mercoledì 11 novembre 2015
Al Convegno ecclesiale al via i lavori di gruppo sulle "5 vie". I saluti del Papa portati dal cardinale Betori, l'invito di Bergoglio da Piazza San Pietro a pregare per l'assise. Le relazioni di Magatti (IL TESTO) e Lorizio (TESTO). (Antonella Mariani)
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​La visita di Papa Francesco ha lasciato il segno nel Convegno ecclesiale in corso a Firenze. Il suo discorso di indirizzo (TESTO) alla Chiesa italiana ha scaldato i cuori e offerto un respiro nuovo ai lavori di gruppo, il confronto vero tra i delegati, che iniziano oggi per protrarsi fino a venerdì. Questa mattina il cardinale di Firenze Giuseppe Betori ha voluto salutare gli oltre 2.200 delegati (la prima fascia di età rappresentata è quella tra i 36 e i 59, la terza tra i 18 e i 35 anni; oltre il 50% è formato da laici) ricordando le parole di Bergoglio alla partenza da Firenze: "Mi ha chiesto di trasmettere a tutti i vescovi italiani la sua gratitudine, il suo affetto e la sua vicinanza".Lo stesso Papa Francesco, all'udienza del mercoledì, ha rivolto ancora il suo pensiero a Firenze: prima di inziare la sua catechesi, ha ricordato che "in questi giorni la Chiesa italiana sta celebrando il Convegno nazionale a Firenze: cardinali, vescovi, consacrati, laici, tutti insieme. Vi invito a pregare la Madonna, una Ave Maria, per loro".

L'arrivo dei delegati (Siciliani)La percezione di un cammino nuovo è stata espressa questa mattina anche dai vertici della Cei. "La Chiesa Italiana vuole raccogliere fino in fondo le indicazioni di Papa Francesco. Non lasceremo cadere nulla di quello che ci ha detto", ha assicurato il presidente Angelo Bagnasco, in visita alla sala sampa con il segretario generale, Nunzio Galantino, che si è concesso una battuta: "Oggi è una bellissima giornata, il Papa ieri ci ha aiutato a superare l'ansia. Allo stadio, dopo l'incontro in Cattedrale e il discorso, eravamo 200 vescovi, tutti in pratica. Questapresenza ci rafforza e ci aiuta a superare le difficoltà". "Ora inizia un cammino", ha concluso Bagnasco: "Papa Francesco è stato particolarmente affettuoso, ci ha incoraggiati".LA RELAZIONE DI MAURO MAGATTI (TESTO)Occorre “un nuovo umanesimo della concretezza che, guardando a Gesù Cristo, torni a essere capace di quella postura relazionale, aperta, dinamica, affettiva, generativa, verso cui ci sospinge continuamente Papa Francesco con l’esortazione apostolica Evangelii Gaudium e l’enciclica Laudato si’”. Ne è convinto Mauro Magatti, ordinario di sociologia presso l’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano, che oggi a Firenze ha tenuto una delle due relazioni introduttive ai lavori nei gruppi sulle "5 vie” indicate nella Traccia: abitare, educare, trasfigurare, uscire, annunciare. Umanesimo concreto, dunque, ed eccone alcune declinazioni: “Il volontariato, le cento città, l’artigianato, l’arte, la cura e la carità, le tante forme di sussidiarietà ed economia civile, la famiglia”. Sono queste che possono aiutare l'Italia ad “uscire dalla sua crisi di identità”.

I lavori di gruppo (Siciliani)Mauro Magatti auspica “una Chiesa ardente, coraggiosa, povera”, “in cammino, che si sa popolo e vicina al popolo”, guarda con simpatia ogni uomo, soprattutto “chi è scartato”. Questa, secondo Magatti, la “grande responsabilità della Chiesa nella sfera pubblica contemporanea”. Mai come in questo momento, ha aggiunto, “è necessario coltivare la fratellanza e l’ospitalità”. Se, come “rete sinodale”, radicata “in tutto il Paese, ci facessimo convertire” dai due “movimenti dell’uscire – avviandoci verso quell’umanesimo della concretezza verso cui ci sollecita Papa Francesco – e del trasfigurare, l’annuncio tornerebbe a essere ascoltato, la fede a radicarsi nella carne del Paese, l’intera società italiana a mettersi in cammino”. Rilanciare l’economia, affrontare l’emergenza profughi, accompagnare il cambiamento demografico: queste le sfide per l’Italia, che sono anche “occasioni per vivificare la nostra Chiesa”. “L’umanesimo della concretezza suggerisce di cercare le soluzioni nella tessitura di nuove alleanze” rimettendo insieme “l’educazione con il lavoro, la famiglia con l’ospitalità, l’efficienza con il senso”, ha detto  Mauro Magatti. “Non si tratta di cominciare da zero. Le nostre comunità sono già al lavoro. Senza clamore”. I temi privilegati sono senz'altro quelli dell'ospitalità diffusa ai rifugiati e dei "neet", i giovani che non studiano né lavorano, "rilanciando gli oratori come luoghi di trasmissione di competenze lavorative". La società italiana – ha concluso il sociologo – "ha bisogno di una Chiesa viva”, sempre più capace di trasfigurazione e in uscita. Maestra di umanità perché capace di parresia e ricca di misericordia”.La cultura dell'incontro: la riflessione di monsignor Lorizio (TESTO) Una “cultura dell’incontro” e “una teologia che sappia farsi carico dei conflitti ponendosi alle frontiere” sono alla base del “nuovo umanesimo che si genera dalla fede”. Ad affermarlo è monsignor Giuseppe Lorizio, ordinario di teologia fondamentale presso la Pontificia Università Lateranense, nella seconda delle due relazioni di oggi.  L’attualizzazione di questa nuova alleanza, ha proseguito Lorizio, “pone l’agire ecclesiale delle nostre comunità in uno stato di conversione, aiuta a rifuggire la tentazione del ‘si è fatto sempre così’, spinge a superare una pastorale fondata sulle strutture” muovendo “verso l’attenzione alle persone”, dove “uscire, abitare, annunciare, educare, trasfigurare”, le cinque “vie” su cui si confronteranno i gruppi, non siano solo “slogan o delle formule, bensì costituiscano le motivazioni stesse del nostro personale impegno quotidiano”.
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