakistan e India. Nel periodo intercorso fra il 20 aprile e il 20 maggio scorsi, abbondano gli articoli apparsi sulle testate al-Sharq el-Awsat, el-Arabi, al-Ahram, al-Safir, al-Naar, al-Hayat e sui siti delle reti televisive panarabe al-Jazeera e al-Arabiya su papa Francesco e la sua forte denunciaa del crescente anti-cristianesimo. La stampa riporta gli appelli alla tolleranza di prelati irlandesi, americani, europei con dati puntuali su Nigeria e Kenya, entrambi attraversati da una rinnovata esplosione di violenza integralista. Quanto alla cronaca locale, nordafricana e mediorientale, i media trovano soluzioni alternative per rendere conto di episodi e denunce comprovati senza però che essi abbiano eco diffusa. E l’onda di indignazione che si era sollevata dopo la macabra uccisione dei copti egiziani si è infranta contro un muro di silenzio.Nell’ultimo mese, se si considera il solo Egitto, delle persecuzioni di cui sono vittime i cristiani egiziani, pari a un decimo circa della popolazione e in massima parte ortodossi, si è parlato poco o niente. O meglio, solo sugli organi di stampa cristiani, spesso editi all’estero. Oppure, ad esempio, le critiche del vescovo di Minya (governatorato dell’Egitto centrale con forte e storica presenza cristiana) Agathon nei confronti delle autorità locali, a suo giudizio coinvolte nei rapimenti di giovani cristiani e in alcune fiammate di intolleranza confessionale, hanno trovato spazio solo sulla versione inglese e digitale della testata Daily news today. Minya, a onor di cronaca, è la regione di provenienza dei 22 egiziani cristiani uccisi dai jihadisti sulle coste libiche: a seguito della diffusione del video della loro dacapitazione, manifestazioni congiunte cristiano-musulmane si sono tenute, in particolare, in Egitto, Tunisia, Giordania. Ora però, dell’argomento si discute solo per valorizzare le decisioni presidenziali in merito: per volontà di Abdel Fattah al-Sisi, nella suddetta provincia una chiesa verrà costruita e intitolata ai martiri egiziani in Libia. I lavoratori egiziani cristiani nel Paese confinante, inoltre, sono stati quasi tutti rimpatriati. Di ciò si trova traccia su al-Ahram, al-Masry, al-Youm, al-Shorouq e al-Youm al-Sabah, in inglese e in italiano. Poi, c’è anche una sorta di specchio mediatico con la stampa estera, per così dire: al-Youm al-Sabah riferisce che «secondo un giornale periodico spagnolo c’è una nuova ondata di persecuzioni di cristiani in Egitto», ma la medesima testata riconosce «la protezione garantita dal presidente ai cristiani in Egitto e in Libia». Su al-Masry al-Youm, invece, alcuni assalti radicali contro i cristiani sono riferiti come fatti di cronaca nera: insomma, la possibile componente religiosa è taciuta. D’altronde, non c’è traccia dell’espressione persecuzione neanche sulla stampa libanese né siriana, se non sui giornali dichiaratamente cristiani. Più attenta la testata al- Quds al-Arabi, Gerusalemme araba, in allarme per «i cristiani palestinesi».
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