sabato 3 novembre 2012
​Il richiamo del segretario di Stato della Santa Sede in una "lectio magistralis" tenuta questo pomeriggio a Cuneo, nel Centro incontri della Provincia, su invito dell'Associazione Insieme.
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"Quando nel secondo dopoguerra nacque la prima comunità europea, si crearono le pre-condizioni ideali e spirituali per realizzare una comune terra di pace e di prosperità. Dobbiamo riportare quel grande progetto europeo nel nostro orizzonte". Lo ha chiesto il segretario di Stato della Santa Sede in una "lectio magistralis" tenuta questo pomeriggio a Cuneo, nel Centro incontri della Provincia, su invito dell'Associazione Insieme. Bertone ha rilevato che "l'Europa oggi attraversa una crisi non solo per la mancanza di una comune politica fiscale o per i debiti pubblici, ma soprattutto perché si sono affievolite queste tradizioni ideali che hanno alimentato nei secoli il suo spirito". "Mai si dimentichi - ha raccomandato - che anche l'economia di mercato post-moderna ha bisogno essenzialmente di uno spirito per poter vivere e crescere". Secondo il segretario di Stato di Papa Ratzinger, "se l'Europa non riscopre il legame fra essere e agire e conseguentemente il nesso fra etica e politica, così come il contributo positivo della religione alla sua crescita, verranno a mancare gli strumenti per affrontare gli interrogativi posti dal tempo presente". "In quanto europei - ha sottolineato il porporato - dobbiamo sforzarci di riproporre a ogni generazione quella base etica che ha fondato l'Europa come patria dei diritti umani, della dignità e dell'inviolabilità della persona"."L'Europa - ha ricordato inoltre il cardinale Bertone nella sua lectio - l'hanno fatta soprattutto mercanti e monaci, e l'hanno fatta assieme. Le grandi fiere, gli scambi, i trattati commerciali non avrebbero creato durante il medioevo nessuna idea di Europa senza l'azione congiunta, complementare e coessenziale del monachesimo e poi di Francesco e Domenico e degli altri numerosi carismi". Da parte sua, ha tenuto a rivendicare il cardinale, "il cristianesimo, che ha anche ereditato, rielaborandola, parte della cultura classica e ebraica, ha offerto quel soffio vitale e quel respiro che ha nutrito l'Europa, la sua economia di mercato, il suo welfare, le sue banche".LAVORO TROPPO TRASCURATO RISPETTO A FINANZA E CONSUMOl lavoro oggi resta troppo sullo sfondo della crisi che attraversa l'intero pianeta, mentre il centro lo occupano finanza e consumo. Il primo fine che dovrebbe ricreare un nuovo progetto comune oggi è la creazione di nuovo lavoro, per una nuova stagione di piena e buona occupazione, perché quando la gente non lavora ogni progetto di bene comune e di sviluppo diventa astratto e insostenibile". È quanto scrive il Segretario di Stato Vaticano, Cardinale Tarcisio Bertone, in un intervento pubblicato sull'Osservatore Romano. Se "la radice dell'agire economico è etica e antropologica e, quindi, il centro di ogni proposta capace di futuro deve necessariamente essere la persona umana, occorre prendere in considerazione ciò che costituisce la fonte del suo benessere: il lavoro", osserva il cardinale Bertone. Il segretario di Stato ricorda l'evoluzione dell'idea del lavoro: "nei tempi antichi era per gli schiavi, l'uomo libero non lavorava". Poi "il lavoro diventava per l'uomo un'attività con pari dignità della preghiera e una sua attività fondamentale, costitutiva". Nella modernità "veniva ridotto a puro mezzo di produzione" ma per il cristiano "il lavoro umano va ben oltre perché è il corrispondere alla Volontà di Dio su ciascuno: è così un atto di gratuità, un atto d'amore, una liturgia".Ancora, scrive il cardinale Bertone, "nell'ottica della spiritualità cristiana incarnata socialmente, il lavoro umano è impagabile: lo stipendio diventa un premio, un ritorno di gratuità; il lavoro è tale quando è amore, quando serve a creare un prodotto o fornire un servizio per una o più persone, anche se magari non le conosceremo mai, è sempre un'attività svolta 'per' gli altri". "Se è vero che il lavoro è fondativo del consorzio umano, allora è necessario edificare una 'cultura del lavorò che aiuti i lavoratori a partecipare in modo pienamente umano alla vita dell'azienda (cfr. Centesimus annus, n. 15); una cultura - sottolinea il segretario di Stato - capace di portare a sintesi le sue varie dimensioni, da quella economica a quella sociale a quella spirituale. Di qui l'invito a pensare in termini di una 'ecologia umana', come l'ha descritta Giovanni Paolo II nell'enciclica 'Centesimus annus' ". Dunque, avverte il cardinale, "occorre spostare il fuoco dell'attenzione dal lavoro come puro processo lavorativo all'opera intesa come possibilità di autorealizzazione". Pertanto "l'estromissione dell'attività lavorativa per lunghi periodi di tempo non rappresenta solo una perdita di produzione (e quindi uno spreco di risorse), ma costituisce un vero e proprio razionamento della libertà personale".

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