lunedì 2 marzo 2015
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Un invito a riconoscere “la dimensione sacra del corpo, della persona” e un monito contro “l'ossessiva campagna a favore dell'eutanasia” lanciata proprio da Firenze, con un’intervista anonima a un sedicente infermiere del policlinico di Careggi pubblicata da “Repubblica” nei giorni scorsi. Sono alcuni dei temi che il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, ha affrontato domenica durante la Messa nella Giornata diocesana del Malato, nella basilica di San Lorenzo. Commentando il brano del Vangelo del giorno, Betori ha affermato che “la trasfigurazione di Gesù, svelando la dimensione sacra del corpo, della persona, esclude ogni sua commercializzazione (come purtroppo avviene in certe pratiche di fecondazione artificiale), non ne ammette l'umiliazione (come accade quando il malato viene ridotto a un caso clinico o, peggio, diventa strumento di sperimentazione), non ne accetta l'abbandono (ed è quanto si verifica quando non gli si dedicano le cure necessarie e dovute, magari perché ormai gravato da troppi anni, applicando anche in questo campo la 'cultura dello scarto' così diffusa nella nostra società), si oppone alla negazione del suo valore (come quando non si rispetta l'indisponibilità della vita umana, ed è quanto si cerca di imporre alla nostra società: basta leggere l'ossessiva campagna a favore dell'eutanasia, scatenatasi proprio in questa città in questi giorni, a partire da dichiarazioni il cui volto anonimo dovrebbe già squalificare chi le avrebbe rilasciate, ma ancor più chi vorrebbe imporcele come una verità e pretenderebbe che noi credessimo ad esse in ogni caso, senza che ne venga data la possibilità di verificarne l'autenticità)”. Di fronte alla malattia e al corpo malato, ha detto ancora Betori, dobbiamo ricordare l’atteggiamento dei discepoli di fronte al corpo straziato di Gesù. Ogni corpo quindi, “anche quando ci appare nella debolezza della malattia, è un corpo destinato alla trasfigurazione delle vita risorta. Ne tengano conto gli stessi malati, per nutrire di speranza la loro sofferenza. Ne tengano conto quanti si avvicinano a loro, medici, infermieri, inservienti e parenti, per il rispetto che debbono al malato, per l'attenzione umana e professionale che gli debbono dedicare, per la cura amorosa e competente che gli devono riservare”. “La strada del recupero del valore del corpo e della vita nella nostra società – ha aggiunto l’Arcivescovo di Firenze - necessita che ci si ponga all'ascolto di una parola di verità sull'uomo, quella parola che, nella fede, noi riconosciamo che solo Dio può donarci in pienezza. L'invito del Padre, sul monte della Trasfigurazione, di metterci all'ascolto del suo Figlio amato ci orienta a Cristo come colui che può aiutarci a ritrovare i principi irrinunciabili della cura della persona e dell'affermazione e riconoscimento del suo valore”. Betori ha parlato anche della necessità di trovare nel frastuono della società uno spazio di contemplazione: “Uno spazio – ha detto – che i malati conoscono bene, perché solo la preghiera è capace di trasfigurare il loro dolore, è capace cioè di illuminarlo di un senso che può venire solo dalla partecipazione al dolore stesso di Cristo. Ciò che può illuminare la condizione di un malato è infatti soltanto la consapevolezza che il dolore non è un'esperienza estranea alla condivisione che il Figlio di Dio ha voluto con la nostra umanità”.
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