giovedì 17 novembre 2011
Il «Gesù di Nazaret» presentato all’Università di Urbino, in un'aula magna della facoltà di Economia dell’ateneo marchigiano gremita di autorità, di docenti e studenti.
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Quella tra mondo accademico e Chiesa cattolica è una «alleanza antica». Il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato di Benedetto XVI, ha appena finito di presentare il secondo volume del Gesù di Nazaret nell’antica e prestigiosa Università di Urbino e risponde così a chi gli ricorda l’increscioso episodio della Sapienza quando al Papa venne di fatto impedito di visitarla. «L’incontro di oggi – aggiunge – ne è la dimostrazione». In effetti l’aula magna della facoltà di economia dell’ateneo marchigiano è gremita di autorità, di docenti e studenti, venuti ad ascoltare il più stretto collaboratore del Papa. All’inizio della sua lezione Bertone cita il «lungo e sapiente magistero di Carlo Bo, che in questa università ha esercitato il suo servizio come rettore, ininterrottamente, dal 1947 al 2001». Saluta «con particolare stima» il rettore Stefano Pivato, «che con tenacia ha voluto questo incontro». E ricorda che l’opera da lui presentata è stata «un successo editoriale al di là delle aspettative dello stesso autore». Infatti, ha spiegato «in soli quattro anni, del primo volume sono stati diffusi più di 3 milioni di copie, in 47 Paesi; e, del secondo, sono già oltre 2 milioni le copie stampate e diffuse in 33 Paesi». Commentando i due volumi sul Gesù di Nazaret del Papa il cardinale Bertone ha sottolineato come abbiano «obbligato teologi e ricercatori, ma non solo loro, a tornare a discutere sul metodo della teologia, sull’ermeneutica dell’esegesi, sulla stessa esegesi come disciplina storica e sul metodo storico-critico, oltre che sulle nuove scoperte dell’archeologia e dello studio sui papiri». E come abbiano messe bene «in luce in modo essenziale, decisivo, il fondamento storico del cristianesimo stesso», perché «il Vangelo ha a che fare con la storia». Nell’opera di papa Ratzinger, spiega poi il cardinale, è evidente «l’impegno intellettuale per rispondere a livello scientifico e dopo aver ascoltato "gli altri saperi" ad una domanda esigente per l’uomo contemporaneo», e cioè: «è vero ciò in cui crediamo oppure no? Nella teologia è in gioco la questione circa la verità; essa è il suo fondamento ultimo ed essenziale». «Ancora, dunque, – aggiunge il porporato –. Vangelo e storia si incontrano». Nel senso che «è decisivo esprimere quella fiducia semplice nei Vangeli, quella fiducia che tutti noi abbiamo imparato ad avere nel testo biblico ascoltato in Chiesa o letto accanto ai nostri anziani fin da quando eravamo bambini, allora per nulla sofisticati o sospettosi come lo siamo oggi». Insomma per il cardinale Bertone, ma non solo per lui, l’opera di papa Ratzinger «è una testimonianza commovente, affascinante e liberatrice sulla figura di Gesù». Ma non solo. È anche «un frutto maturo della teologia cattolica», nel quale «non solo il cattolico si sente "a casa", ma il lettore che vuole conoscere e confrontarsi con la fede e la dottrina cattolica lo può fare con rigore e onestà intellettuale».Prima del cardinale Bertone sono intervenuti il rettore Pivato, l’arcivescovo di Urbino-Urbania-Sant’Angelo in Vado Giovanni Tani, il direttore della Libreria editrice vaticana don Giuseppe Costa e il preside di Scienze politiche Marco Cangiotti. All’evento hanno assistito, tra gli altri, l’arcivescovo di Pesaro Piero Coccia, il vescovo di Fabriano-Matelica Giancarlo Vecerrica, il sindaco di Urbino Franco Corbucci e il presidente della provincia Matteo Ricci.
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