martedì 12 febbraio 2013
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La notizia l’ha colto, come è accaduto a tutti, totalmente di sorpresa. Non è invece stupito di essere interpellato da Avvenire Ernesto Galli della Log­gia nelle ultime settimane è stato uno dei pochi, dalle colonne del Corriere della Sera, a condividere le argomentazioni laiche messe in campo dal Papa e dal gran rab­bino di Francia per opporsi ai ma­trimoni gay e alle adozioni da par­te di coppie omosessuali. A po­che ore dall’annuncio delle pros­sime 'dimissioni' di Benedetto X­VI, lo storico e analista le valuta come di «grande portata e im­portanza da molti punti di vista, soprattutto da quello strettamen­te istituzionale. Si può intravede­re, in questa decisione, un muta­mento di profilo del Papato». Quali conseguenze vede in tal senso? A mio avviso, e lo dico da laico, la storica rinuncia di un pontefice può contribuire a 'desacralizza­re' la figura pubblica del Papa, rendendola più simile a quella di altri leader che, se impossibilita­ti a compiere la propria missione, possono lasciare. Nessuna aveva mai sentito praticabile questa op­zione, data la funzione sacrale e carismatica svolta dal pontefice. Viene toccata la natura istituzio­nale e politica del Papato, met­tendo anche in luce un problema che è sempre rimasto sotto trac­cia, quello del modo di elezione. La procedura del conclave ri­stretto, oggi, può anche sembra­re stridente alla luce del gesto di Joseph Ratzinger. Sebbene vada precisato che la Chiesa è una mo­narchia assoluta elettiva e questo assetto non può che portarle van­taggi pure nel mondo moderno. Come legge dunque il gesto di Benedetto XVI? Nel suo Pontificato, Ratzinger ha sperimentato due difficoltà, che egli per primo ha evidenziato. Un bisogno di purificazione, e penso in primo luogo allo scandalo del­la pedofilia, e un problema all’in­terno della stessa Santa Sede, e­videnziato, ad esempio, dalla fu­ga di carte riservate. Di fronte a ciò, il Pontefice ha preso posizio­ni forti e condotto con determi­nazione un’azione coerente. Ma per fare questo serve una notevo­le carica di energia fisica e men­tale, un’energia che forse il Papa ha sentito venire meno. Parados­salmente, il capo della Chiesa cat­tolica ha un potere illimitato, ma non può fare 'quello che vuole', e ciò comporta un grande di­spendio di risorse personali. 'Po­liticamente', la scelta di rinun­ciare al soglio di Pietro potrebbe essere anche un modo per fare 'e­splodere' situazioni che non ave­vano possibilità di governo. Una lettura come questa contra­sta con l’intento del Papa di 'la­sciare' per il «bene della Chiesa». Non sembri irriverente o banale sottolineare che il Papa è uomo di massima fede e che, quindi, si affida alla Provvidenza. Quello che non può compiere con le sue forze, ritiene possa fare lo Spirito Santo guidando la scelta del suc­cessore dentro il Conclave. Certo, resta la domanda: perché si è 'di­messo'? Una domanda che inter­roga tutti. La spiegazione della semplice stanchezza può non convincere un analista laico co­me me. Benedetto XVI è un convinto as­sertore della razionalità dell’an­tropologia cristiana. In questo ha però trovato un’ostilità precon­cetta e immotiva­ta. È il caso del matri­monio e delle ado­zioni gay. Quello che dice il Papa è sovrastato dalla considerazione negativa della sua figura. C’è un im­motivato sospetto che scatta au­tomaticamente sulle sue parole. Prevale il conformismo progres­sista incarnato dalla linea del New York Times. Se Ratzinger condan­na la guerra o il razzismo tutti so­no d’accordo, quando si discosta invece dal mainstream ideologi­co, diventa subito conservatore, dogmatico, reazionario. Non c’è stato nessun serio dibattito intel­lettuale sulla questione matrimo­nio omosessuale, nessun argo­mento razionale. L’addio di Benedetto XVI e l’arri­vo di un nuovo Papa, per quello che si può dire oggi, cambieran­no qualcosa? In generale, in casi simili, sui me­dia e nella discussione pubblica prevalgono le interpretazioni o­stili alle istituzioni, salvando però le persone. Se il giudizio sulle per­sone, come accadde con l’agonia di papa Wojtyla, è molto buono, ciò si riflette in positivo anche sul­l’istituzione. Il Papa ha citato anche la velo­cità del mondo contemporaneo e la necessità di farvi fronte... È, forse, un suggerimento verso una modifica degli stili di gover­no. La Chiesa ha saggezza mille­naria, ma talune volte tempi di reazioni più rapidi possono esse­re utili.
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