sabato 8 settembre 2012
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Il grande pericolo della società contemporanea è che Dio sparisca dall’orizzonte della vita dell’uomo. Le grandi domande dell’esistenza: da dove veniamo, dove andiamo, che sarà di noi, perché si soffre, perché si muore, c’è vita  dopo la morte?, non  avrebbero alcuna risposta per l’uomo ad una dimensione, quella orizzontale, mentre   abbiamo enorme bisogno di dare una direzione sensata alla nostra vita. La questione di Dio, che ha sempre interrogato e affascinato lo spirito umano, è centrale   nella nostra vita, perché fa differenza che Dio esista o non esista: se infatti Dio è l’origine, il senso e il fine dell’uomo e dell’universo, la vita ha un preciso orientamento. Dinanzi alla questione di Dio non vi è neutralità. A ben vedere,  il desiderio di Dio è inscritto nel cuore dell’uomo.Certo, l’uomo non sempre arriva a conoscere Dio con facilità. E’ per questo che  Dio stesso ci è venuto incontro, si è rivelato come Colui che è. A Mosè che chiede: ma tu chi sei? Dio risponde: Io sono colui che sono, che vuol dire “Io ci sono per te”. «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione di schiavitù: non avrai altri dei di fronte a me. Non ti  farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo, né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra.  Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai » (Es 20,2-5). Il Dio in cui crediamo è il Dio per noi. Dio stesso ha preso l’iniziativa di rivolgersi a noi, si  è  manifestato, si è fatto “parola”, “voce”: “Io sono il Signore Dio tuo”.  Ed ha  fatto conoscere la sua azione creatrice e liberatrice degli uomini.  Il primo appello e la giusta esigenza di Dio è che l’uomo lo accolga, lo adori e in lui trovi sollievo e scopra se stesso. Si, perché la rivelazione di Dio risponde alle esigenze intellettuali più elevate e aiuta l’uomo a capire se stesso come essere creato «ad immagine e somiglianza» di Dio (Gn 1,26).    Credere in Dio come l’Essere eterno, infinito, onnipotente, buono, immutabile, vuol dire riconoscere che Dio è verità infinita, le sue parole sono parole di vita, di lui possiamo fidarci, ascoltarlo e lo possiamo amare.L’ottimismo del sapere con il progresso delle scienze e della tecnica che penetra le profondità dell’universo, che scandaglia la struttura biologica dello stesso essere umano,  non può  relegare   all’irrilevanza la dimensione trascendente, non rende superflua o insignificante la domanda radicale di tutte le domande dell’intelligenza umana: dov’è il senso della vita? Qual è la sua origine? “Io sono il Signore Dio tuo”: questa è la risposta. 
 Ancora, quel  Dio che l’umanità in qualche modo ha sempre conosciuto, in modo pieno e definitivo si è fatto conoscere, ha mostrato il suo volto, ha rivelato il suo nome:  si chiama Gesù Cristo, il Figlio di Dio, il Signore, Via, Verità e Vita,  che è entrato nella storia e nella esperienza umana per condividerla, illuminarla, trasformarla con l’effusione dello Spirito Santo,  dono della sua vita offerta sulla croce, che ha aperto  all’umanità la speranza che non delude.   Così alla parola ascoltata sul monte: “Io sono il Signore Dio tuo”, che si traduceva nel solenne precetto: «Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo» (Dt 6,4), Gesù, sintesi e culmine del Dio rivelato,  ci ha indicato il solido fondamento e la strada sicura su cui poggiare la vita: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente» (Mt 22,37).
Credere che Dio è Dio, significa  - di conseguenza -  aver trovato   la  sorgente della vita morale.  Ignorare Dio o vivere come se Lui non  esistesse, a ben vedere, vuol dire demolire ogni riferimento oggettivo anche nelle relazioni tra gli uomini. Infatti, perchè rinunciare a ciò che voglio o desidero? Perché rispettare gli altri? L’ignoranza o non la non curanza  di Dio si traduce di fatto nella  legittimazione di  tutte le deviazioni morali.      Credere che Dio è il Signore della vita significa altresì  aver trovato la roccia solida a cui aggrapparsi contro la disperazione: ricordati, che non sei mai solo! O contro la presunzione: ricordati che non sei onnipotente, al contrario sei piccolo e fragile. Ci riferisce la Bibbia che Israele nel deserto, nonostante il giuramento di osservare l’alleanza, si traviò, si allontanò dalla via che Dio gli aveva indicato e si  costruì un idolo, il vitello d’oro (Dt 9, 1-12; 32). Anche nel nostro tempo  l’uomo cerca di costruirsi degli idoli: si chiamano danaro, potere, successo, droga, interesse al paranormale, all’occulto, a forme di  religiosità esoterica. Oltre  a rinnegare il primato di Dio,  cresce l’indifferenza di Dio. Sono tutte forme  che mortificano e sconfiggono la dignità della ragione umana.  La finitezza umana che in tanti frangenti della vita ci lascia smarriti, postula una presenza al di là, una luce superiore, una scintilla dell’origine. “Io sono il Signore Dio tuo”. E’ un messaggio forte da trasmettere alle future generazioni.  L’Anno della Fede, che il Papa Benedetto XVI, ha indetto in occasione del 50° di apertura del Concilio Vaticano II, possa essere un’occasione propizia per tutti i cercatori di Dio di varcare la  “porta della fede” (cfr At 14,27) che introduce alla vita di comunione con Dio e permette l’ingresso nella sua Chiesa. “Il Vangelo - ha scritto il Papa nell’Enciclica Spe salvi – non  è soltanto una comunicazione di cose che si possono sapere, ma è una comunicazione che produce fatti e cambia la vita. La porta oscura del tempo, del futuro, è stata spalancata. Chi ha speranza vive diversamente: gli è stata donata una vita nuova” (n. 2).
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