sabato 7 marzo 2015
Ricordando i 50 anni della prima Messa in italiano il Papa ha detto che «non possiamo entrare nella casa del Signore e "ricoprire" con preghiere e pratiche di devozione quel che è dovuto al prossimo». (Gianni Cardinale)

La liturgia che evangelizza (Stefania Falasca)

LETTERA
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«La riforma liturgica è stata un gesto coraggioso» con cui «la Chiesa si è avvicinata al popolo di Dio perché capisca quello che fa. Ecco: dobbiamo andare sempre avanti, chi va indietro sbaglia». È il momento dei saluti, al termine della visita nella parrocchia romana di Ognissanti per ricordare la prima Messa in italiano celebrata 50 anni fa da Paolo VI in questa chiesa, quando Francesco improvvisa un breve saluto ai fedeli che non avevano trovato posto all'interno della chiesa. «Aspetto che questa parrocchia continui a essere un modello per le celebrazioni liturgiche». E regala una battuta: «Mi piacerebbe che il canto sia un po’ più forte. Solo io sentivo il coro», lodando il coraggio di chi era rimasto al freddo fuori dalla chiesa non grandissima: «Avete pregato qui fuori, questo dà forza alla Chiesa: la Messa, pregare insieme. In parte ci sono le difficoltà ma dove c'è il Signore le cose vanno bene. Ringraziamo il Signore». L’omelia della Messa, poco prima, era stata un richiamo alla corrispondenza tra fede celebrata e vissuta. La Chiesa, ha detto il Papa, «ci chiama ad avere e promuovere una vita liturgica autentica, affinché vi possa essere sintonia tra ciò che la liturgia celebra e ciò che noi viviamo nella nostra esistenza». Lo ha ribadito Papa Francesco nell’omelia pronunciata nel corso della Messa celebrata nella parrocchia romana di Ognissanti per commemorare i cinquant’anni della prima celebrazione eucaristica in italiano. Fu proprio in questa chiesa infatti che il 7 marzo 1965 il beato Paolo VI usando la lingua «parlata dalla gente», inaugurò «in un certo senso» la riforma liturgica richiesta dal Concilio Vaticano II, che si sarebbe concluso nel dicembre successivo. Papa Francesco ha spiegato che «non possiamo illuderci di entrare nella casa del Signore e "ricoprire", con preghiere e pratiche di devozione, comportamenti contrari alle esigenze della giustizia, dell’onestà e della carità verso il prossimo». «Non possiamo sostituire – ha incalzato Bergoglio – con "omaggi religiosi" quello che è dovuto al prossimo, rimandando una vera conversione». In questo contesto la Quaresima è «il tempo del rinnovamento interiore, della remissione dei peccati, il tempo in cui siamo chiamati a riscoprire il Sacramento della Penitenza e della Riconciliazione». Commentando il brano evangelico delle letture, l’episodio della cacciata dei venditori dal tempio raccontata da Giovanni, il Papa ha spiegato che «l’energica reazione» di Gesù «riguarda piuttosto un tipo di religiosità». Infatti quello di Gesù è «un gesto di "pulizia", di purificazione», perché «Dio non gradisce un culto esteriore fatto di sacrifici materiali e basato sull’interesse personale».
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