giovedì 21 maggio 2015
«È da parecchio che aspetto questo momento. Avevo un debito di riconoscenza che ho cercato di onorare prima raccontando la mia storia in un libro e poi segnalandola perché fosse avviata l’istruttoria per arrivare al riconoscimento di “Giusto fra le Nazioni” per don Cirillo.
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«È da parecchio che aspetto questo momento. Avevo un debito di riconoscenza che ho cercato di onorare prima raccontando la mia storia in un libro e poi segnalandola perché fosse avviata l’istruttoria per arrivare al riconoscimento di “Giusto fra le Nazioni” per don Cirillo Perron. E il fatto che questo sia avvenuto e che questa cerimonia si possa svolgere proprio qui Courmayeur è per me la realizzazione di uno dei desideri più importanti della mia vita». Così Giulio Segre, medico odontoiatra di Saluzzo, oggi quasi ottantenne, ha commentato la notizia del compimento di una grande vicenda di coraggio, solidarietà e amicizia iniziata più di 70 anni fa, quando lui, bambino ebreo di 7 anni, in fuga dalle persecuzioni nazifasciste, fu salvato dal parroco di Courmayeur don Cirillo Perron, che lo nascose e lo ospitò nella canonica, facendolo passare, per un anno e mezzo, tra il 1943 e il 1945, per suo nipote, orfano di padre e affidatogli da una sorella. Il prossimo mercoledì 27 maggio 2015, alle ore 14.00, presso il Municipio di Courmayeur questa storia vedrà il suo momento più alto, con la cerimonia ufficiale di rimessa alla memoria di don Cirillo Perron della medaglia di “Giusto delle Nazioni”, ovvero la massima onorificenza concessa dallo lo Yad Vashem di Gerusalemme a coloro che hanno rischiato la vita per salvare anche solo un ebreo dalla Shoah, e che sarà consegnata a don Donato Perron, nipote di don Cirillo, dalla prima assistente dell'ambasciata di Israele in Italia, Sara Gilad, alla presenza dello stesso Giulio Segre e dei rappresentanti delle autorità civili e religiose del territorio e delle comunità ebraiche valdostane e piemontesi. La pratica che ha portato all'assegnazione di questa onorificenza è durata circa un anno e mezzo, ed è stata attivata formalmente proprio da Giulio Segre, dopo essere stato convinto dalla figlia Elena a completare un manoscritto rimasto per anni in un cassetto e inizialmente pensato per tramandare la memoria della sua storia soprattutto ai giovani della famiglia. Nel 2012 una piccola casa editrice, la Fusta di Saluzzo, propone di farne un libro e pubblica “Don Cirillo e il nipotino”, oggi arrivato alla terza edizione. Il passo successivo è stata la traduzione in inglese dell'opera e la segnalazione formale della vicenda al Centro di documentazione ebraica contemporanea di Milano, a cui è seguita l'istruttoria vagliata in Israele dalla commissione dello Yad Vashem, formata da 35 grandi personalità, tra i quali anche ex deportati, che ha accordato l'assegnazione del riconoscimento. Adesso, il nome di don Cirillo Perron, come tutti quelli di tutti i “Giusti delle nazioni” ad oggi riconosciuti tali, sarà inciso sul Muro d’Onore presso il Museo dell'Olocausto, lo Yad Vashem, a Gerusalemme: un elenco che attualmente comprende circa 24.000 persone, di cui, circa 550 italiani. La storia Giulio Segre ha 7 anni il 3 dicembre del 1943, quando con suo padre Vittorio e sua madre Eugenia fugge per sottrarsi alle persecuzioni e ai rastrellamenti a cui i nazifascisti stavano sottoponendo la comunità ebraica di Saluzzo. L'idea suggerita loro da alcuni contatti è di rifugiarsi in Svizzera passando attraverso la Val Ferret, ma non conoscono bene la montagna, e quando arrivano a Cormaiore (il nome fascista di Courmayeur) è già inverno, i valichi sono impraticabili e lo saranno per diversi mesi. Vittorio non ha amici a cui bussare e, disperato, decide di rivolgersi al parroco, che dopo una prima diffidenza iniziale accetta di aiutarli. Vittorio non si può fermare a Courmayeur: la sua presenza sarebbe stata troppo sospetta e torna a Milano dove riesce a nascondersi grazie a documenti falsi. Eugenia, la mamma, cattolica, può tornare a Novara senza correre rischi, ma il più in pericolo è piccolo Giulio, per il quale, però don Cirillo ha un piano. Gli procura documenti falsi di nascita e di battesimo e lo fa passare per un suo nipotino figlio di una sorella rimasta vedova che rimane a Courmayeur per un anno e mezzo. «E mi salvai - dice Giulio Segre - … Tutti in paese conoscevano l'uso di don Cirillo di aiutare le persone in difficoltà, e così nessuno fece domande, e accolsero questo piccolo forestiero nella comunità. Forse non volevano sapere niente … o forse sapevano già tutto … ma andava bene così».

Don Cirillo Perron Nato a Vatournenche il 23 settembre 1912 don Cirillo Perron, è stato parroco di Courmayeur dal 25 gennaio 1939 al 19 novembre 1989, rappresentando un punto di riferimento fondamentale per diverse generazioni della comunità, che ha accompagnato e guidato nell’attraversare i grandi eventi e cambiamenti che hanno segnato la storia del paese nel XX secolo. Era soprannominato "il parroco alpinista", perché subito dopo la vocazione sacerdotale veniva la sua passione per la montagna. Arrivò a Courmayeur nel 1939, e durante la guerra, gli abitanti del paese ai piedi del Bianco conobbero la sua generosità e il suo coraggio, di cui la storia del nipotino è solo l'esempio più eclatante. I più anziani del paese, ricordano in fatti tanti episodi, come quando don Cirillo riuscì a procurare 2 vagoni contenenti riso, farina e meliga da distribuire alla popolazione, o quando si offrì come ostaggio al podestà per far liberare 10 prigionieri o ancora quando riuscì a evitare l'incendio di Dolonne deciso dai soldati tedeschi per rappresaglia contro i partigiani. Dopo la guerra, per onorare il voto dei residenti, fece costruire la statua della Madonna sul Monte Chétif. E tante furono le opere realizzate in seguito: l'oratorio e il cinema «Edelweiss», dove i giovani di Courmayeur hanno trascorso innumerevoli domeniche pomeriggio; l'abbellimento della chiesa parrocchiale; la costruzione della chiesa di Entrèves e la ristrutturazione del santuario di Notre Dame de la Guérison. Tanti impegni, accanto ai vari incarichi ecclesiastici che ebbe, non diminuirono la sua passione per la montagna. Tra le sue ascensioni il Monte Bianco, le Grandes Jorasses, il Cervino, il Dente del Gigante (scalato 21 volte, l'ultima nell'87 per il suo 75° compleanno). Fece anche parte della spedizione alpinistica sull'Annapurna III, in Himalaya, nel '77; 10 anni dopo fu nominato guida onoraria. Nel 1986 il commovente incontro sullo Chétif con Giovanni Paolo II. Il «parroco alpinista» si ritirò con l'inseparabile sorella Ottilia a St-Pierre nel 1989, dove è rimasto fino alla morte il 2 ottobre 1996 dopo aver chiesto e ottenuto di poter riposare nel cimitero di Courmayeur. Nel 2012, anno del centenario della sua nascita, “in segno di riconoscenza e gratitudine per l’opera da lui compiuta come parroco di Courmayeur per cinquant’anni, nonché per gli importanti insegnamenti e ricordi che ha lasciato nel cuore di diverse generazioni, di abitanti ed ospiti del paese” l'Amministrazine Comunale decise di intitolargli il Centro ricreativo realizzato in alcuni spazi situati nei pressi del Municipio.
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