venerdì 18 novembre 2011
​La Santa Sede annuncia azioni legali contro la pubblicità. La Segreteria di Stato vaticana: lesiva della dignità del Papa. E c’è chi, nel coro di critiche, propone di boicottare l’azienda trevigiana.
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Non è bastato l’annunciato ritiro del fotomontaggio che ritrae il bacio tra Benedetto XVI e Ahmed Mohamed el-Tayeb, imam della moschea di Al-Azhar al Cairo (considerato da molti la più importante autorità religiosa dei sunniti), utilizzato per attirare l’attenzione sulla campagna "Unhate" (contro l’odio) della Benetton. Stavolta il consolidato cliché - provocazione, clamore mediatico, ritrattazione - è sfuggito di mano anche agli esperti pubblicitari benettoniani che hanno alzato l’asticella nella corsa alla mancanza di rispetto e all’uso del cattivo gusto. Ieri, la Segreteria di Stato vaticana ha reso noto di aver «incaricato i propri legali di intraprendere, in Italia e all’estero, le opportune azioni al fine di impedire la circolazione, anche attraverso i mass media, del fotomontaggio, realizzato nell’ambito della campagna pubblicitaria Benetton». Una campagna le cui modalità, «tipicamente commerciali», sono «ritenute lesive non soltanto della dignità del Papa e della Chiesa Cattolica, ma anche della sensibilità dei credenti». L’Osservatore Romano ha addirittura titolato: «In nome del profitto un insulto ai credenti». Ma, sempre ieri, sulla vicenda è arrivato anche un commento di Mahmud Azab, consigliere dell’imam della moschea di Al Azhar al Cairo, per il quale il fotomontaggio è «irresponsabile e assurdo». Azab ha detto che Al-Azhar «non sa ancora se questa immagine merita una risposta, tanto è poco seria» e si è domandato se simili iniziative non siano «pericolose per i valori universali e la libertà di espressione come le si intende in Europa». Una gigantografia dell’ormai noto fotomontaggio del Papa e dell’imam egiziano era stata srotolata mercoledì a Roma, nei pressi di Castel Sant’Angelo. Mentre a Milano, davanti alla Borsa e al Duomo, molti passanti, beati loro, si sono dovuti sorbire lo spettacolo di un bacio tra i presidenti americano e cinese Obama e Hu Jintao. Ma anche in questo caso la genialata pare essere stata poco apprezzata, tanto che la Casa Bianca, per bocca del portavoce Eric Schultz, ha fatto sapere di non aver gradito «l’uso dell’immagine e del nome del presidente» Barack Obama, per utilizzi «commerciali», e che da lungo tempo la politica della Casa Bianca «disapprova l’uso di immagine e nome del presidente a fini commerciali». Ma stavolta, oltre ai legittimi ricorsi legali e ai comunicati di sdegno e protesta, il gruppo commerciale trevigiano potrebbe trovarsi a fronteggiare altre reazioni. Proprio da Parigi, città nella quale la campagna pubblicitaria "contro la cultura dell’odio, per l’amore globale" è stata presentata - ma verrebbe da chiedersi: chi è odiato dal Papa? -, è arrivata una delle proposte finalizzate a boicottare i prodotti Benetton. Ne è autrice Christine Boutin, la 67enne candidata dei cristiano democratici alle presidenziali del 2012. A Radio Europe Boutin ha sottolineato che «non si può scherzare con le religioni. Sono scioccata da tutte quelle foto – ha aggiunto –. Benetton è abituato a questo tipo di cose... si erano un po’ calmati, ma ecco che adesso ricominciano», ha affermato ancora la Boutin, che ha concluso: «Lo dico seriamente: bisogna boicottare Benetton», la cui campagna pubblicitaria «che pretende di lottare contro l’odio, non fa altro che attizzarlo». Sulla stessa linea il presidente dell’Aiart (Associazione spettatori), Luca Borgomeo: «Benetton, anche se ha ritirato la pubblicità col Papa, ha avuto un ritorno di immagine. Per questo penso sia giusto boicottare i prodotti della stessa Benetton» che «cerca sempre di scandalizzare con le sue pubblicità. Faccia pure – ha dichiarato Borgomeo – ma non tiri dentro la religione, il Papa». Anche il Moige (Movimento genitori), attraverso l’Osservatorio media, ha criticato la campagna. «Nonostante la legittimità delle intenzioni la provocazione è palese», ha stigmatizzato la responsabile dell’Osservatorio, Elisabetta Scala. «Non si può veicolare un messaggio così importante come la lotta alla cultura dell’odio – ha precisato –, strumentalizzando le immagini di autorità religiose o politiche mondiali: la campagna è provocatoria e non veicola chiaramente il messaggio, soprattutto se si pensa ai minori. Ci viene da pensare che la finalità... abbia risvolti di opportunità e interesse commerciale». Ancora, per la Fondazione Pubblicità progresso «nessuno può usare l’immagine altrui senza permesso, oltretutto a fini commerciali».
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