venerdì 22 maggio 2015
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Cecilia Romero è emozionatissima. «Stiamo pregando in attesa di questo grande giorno, non ci sembra ancora vero che possa accadere tutto questo», dice al telefono dalla capitale di El Salvador, dov’è atterrata sabato scorso. «Mancavo da undici anni – racconta –. Ho sposato un italiano e vivo a Tuscania, in provincia di Viterbo, con lui e i nostri figli due figli, Lucia ed Edoardo, che hanno rispettivamente 16 e 15 anni. Desideravo moltissimo essere presente alla beatificazione dello zio e vi parteciperò con i suoi due fratelli ultraottantenni, Tiberio e Gaspar, e con altri parenti». 53 anni, Cecilia è figlia di José, cugino dell’arcivescovo salvadoregno barbaramente assassinato 35 anni fa. «Purtroppo non l’ho mai conosciuto personalmente, mio padre lo frequentava e per questo fu minacciato di morte. Quindi per prudenza non fece avvicinare fisicamente mia madre e tutti noi figli a monsignor Romero, che per primo gli consigliò di farlo», ricorda nitidamente. Quando fu ammazzato lo zio, Cecilia aveva 18 anni e per lo stesso motivo (minacce di morte alla sua famiglia) non partecipò ai funerali: «Allora era troppo pericoloso. Finalmente oggi posso rendere omaggio per la prima volta alla sua tomba», confida commossa. Di lui ha ereditato la spiritualità attenta ai poveri e ai diritti umani. E in papa Francesco riconosce qualche somiglianza caratteriale con lo zio. «Entrambi si sono schierati dalla parte dei poveri, dei diritti umani. Ho avuto il dono di poter incontrare il pontefice un anno fa e, quando l’ho abbracciato, mi sembrava quasi di poter stringere monsignor Romero», afferma Cecilia. La testimonianza e le parole dello zio hanno "segnato" la sua vita: «Da lui ho ricevuto un insegnamento spirituale molto forte, che cerco di trasmettere anche ai miei figli, ora adolescenti: condividere quello che possiamo con i poveri. Li sto introducendo gradualmente alla storia dolorosa del nostro Paese e a quella del martirio dello zio. Soprattutto mia figlia è interessata a capire cosa sia successo. E mio figlio mi ha accompagnata qui in Salvador per la beatificazione».Un’altra eredità, ricevuta da Romero: «Lottò per i diritti umani e non solo a parole, dando il suo sangue. Mi sembra che oggi si lascino scorrere tante violenze e soprusi contro le persone senza fare o dire nulla. Chi legge un libro di Romero si rende conto che le persone indifese e povere, ieri come oggi, sono poco tutelate, protette. Per questo provo un po’ di tristezza. Lui ha dato la vita ma si fa ancora poco in questo ambito, anche se dei diritti umani si parla di più».
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