venerdì 15 agosto 2014
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In montagna, alla scuola dell’essenziale. Non ditelo a Pietro Piller. Lui è parroco di Ampezzo, Enemonzo, Preone, Sauris, Socchieve, Forni di Sopra, Raveo, ed è vicario foraneo di questa porzione della Val Tagliamento, in Carnia. Amministra 33 chiese. Eppure, nonostante questi impegni pastorali, riesce a frequentare le rocce con i suoi giovani, magari anche con i loro genitori e tanti villeggianti che, per esempio, organizzano due pellegrinaggi all’anno, il primo in settembre, 6 giorni a piedi, a Santa Maria Luggau, in Austria, il secondo, ai primi di gennaio, con gli sci, allo stesso santuario.Dove trova il tempo e la forza di conciliare una così vasta attività pastorale?Sono nato sulle terre alte, a Sappada, ai piedi del monte Peralba, là dove nasce il fiume Piave. Nel mio dna c’è la solidità della roccia e la liquidità, due forze che non si contrappongono, ma che si integrano, grazie a una spiritualità che si è fortificata in virtù anche della cultura del sacrificio di chi vive in quota. La sintesi? È appunto l’essenzialità.Essenzialità che significa?«Per me prete è predicare il Vangelo. Testimoniarlo.Ma le 28 bollette?Le pagano i laici, che provvedono all’amministrazione delle 7 parrocchie. Per le Messe ci aiutano altri 2 sacerdoti di cui uno indiano.I suoi paesi sono turistici, Sauris più di tutti. Tra i villeggianti ospita campi scuola delle parrocchie, preti e vescovi. Si sente anche loro parroco?In montagna non si sale per isolarsi, può diventare pericoloso in tutti i sensi. La contemplazione è più efficace se partecipata insieme. Quindi invito sempre i gruppi a partecipare alla vita delle nostre parrocchie, a cominciare dalle feste dei patroni, come in questi giorni.Lei trova il tempo, insieme a parrocchiani e talvolta ai villeggianti, di compiere escursioni se non addirittura arrampicate. Salendo chi e che cosa bisogna tenere presenti?Il piacere della scalata, o anche soltanto di una passeggiata nel bosco, non può prescindere dalla considerazione di ciò che si lascia in comunità: le condizioni di vita dei montanari, il disagio che incontrano nella scuola piuttosto che nel lavoro, il difficile approccio con il servizio sanitario, le difficoltà date dal tempo come in questi mesi, talvolta perfino i disastri naturali. È un richiamo, anche questo, all’esigenza di praticare l’essenzialità.Arrampicandosi sulla “via del Cappellano”, qui ad Ampezzo, o sulle Cime di Sappada, che cosa vede a valle?Vedo secoli di storia, di gente umile, ma indomita, anche nei valori, che ha praticato la custodia del creato senza stravolgerlo. E al tempo stesso scorgo l’abuso che si fa dell’ambiente, soprattutto da qualche tempo a questa parte, con troppi impianti, per esemplificare, che non servono, mentre si abbandonano le attività tradizionali.Lo spopolamento della Carnia ha perfino dimezzato talune comunità… No, le ha ridotte al lumicino. Oggi ci vuole un riequilibrio, bisogna ritornare alle attività tradizionali: la cura dei pascoli e del bosco, l’allevamento, le produzioni agricole più o meno di nicchia, il ripopolamento della malghe. Certo, garantendo ai nostri contadini e alle loro famiglie condizioni dignitose, per cui arrivo a dire che in taluni contesti di particolare degrado bisognerebbe pagare i montanari perché restassero. Riscontro che ogni anno di più i villeggianti se ne rendono conto, sono consapevoli delle esigenze del territorio.Anche della particolare spiritualità che da questi luoghi ricevono?Sì. I tempi della massificazione turistica sono finiti. Il villeggiante cerca la natura, la naturalità. Che cosa significa? Cerca l’essenzialità.La spiritualità dove trova casa?Nel Salmo 18: i cieli narrano la gloria di Dio. Lo recitiamo sempre, quando camminiamo da pellegrini o saliamo lungo le nude rocce. E poi nel Cantico delle creature. Questi brani non hanno bisogno di commento. Si guardi intorno, siamo in cattedrali a cielo aperto. Pregare qui dentro è riconciliarsi con il creato e il Creatore.La riconciliazione non è un atto passivo?Assolutamente no. Esige impegni precisi.Lei, dopo 60 anni di montagna, non si è ancora assuefatto?No. E pensi che ho accompagnato i giovani di questa valle in tre campeggi a Sappada, poco distante da qui. I ragazzi hanno partecipato con entusiasmo, appunto perché al campo cerchiamo di vivere in sintonia con quel salmo 18… I giovani avvertono più di ogni altro la necessità di ritornare alla dimensione essenziale della vita.Una vita con le sue diversità. In questa valle, ad esempio, parlate il tedesco insieme al friulano, accanto all’italiano.La diversità è ricchezza. Qui convivono culture e lingue diverse. Tutte specificità molto apprezzate anche dai villeggianti che, per informarsi, non mancano di visitare i nostri musei. Vogliono capire. Perfino il Ferragosto quassù è consapevole.
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