lunedì 14 dicembre 2015
Il Progetto Policoro nato nel 1995 e promosso dall’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Cei. Ha l’obiettivo di affrontare il nodo della disoccupazione giovanile, in primo luogo al Sud, partendo dalla valorizzazione delle risorse dei giovani stessi, della loro dignità.
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Che cos'è il progetto Policoro? Si tratta di un progetto nato nel 1995 a Policoro, cittadina della Basilicata, in provincia di Matera. Promosso dall’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Cei. Con l’obiettivo di affrontare il nodo della disoccupazione giovanile, in primo luogo al Sud, partendo dalla valorizzazione delle risorse dei giovani stessi, della loro dignità.

Chi ha partecipato in questi 20 anni al Progetto Policoro? Sono coinvolti formatori, vescovi, rappresentanti delle circa 128 diocesi in 14 regioni, su un totale di 225, che in tutta Italia nell’iniziativa lanciata all’epoca da don Mario Operti. In questi anni le regioni del Sud che per prime hanno aderito al progetto – Puglia, Calabria, Sicilia, Sardegna – e poi nel tempo anche quelle del Nord tra cui Trentino, Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna (dal 2012 fanno parte della rete anche Abruzzo, Molise, Umbria, Toscana, Marche, Lazio), hanno messo insieme energie con un unico obiettivo: creare relazioni sul territorio tra soggetti ecclesiali e associativi a livello nazionale, regionale e diocesano per mettere in piedi realtà lavorative concrete dove impiegare i giovani disoccupati.

Quali realtà associative hanno collaborato al Progetto Policoro? A questo lungo lavoro di rete tra ufficio Cei, Servizio nazionale per la pastorale giovanile e Caritas italiana hanno preso parte Acli, Confcooperative e Cisl, assieme a realtà come Coldiretti, Banche di Credito cooperativo, Associazione Libera. Sul territorio nazionale circa 1.300 imprese tra cooperative sociali, consorzi, ditte individuali.

Che risultati sono stati ottenuti dal Progetto Policoro? Numerosi “gesti concreti” sono nati grazie a un’attività capillare sul territorio, partendo dalle diocesi dove agiscono gli animatori di comunità, laici opportunamente formati per fare rete tra Chiesa, formazione, evangelizzazione, attività legislative a favore del lavoro. Molteplici i settori delle imprese nate: artigianato, beni culturali, comunicazione, alberghiero, accoglienza e cura delle persone. “Tra i risultati che abbiamo ottenuto – ha sottolineato monsignor Fabiano Longoni, direttore dell’Ufficio nazionale della Cei per i problemi sociali e il lavoro in un'intervista al Redattore sociale - uno dei più significativi è che le realtà lavorative sorte non sono soltanto a beneficio dei giovani, contro la disoccupazione, ma anche intraprese e vissute dai giovani stessi. Questo significa qualità del lavorare insieme, vivere una dimensione di impresa che diventa capitale sul territorio”.

A quanto ammonta il fatturato annuo delle aziende supportate dal Progetto Policoro? Circa 30 milioni di euro all'anno di fatturato vengono prodotti dalle aziende attive, supportate in molti contesti da forti realtà di microcredito, e in numerosi casi sorte su terreni confiscati alla mafia.

Quali sono le prospettive per il futuro del Progetto Policoro? È necessario costruire leadership “soprattutto nei territori del Sud – aggiunge Longoni -, aiutare il lavoro guardando alle capacità che un territorio può vantare, rendendo le persone più produttive, stimolando una responsabilità individuale che poi diventi sociale e politica”. Non a caso, come sottolineava don Operti, per creare lavoro occorre investire nell’intelligenza e nel cuore delle persone. Oggi più che mai non è tanto e non solo di lavoro che c’è bisogno, quanto di qualità del lavoro, “di una capacità di costruire rete – continua Longoni – su cui è il Sud che può davvero dare e insegnare al Nord, dove in alcuni casi questo sfugge e c’è solo impresa”.  

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