sabato 17 settembre 2016
Da Assisi il richiamo al dialogo necessario
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Per dirla con Zygmunt Bauman l’incontro che si apre domenica ad Assisi per la pace ci dice questo: «È necessario affidare le speranze del genere umano non ai generali dello scontro di civiltà ma a noi soldati semplici della vita quotidiana». E mentre sorseggia il caffè sulla terrazza che guarda la Città della pace il professor Bauman riflette: «Noi non possiamo sottrarci dal vivere insieme e se c’è una parola da ripetere continuamente è: dialogo. Una cultura che privilegi il dialogo e che deve essere parte integrante dell’educazione. Il dialogo non è un caffè istantaneo, non dà effetti immediati, il dialogo è la pazienza, la determinazione e la profondità. E la persona pubblica che pensa in questa maniera è papa Francesco. I politici danno solo un caffè istantaneo che è una bugia. Non si può negare che stiamo in uno stato di guerra. Ma solo con il dialogo – conclude Bauman – ci sono vincitori, non perdenti». Assisi è città aperta e la pace oggi è una piazza, spoglia e senza muri, dove guardarsi in faccia, riconoscersi fratelli e coltivare insieme, perseverando in questa fraternità. E oggi è più che mai necessaria, come il pane. Perciò «non si deve permettere che le credenze religiose vengano abusate per la causa della violenza o della guerra», ripete con insistenza papa Francesco continuando ad operare concretamente e mostrando che non si tratta di favole. È possibile, è un bene personale e non derogabile, come non derogabile è «la necessità che i seguaci di diverse religioni si incontrino, dialoghino, camminino insieme e collaborino fattivamente per la pace, in quello "spirito di Assisi" che fa riferimento alla luminosa testimonianza evangelica di san Francesco».  È questo del resto l’orientamento del lavoro seguito per realizzare l’incontro attuale – in occasione del trentesimo anniversario della giornata interreligiosa voluta da Giovanni Paolo II – dalla diocesi di Assisi, dalle Famiglie Francescane e dalla Comunità di Sant’Egidio, che nel tempo ha scelto di far vivere e crescere lo "Spirito di Assisi" mettendo in campo cantieri di iniziative concrete, costruendo attraverso l’amicizia una vasta rete di rappresentanti di fedi e culture nell’orizzonte della pace. «L’idea di Assisi è quella che non vede più gli uni contro gli altri, ma gli uni accanto agli altri, perciò qui non va in scena un politically correct lontano dai problemi e dalla storia, non sono convegni questi per specialisti del dialogo», ricorda Andrea Riccardi. L’Europa, l’Africa, il Medio Oriente, l’islam, l’ecologia il ruolo dei credenti per arginare la violenza e il terrorismo, i rifugiati, chiamano in causa ciascuno. Il 20 settembre papa Francesco arriverà alle undici per la giornata conclusiva. Nel Sacro convento di San Francesco incontrerà cinque rappresentanti delle Chiese e delle religioni e pranzerà con loro insieme a un gruppo di rifugiati. In diversi luoghi per ciascuna religione si pregherà per la pace, mentre la preghiera ecumenica dei cristiani si terrà nella Basilica di San Francesco per poi concludersi con un appello, una dichiarazione e un gesto di pace. Domenica intanto si apre. Tremila persone nel teatro Lyrick, per l’Assemblea d’inaugurazione. Oltre cinquecento i leader religiosi di nove lingue diverse. C’è anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Tra loro è già arrivato il rabbino Avrham Steinberg. «Costruire la pace è uno dei compiti più importanti per i leader religiosi», dice accanto Mohammad Sammak, consigliere politico del gran Muftì del Libano che non esita a definire il papa «leader spirituale per tutta l’umanità». E non poteva mancare il patriarca ecumenico Bartolomeo che con papa Francesco condivide da fratello «la cura e la compassione».  Anche l’arcivescovo di Ruen, Dominique Lebrun, ricordando il martirio del padre Jacques Hamel, darà la sua testimonianza. Sabato, dopo aver incontrato il Papa a Roma, era in fila davanti alla Basilica inferiore d’Assisi per pregare sulla tomba del santo Povero d’Assisi con i 73 pellegrini della sua diocesi. «Siamo venuti ad Assisi per chiedere la grazia di purificare i nostri sentimenti – dice Lebrun – quella di purificare il rischio di confondere terrorismo e fede, anche della difficoltà a perdonare. E la grazia di un dialogo con Lui più profondo».
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