giovedì 5 novembre 2015
​Il segretario generale della Cei lancia la proposta di "un'esperienza che la Chiesa italiana non fa da troppo tempo". E parla del Convegno di Firenze. IL PROGRAMMA
TV 2000 Venerdì sera dibattito sul "nuovo umanesimo"
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Una Chiesa che si mette in ascolto, che dialoga al suo interno con lo stile della sinodalità e che al contempo cerca strade nuove per portare il messaggio del Vangelo nell’Italia di oggi: è il ritratto, con un auspicio, che il segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, traccia alla vigilia del Convegno ecclesiale di Firenze (9-13 novembre) in un colloquio riservato al Sir per il lancio del nuovo sito. “È una Chiesa che si aspetta molto da se stessa, che cerca un luogo in cui fare discernimento insieme, come ha indicato il Papa ai vescovi italiani durante l’assemblea generale del maggio scorso”, afferma monsignor Galantino. Per poi aggiungere: “Ho percepito, in maniera molto chiara, una sorta di ‘fastidio’ verso quei convegni cosiddetti ‘accademici’: c’è, infatti, una sorta di ‘convegnite’ acuta che non tocca solo la Chiesa ma un po’ tutte le realtà. Oggi, invece, la gente ha bisogno di ritrovarsi, di discernere, di dialogare; ha bisogno di idee e di percorsi chiari”. Quindi un riferimento al lavoro preparatorio nelle diocesi: “Viviamo tempi complessi e la nostra Chiesa non può rispondere alla complessità con la semplificazione degli eventi fine a se stessi”. Nel percorso verso Firenze “si è vista, invece, una Chiesa che gradualmente si è messa in cammino”; “si può dire che c’è un’attesa bella e, quindi, questo è un modo attraverso il quale la Chiesa italiana sta facendo quel cammino insieme”.​“Penso che il Papa ancora una volta c’inviterà a fare opera di discernimento e di verifica rispetto a due tipi di attese: in quale maniera la Chiesa italiana sta coniugando l’incontro tra fede e storia? E come si sta misurando con il mondo contemporaneo?”. Galantino, riflettendo sul prossimo Convegno ecclesiale, aggiunge: “Molto spesso – senza dare giudizi, ma con grande umiltà e serenità – c’è da denunciare quell’atteggiamento per cui si pensa di essere Chiesa prescindendo da ciò che avviene intorno a noi, con il rischio di fare proposte e con un linguaggio che dicono niente agli uomini e alle donne d’oggi. Non si tratta di cedere alla contemporaneità, ma – come c’invita il Concilio Ecumenico Vaticano II, soprattutto nella Gaudium et Spes – di essere uomini e donne di Vangelo, che vogliono annunciarlo e testimoniarlo all’uomo di oggi. La Chiesa a Firenze vuole, dunque, verificare il suo rapporto con il mondo contemporaneo”. “Dobbiamo guardare all’esperienza del Sinodo appena concluso, in cui sono emerse chiaramente la vitalità, la bellezza, ma anche la fatica che comporta il cammino della sinodalità”. Quindi un auspicio: “Sarebbe bello che la Chiesa italiana affrontasse un’esperienza che da troppo tempo non fa: un Sinodo nazionale”.
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