martedì 30 luglio 2013
​Nel viaggio di ritorno dal Brasile il primo bilancio di Bergoglio: il viaggio mi ha fatto spiritualmente bene. E poi un lungo dialogo senza filtri con i giornalisti.

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È bella la strada di Stefania Falasca
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Un viaggio «bello», che «mi ha fatto spiritualmente bene». E sì, «sono stanco abbastanza ma col cuore sto bene». Sorridente, visibilmente contento anche se col viso stanco, papa Francesco, 45 minuti dopo il decollo da Rio de Janeiro per tornare a Roma (dove prima di rientrare in Vaticano ha voluto fare tappa alla Basilica di Santa Maria Maggiore per una preghiera di ringraziamento, deponendo sull’altare un bandiera brasiliana e un pallone della Gmg), a sorpresa si presenta ai giornalisti al seguito sul volo papale. E per un’ora e ventidue minuti – sì, avete letto bene – si offre alle loro domande.Senza filtri e senza limite – né nel numero, saranno venti alla fine, né riguardo agli argomenti – perché risponde a tutte. Dallo Ior alla Curia, dal ruolo della donna nella Chiesa ai movimenti, dai prossimi viaggi al rapporto col suo predecessore, da Vatileaks alla «lobby gay». Non si sottrae a nessuna risposta e, in italiano e spagnolo, parla, scherza, sottolinea, precisa; sempre in piedi – e l’aereo in quel momento balla pure un po’ – per tutto quel tempo, quasi smentendo, in quel modo, la stanchezza denunciata all’inizio. E le sue prime parole sono proprio per la Gmg appena lasciata alle spalle: «Trovare la gente fa bene perché il Signore lavora in ognuno di noi, è la ricchezza del Signore e sempre possiamo ricevere la ricchezza. Questo mi fa bene». Insomma «io sono contento». Ha sottolineato «la bontà, il cuore del popolo brasiliano», che «è grande, ama la festa... Ha sofferto tanto, ma è contagiosa l’allegria dei brasiliani».Poi un pensiero agli organizzatori, a quelli locali «è andato tutto benissimo», e al responsabile dei viaggi papali del Vaticano, Alberto Gasbarri («Mi sono trovato davanti a un computer incarnato»). E sulla sicurezza, «non abbiamo avuto problemi», ha osservato, «ma non c’è stato un incidente in tutto Rio in questi giorni, tutto era spontaneo, ho potuto stare con la gente senza macchine blindate. La sicurezza è fidarsi di un popolo, davvero; sì, c’è il pericolo di un pazzo, ma c’è anche il Signore, e io preferisco questa grazia, avere il rischio di questa grazia». Le «voci del governatorato» ha quindi aggiunto, «parlavano di tre milioni, non posso crederlo, ma dall’altare si vedeva tutta la spiaggia piena, mi ha detto monsignor Tempesta (l’arcivescovo di Rio, ndr) che erano di 178 paesi, è il numero sicuro».Poi è iniziato il fuoco di fila, e Francesco, in quella che nel viaggio di andata era stata definita «la fossa dei leoni», ha trovato pure il tempo per qualche confidenza. Dalla "famosa" borsa nera che ha portato personalmente a bordo – «Non c’era la chiave della bomba atomica! Ho fatto sempre così, quando viaggio porto la mia borsa... C’è il rasoio, il breviario, l’agenda, un libro da leggere, ne ho portato uno di Santa Teresina e io sono devoto» – al non aver voluto nessun “allestimento” speciale sull’aereo, ma «solo una poltrona, comoda, ma una poltrona come tutte». Fino al rispondere se «si sente ancora gesuita»: i gesuiti «devono obbedire al Papa ma se il Papa è gesuita a chi obbedisce? Forse al superiore generale? Mi sento gesuita come spiritualità, mi penso come gesuita e penso come gesuita, ma non ipocritamente».
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