lunedì 15 settembre 2014
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Il 4 ottobre in piazza San Pietro la Chiesa italiana pregherà con il Papa alla vigilia del Sinodo della famiglia. Al vescovo di Parma Enrico Solmi, presidente della Commissione episcopale permanente della famiglia e della vita della Cei, chiediamo di ribadire il significato di questo momento spirituale e di indicare i nodi di un evento molto atteso dalla comunità cristiana e dall’opinione pubblica globale.«Pregheremo per il Sinodo – spiega – perché è un momento molto importante. Indica che la Chiesa cammina insieme per riflettere e prendere le vie giuste. Abbiamo bisogno dello Spirito Santo, che aiuti il Santo Padre e i padri sinodali ad essere voce dell’intera comunità cristiana». Per quali ragioni la Chiesa è preoccupata per la famiglia?Perché sta vivendo una lunga crisi. Ritengo sia una realtà ben precisa, composta dall’incontro tra un uomo e una donna con un atto davanti alla comunità e la prospettiva di generare. Eppure si trova al centro di un forte dibattito e di attacchi. La sua identità e le funzioni vengono messe in discussione, si pensa alla famiglia come a una realtà transeunte e non insita nella realtà umana. Poi si accorpano alle famiglie forme di unione che tali non sono. Altri fattori di crisi sono la debolezza della relazione d’amore, che denota un problema antropologico, e le condizioni sociali ed economiche che gravano su nuclei messi già in forte difficoltà.Ha fatto molto parlare l’Instrumentum laboris. Come valuta il grande interesse da parte dell’opinione pubblica laica?L’Instrumentum è una fedele riproposizione in chiave sintetica dei tantissimi contributi pervenuti alla segreteria del Sinodo. È stato un momento importante di ascolto perché ha arricchito il documento con esperienze e desideri, domande, richieste e osservazioni critiche. Il fatto che i media l’abbiano rilanciato implica, da un lato, che la famiglia conserva grande significato e che l’attenzione della Chiesa suscita interesse. Ben venga una maggiore conoscenza e il rilancio del tema, centrale anche per la comunità civile.Non si sta perdendo questa centralità?Dobbiamo ribadire l’importanza della famiglia come rapporto di coppia tra uomo e donna – fecondo in sé – per la società civile. Sia perché la relazione orizzontale produce una comunità di vita sia perché la relazione verticale crea l’anello tra generazioni. Così la famiglia porta ricchezza nuova anche alla società, la ricchezza dei figli, e trasmette loro valori fondanti come il dono, la relazione, la giustizia, il senso della gratuità, il farsi carico dell’altro per citarne alcuni. È il tessuto portante della società. Poi l’apporto dei genitori, padre e madre, porta ai figli un’identità che consente di vivere con sicurezza nella società, di costruire una coscienza critica e costruttiva, di intessere rapporti di amicizia e amore per formare nuove famiglie.Perché si parla sempre delle fragilità e non si propongono esempi e modelli familiari che, in silenzio, funzionano anche oggi? È una delle sfide sinodali: estrarre dalla realtà la bellezza della famiglia. Credo che la maggioranza riesca ancora a vivere l’amore donativo tra uomo e donna e tra genitori e figli. Sono quelle famiglie che, per dirla all’emiliana, tengono botta alle situazioni difficili da un punto di vista economico ed educativo. Il Sinodo, come ha sottolineato il Papa, vuol mettere in evidenza queste realtà positive mostrandone il contributo soggettivo alla società e all’evangelizzazione. La comunità cristiana è infatti formata da coppie, figli e genitori. Il Sinodo porterà perciò rinnovata coscienza della propria ricchezza e delle potenzialità di evangelizzazione, perché una famiglia è in grado di dialogare con altre famiglie, i genitori di portare la Parola di Dio e la speranza ad altri genitori. Paolo VI nell’Humanae vitae la definiva la forza del simile con il simile. Questa rinnovata soggettività è un dato pastorale purtroppo non sempre riconosciuto. Cosa si aspetta dal Sinodo che inizierà il 5 ottobre?Vado da neofita, meravigliato della scelta del Papa di chiamarmi, porterò soprattutto il grande contributo che ho ricevuto da prete e poi da vescovo da molte famiglie incontrate nel mio servizio pastorale. Vorrei rivedere la famiglia all’interno della Chiesa come soggetto e riproposta nella società con tutta la sua dignità, il suo ruolo e la sua funzione. E vorrei che venissero approcciate anche domande specifiche sui nodi critici. Penso alla verifica della verità del matrimonio e quindi al percorso del tribunale ecclesiastico, alla rinnovata pastorale sulle situazioni difficili e irregolari, a un nuovo rapporto tra preti e sposi. Prego che lo Spirito Santo, come ha fatto nel Concilio Vaticano, ci guidi e superi le nostre attese. Anche spiazzandoci.
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