venerdì 13 febbraio 2015
Sarò un cardinale che non ha una Cattedrale. Il Duomo di Agrigento chiuso da quattro anni perché instabile. L’arcivescovo ricorda la visita con Francesco a Lampedusa.
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​Una Chiesa col Vangelo in mano, perché è lì dentro che si trova tracciata la strada, anche nella terra delle contraddizioni, del genio greco e del malaffare. Monsignor Francesco Montenegro, don Franco per tutti, sta per ricevere la porpora cardinalizia e guarda dalla finestra del suo studio la Cattedrale di Agrigento chiusa da quattro anni perché sta scivolando giù assieme alla collina. E scruta il Canale di Sicilia che ha inghiottito ancora altri migranti, «morti che pesano sulla nostra coscienza». Montenegro ha accompagnato papa Francesco a Lampedusa, l’8 luglio 2013, e quelle ore trascorse insieme sono scandite dagli scatti di Massimo Palamenghi, Calogero Montana, Giuseppe Spoto e Marilisa Della Monica, in un calendario donato all’arcidiocesi dalla Industria grafica Sarcuto. L’arcivescovo sfoglia quelle immagini orgoglioso «perché questa terra ha ricevuto il primo sguardo del Papa», ma anche critico: «Non dobbiamo dire che bei ricordi, ma quale futuro?».Con quale stato d’animo arriva al Concistoro?«Mi sento confuso, dentro un banco di nebbia. So che devo continuare un servizio alla Chiesa e al territorio e il Papa mi ha chiesto di mettere una marcia in più.La Chiesa in questo momento sta affrontando questioni molto serie: la trasparenza, la lotta alla pedofilia, il servizio agli ultimi, l’attenzione alla famiglia. Secondo lei, quali passi occorre fare?Sta destando meraviglia quanto il Papa sta facendo, ma questa è la via tracciata dal Vangelo. Il fatto che ora ci si meravigli, ci dice come forse sono state messe alle spalle certe realtà invece di tenerle vive e puntare lo sguardo su di esse. Riguardo alla trasparenza, c’è da ricordare il "sì sì, no no" del Vangelo e ogni cristiano è chiamato a viverlo, ancora di più chi nella Chiesa svolge un ministero particolare. Riguardo ai poveri, dico sempre che, se dovessimo togliere dal Vangelo le pagine che riguardano i poveri, resterebbe solo la foderina. È un sentiero obbligato da percorrere. Dare attenzione alla famiglia è dare un tocco di colore e di qualità anche alla società. La famiglia è sempre in evoluzione, ha bisogno di risposte, e la Chiesa deve farsi compagna di viaggio, in grado di recepire gli «sos» e le domande, sapendo dare le risposte con il Vangelo in mano.Lei ha vissuto ad Agrigento gli anni più caldi degli sbarchi dei migranti. Le morti continuano. Quale svolta occorre da parte dell’Italia e dell’Europa?Siamo ancora sul piano difensivo, vorremmo evitare questo incontro, abbiamo paura che diventi scontro. In realtà è la storia che ci chiede che ormai una società non può che essere multiculturale. Noi ancora trattiamo l’immigrazione come un’emergenza e facciamo di tutto per evitare di considerarla una cosa normale, che rientra in un contesto di globalizzazione. Perché posso spostare una montagna di denaro o di merci con un clic, ma quando si tratta di persone ognuno deve stare al proprio posto? Perché noi siamo quelli di serie A e gli altri di serie B? Credo che l’Italia si sia distinta per la prima parte dell’accoglienza, ossia salvare le vite, ora c’è da costruire la seconda parte: permettere a chi arriva di camminare con gli altri.L’aumento del terrorismo internazionale, però, fa guardare con occhi preoccupati a coloro che arrivano dall’altra sponda del Mediterraneo.Il rischio c’è, ma se il terrorismo vuole arrivare lo farà solo attraverso i barconi? Noi abbiamo smerciato la mafia, l’abbiamo fatta arrivare in altre terre, sia con le navi e le valigie di cartone, sia con gli aerei. I terroristi non hanno bisogno dei barconi per invadere il mondo. Dire che tutti gli immigrati sono dei terroristi è come dire che tutti i nostri emigranti sono mafiosi.Lei è un cardinale senza Cattedrale. Il centro storico di Agrigento sta morendo. Quale atteggiamento ha riscontrato nelle istituzioni?Poca attenzione, che fa rima con indifferenza. Si dice che è necessario fare interventi, ma restano solo parole. Sono stati stanziati 5 milioni di euro per il consolidamento della collina, ma non si possono iniziare i lavori perché ci vogliono i fondi per mettere in sicurezza la Cattedrale, ossia 2 milioni di euro. Abbiamo detto che come Chiesa diocesana possiamo fare il progetto, ma aspettiamo ancora. La Cattedrale continua a scivolare. Quando succederà qualcosa di grosso, non vorrò trovarmi a giocare al tiro a segno, cercando di chi è la colpa.
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