sabato 16 aprile 2016
«Al premier dico: facciamo tutti insieme un piano per il Mezzogiorno». In una lunga intervista il cardinale affronta i grandi nodi di Napoli e non solo.
Sepe: Napoli e il Sud, vero «petrolio» d’Italia
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«Chiedo scusa al grande Eduardo, ma per questa città e per tutto il Sud non è più tempo di ha da passà ’a nuttata. Bisogna definitivamente voltare pagina rispetto a una mentalità da Cassa per il Mezzogiorno». Il cardinale Crescenzio Sepe cita la celebre battuta di Napoli milionaria per esprimere il suo pensiero rispetto al presente e al futuro del capoluogo partenopeo e di tutto il Meridione. Nel bene e (purtroppo) soprattutto nel male la metropoli adagiata ai piedi del Vesuvio continua a fare notizia. La camorra, gli omicidi, l’annoso problema dei rifiuti, le proteste e gli scontri per il recupero di Bagnoli, persino le primarie del Pd da queste parti diventano un problema. Ma dall’ampio studio al primo piano dell’antico palazzo di Largo Donnaregina non si vedono solo le cattive notizie. Sepe apre un cassetto, ne estrae un astuccio rosso e tira fuori un Rosario. «Lo vede questo? Lo hanno fatto i detenuti in affido presso il Centro diocesano di Pastorale carceraria. Sarà solo un piccolo segno, ma è anche nei piccoli segni che io vedo la speranza. C’è gente che non si rassegna al male e vuole ricominciare. Noi dobbiamo aiutarli - aggiunge -. Da un lato dobbiamo gridare con forza, come ha fatto il Papa lo scorso anno proprio qui a Napoli, che "la corruzione spuzza" e che la malavita organizzata è morte. Ma dobbiamo anche e soprattutto creare gli strumenti per la rinascita. E allora dico al presidente del Consiglio: perché non ci mettiamo intorno a un tavolo e facciamo davvero tutti insieme un piano per il Mezzogiorno? Io sono convinto che il nostro vero petrolio è la grande cultura, le bellezze naturali, la rete di relazioni positive di cui siamo depositari da sempre. Napoli e tutto il Sud saranno davvero milionari se sapranno valorizzare queste ricchezze».Eminenza, cominciamo proprio dall’attualità. Il presidente Renzi è venuto due volte nel giro di pochi giorni a Napoli. Che segnale è?Penso e spero che sia il segnale di una convinzione forte: l’Italia non può ripartire se non dando la giusta considerazione al Mezzogiorno. Il quale non è una palla al piede, ma un’enorme potenzialità di sviluppo per l’intera nazione. Napoli, poi, può diventare la locomotiva del Sud, soprattutto se sapremo ridare dignità e bellezza alla città, attraverso progetti mirati al bene comune.Si riferisce ad esempio alla riconversione dell’area di Bagnoli?Anche, ma non solo. Bagnoli, oltre tutto, è un formidabile banco di prova per passare dalle semplici buone intenzioni ai fatti concreti. Quante volte i progetti sono rimasti sulla carta? Quante volte le opere si sono interrotte a metà strada con spreco di denaro pubblico? Allora far sì che il recupero di quell’area sia portato a termine nel rispetto delle normative e del bene comune sarà uno dei modi concreti per prendere a cuore la rinascita di Napoli e del Sud.Pare che proprio in settimana si sia fatto un passo avanti in conferenza dei servizi. Ma lei si è fatto un’idea del perché delle proteste e degli scontri con la polizia, quando Renzi è venuto a Napoli?Innanzitutto separiamo la violenza dalla legittima possibilità di esprimere il proprio dissenso. Dico no alla violenza, naturalmente. Ma se c’è una protesta civile che va nel senso di rimuovere gli ostacoli per la realizzazione delle opere buone, ben venga. Non capisco, però, la protesta fine a se stessa.Eppure, Eminenza, questo episodio è solo l’ultimo di una serie di fatti di cronaca che gettano costantemente una luce sinistra su Napoli. Non teme di assumere i panni del difensore d’ufficio, continuando a parlare di una speranza spesso contraddetta dalle cattive notizie?Guardi, nessuno vuole negare o nascondere i mali della città e del Sud. Sarebbe da stupidi il solo pensarlo. Dico solo che si è sempre pronti a raccontare e denunciare, magari ingigantendoli, fatti e misfatti di Napoli. Quasi mai, però, alla cronaca nera si accompagna un’analisi antropologica e sociologica. Quasi mai vengono ricordati i diritti negati, i ritardi, le scelte non fatte, lo sviluppo mancato, le promesse tradite, le risorse dilapidate dai "colonizzatori". Troppo spesso Napoli viene trattata e raccontata come una carta straccia. Non è così. La città ha ancora e sempre molto da dire. Ha gente di cuore e generosa, giovani intelligenti e brillanti. Tutto questo, però, viene oscurato, ignorato. Salvo stupirsi poi, quando vediamo all’improvviso - come è successo per la visita del Papa lo scorso anno - una metropoli ordinata, rispettosa e corretta, accogliente e bella, preparata. Certe cose non si inventano da un momento all’altro. Dietro a un risultato positivo c’è sempre una predisposizione, una preparazione, un retroterra strutturale.E allora che cosa propone?A livello culturale, come dicevo, non è più il tempo di una mentalità alla ha da passà ’a nuttata. E’ invece il tempo di progettare il futuro. E questa nottata deve passare perché non si può continuare a camminare senza una direzione, arrendendosi alla sfiducia. Tutti dobbiamo assumerci le nostre responsabilità. Il politico, l’industriale, il commerciante, il sindacalista, l’impiegato, il parroco, ogni categoria non può pensare solo al proprio interesse, ma deve concorrere al bene comune. Solo nell’assunzione di responsabilità ci può essere la risurrezione della nostra comunità.Dunque, in concreto?In concreto lancio un appello al presidente del Consiglio, che diverse volte ha parlato di un piano per il Sud. Perché non convocare un "tavolo", riunendo le forze politiche, economiche, sociali, la Chiesa, le agenzie educative, tutti coloro che sono davvero interessati al rilancio? Una simile proposta, del resto, è già presente nel documento della Chiesa per il Mezzogiorno, pubblicato nel 2010. Adesso si tratta di andare avanti, di passare dalle parole ai fatti.In sostanza, di che cosa ha bisogno il Sud?Per noi il dramma della disoccupazione è il problema dei problemi. Dunque il lavoro è la prima esigenza. Anche tanta malavita, organizzata e non, trova terreno fertile nella cronica mancanza di occupazione. Perciò al primo posto nell’agenda per il Meridione deve esserci la creazione di nuovi posti di lavoro, soprattutto per i giovani. Noi vescovi, tramite il "Progetto Policoro", abbiamo indicato una direzione di marcia che è data proprio dal cambiamento di mentalità: non più attesa del posto fisso, ma nuova imprenditorialità. Ora attendiamo che anche altri vadano in questa direzione. Poi, collegata a quella del lavoro, c’è la questione delle infrastrutture che - tra l’altro - il lavoro nella fase di costruzione lo creano e, quando funzionano bene, lo mettono in sicurezza, attirando anche investimenti dall’estero. Io, però, accanto a questi due elementi, vorrei aggiungerne un terzo: la creazione di infrastrutture "spirituali". Insisto. La rinascita del Sud passa anche e soprattutto attraverso un cambio di mentalità e una nuova classe dirigente. E la Chiesa in questo è già da tempo in prima linea, nel preparare i giovani ad essere attori del cambiamento.Oggi si vota per il referendum delle trivelle. Qual è la sua posizione in merito?Quella espressa dagli altri vescovi. Al di là di ogni considerazione economica o politica ci deve essere il bene della gente e la salvaguardia della salute. Io credo che il vero "petrolio" del Sud siano la cultura, la storia, i monumenti, le bellezze naturali. Un "petrolio" che non inquina, che fa crescere e che non finirà mai. A patto però di non distruggere l’ambiente, come è successo nella Terra dei Fuochi…Certo. Dobbiamo utilizzare bene questo "petrolio". E penso che il dramma della Terra dei Fuochi debba essere un memento, un imperativo categorico a non ripetere gli errori del passato. Questa terra è stata vandalizzata da tutti. Dalla mafia in primo luogo, ma anche dai molti che pensavano di abbattere i costi di smaltimento trasportando qui i loro rifiuti tossici. Ora bisogna bonificare, ma soprattutto bisogna impedire che altre terre dei fuochi sorgano qua e là.Torniamo a Napoli. L’agenda per il Sud si sente di suggerirla anche ai partiti impegnati nelle elezioni comunali di giugno?Perché no? Sicurezza ambientale, inserimento lavorativo e professionale dei giovani, perseguimento del bene comune, quale risultante dell’etica e della responsabilità, valgono ovunque.Ma come arcivescovo di Napoli non è preoccupato del fatto che intanto gli omicidi di camorra si ripetano sempre più spesso, coinvolgendo sempre più giovani?Come potrei non esserlo? Avanza purtroppo una nuova generazione di delinquenti spregiudicati, arrivisti, ambiziosi, dal grilletto facile, perché sprezzanti della vita. Baby gang che si contendono il controllo del territorio, tra uccisioni e lutti. Ma il problema sta a monte e la responsabilità sociale interpella tutti, a partire dalla Chiesa, dalla scuola, dalla famiglia, dalle istituzioni. La Chiesa, nell’ambito della sua azione pastorale, si adopera per quanto possibile, attraverso l’incontro e la vicinanza, nonché attraverso gli oratori, che stiamo cercando di realizzare in ogni parrocchia. Ma da soli i parroci non bastano, se non si fa rete.E sulla questione del Tesoro di San Gennaro, qual è la sua posizione?La Chiesa non è interessata né a gestione patrimoniale, né a formule giuridiche, ma ha il dovere imprescindibile della responsabilità del culto a San Gennaro e di difendere la sacralità. La dimensione sacra è il nostro esclusivo, totale dovere e non è cedibile a nessuno.

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