mercoledì 8 aprile 2015
Il cardinale Lorenzo Baldisseri: nostro compito è aiutare a camminare sulla via del Vangelo
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«Questo è un tempo importante per l’approfondimento delle tematiche che sono emerse nel precedente Sinodo e sta avvenendo attraverso una partecipazione ampia, a tutti i livelli, nelle diocesi, nelle parrocchie, nelle istituzioni, nelle accademie di tutto il mondo ». A sei mesi dall’inizio del Sinodo ordinario sulla famiglia il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Consiglio della Segreteria del Sinodo dei vescovi, fa il punto sul percorso fin qui compiuto e quanto resta ancora da svolgere. «Nessuno – afferma Baldisseri – ha messo, ne metterà in discussione le verità fondamentali del sacramento del matrimonio» e incoraggiando tutti i fedeli a prendere parte alle riflessioni sulle tematiche che toccano la famiglia invita a guardare con serenità e fiducia i passi futuri. Eminenza, mancano sei mesi al Sinodo ordinario sulla famiglia. A che punto sono i lavori di preparazione? Siamo nella fase dello studio delle tematiche che emergono nel confronto con le indicazioni e le domande contenute nei Lineamenta,  il testo della  Relatio Synodi con l’aggiunta di alcune domande. Un lavoro che ora è nelle mani delle Conferenze episcopali, delle istituzioni accademiche, delle aggregazioni laicali e di altre istituzioni ecclesiali. Sono inoltre stati nominati anche 12 consultori teologi, canonisti e filosofi chiamati a collaborare con la Segreteria del Sinodo. I contributi da parte delle Conferenze episcopali sono già arrivati? Cominceranno ad arrivare dal 15 aprile. Nel frattempo le Conferenze episcopali stanno inviando i nominativi dei delegati eletti per la partecipazione al Sinodo ordinario di ottobre. Fino ad oggi abbiamo i delegati di 58 Conferenze episcopali. Lei ha detto che questo momento è molto importante. Perché? Perché questo periodo intersinodale è il tempo propizio per l’approfondimento delle tematiche che sono emerse nel precedente Sinodo. Approfondimento che avviene attraverso una partecipazione ampia, a tutti i livelli, nelle diocesi, nelle parrocchie, nelle istituzioni, nelle accademie di tutto il mondo. È quindi un tempo molto importante per aiutare a maturare la riflessione nel prossimo Sinodo. Inviando il testo alle Conferenze episcopali e agli altri organismi, questa Segreteria generale si è raccomandata che i temi raccolti nei  Lineamenta venissero trattati a 360 gradi e si è invitato anche a segnalare e ad aggiungere eventuali temi che non erano stati inclusi. Tutti i fedeli possono rispondere e inviare il proprio contributo di riflessione. Ne sono arrivati già parecchi, sia individuali che di gruppo. Come si può inviare il proprio contributo e cosa consiglierebbe a un parroco per coinvolgere la sua comunità? Ai parroci direi di confrontarsi insieme ai fedeli con il testo dei Lineamenta e rispondere insieme alle domande pertinenti alla condizione e alle urgenze sulla famiglia vissute in seno alla comunità parrocchiale. Chiunque poi, se vuole, può anche inviare le sue considerazioni direttamente all’indirizzo di posta o via e-mail della Segreteria del Sinodo.

Qual è per lei l’aspetto più significato in quello che si sta svolgendo? Il lavoro fatto e quello che stiamo ancora facendo costituisce uno sprone per una più chiara consapevolezza della sinodalità come dimensione connaturale della Chiesa. È questa una modalità di lavoro e di prospettiva che fa riferimento al Concilio Vaticano II, specialmente alla  Gaudium et spes. Una prospettiva alla quale anche papa Francesco ha invitato a leggere il cammino sinodale. Il Papa segue da vicino i lavori di questa fase intersinodale? Li segue direttamente. Forse è bene ricordare che il Sinodo dei vescovi è stato istituito da Paolo VI per mantenere viva l’esperienza collegiale del Concilio, e che il Consiglio della Segreteria generale del Sinodo dei vescovi, a differenza dei dicasteri romani, non è guidata da un Prefetto, ma ha solo un Segretario generale, perché a capo di quest’organismo c’è il Papa stesso ed è lui in persona a presiedere le riunioni. L’apertura di un Anno giubilare sulla misericordia quali riflessi può avere sul Sinodo? Certamente è un gesto importante del Papa anche nell’orizzonte del Sinodo. Siamo tutti chiamati a interrogarci su questo. Dal Sinodo straordinario era già venuta l’indicazione a non separare dottrina e pastorale, ideale e modalità concrete di attuazione, verità e misericordia. A giudicare da certi interventi sui media, nel confronto su alcuni punti delicati, si registra più confusione che chiarezza e c’è chi teme anche un cambiamento della dottrina sul matrimonio. Nessuno ha messo né metterà in discussione le verità fondamentali del sacramento del matrimonio: l’indissolubilità, l’unità, la fedeltà e l’apertura alla vita, come il Santo Padre ha ricordato varie volte. Riguardo a determinate istanze, come quella particolare dei divorziati risposati, i Padri sinodali hanno considerato l’eventualità di possibili approfondimenti o sviluppi di carattere dottrinale e disciplinare. Quando, infatti, si dice 'sviluppo', termine consolidato e ben noto in campo teologico e dottrinale, non si intende affatto cambiamento o evoluzione. Il termine 'sviluppo della dottrina', nella tradizione teologica, significa approfondimento, migliore conoscenza. Risale ai primi secoli, in particolare a Vincenzo di Lérins ( V secolo). Quindi, come ha detto anche il Papa, non ci devono essere reticenze, arrière pensée o paure nel continuare il lavoro di approfondimento. Secondo lei, come è possibile portare avanti il lavoro di approfondimento senza mettere in discussione quello che la Chiesa ha sempre insegnato sulla famiglia? Anzitutto lo spirito e la dinamica del Sinodo è quello di prendere parte a una riflessione collegiale,  cum Petro et sub Petro, sulle diverse realtà che riguardano il vissuto degli uomini e delle donne nella famiglia, per poi analizzarle così come si presentano, verificare i passi da compiere attraverso l’umiltà dell’ascolto reciproco e alla luce del Vangelo e maturare poi, con vero discernimento, proposte e soluzioni. Pertanto si lavora in comunione sulle svariate tematiche prese in esame e le proposte. Il compito ultimo è sostenere e aiutare le persone a vivere il bene, a camminare sulla via del Vangelo. E proprio perché nella Chiesa ci sono le famiglie che vivono e testimoniano la bellezza cristiana del matrimonio, la Chiesa può senza paura guardare anche alle condizioni di fragilità e interessarsi di quelle in crisi. L’andare verso la comprensione delle diverse situazioni non significa mettere in discussione il Vangelo della famiglia, al contrario è fede nel Vangelo della famiglia. Il vostro compito però alla fine è anche quello di prendere decisioni. Lei pensa che si arriverà a deliberare soluzioni condivise? Il Sinodo non è deliberativo; solo il Papa o il Concilio in comunione con il Papa possono deliberare. Il compito del prossimo Sinodo è valutare con autentico discernimento le proposte che emergeranno per poi esprimere collegialmente delle indicazioni pastorali, delle proposte di soluzioni adeguate, nel rispetto della verità e nella carità, da consegnare al Papa. La varietà di accenti e di posizioni nell’Assemblea precedente si è fatta dibattito interno avendo davanti agli occhi il bene della Chiesa, delle famiglie e soprattutto la suprema lex,  la salus animarum.  E questo ha già trovato una convergenza significativa su alcune istanze di fondo. Credo che dobbiamo guardare con serenità e fiducia i passi futuri. Lei parla di fiducia, ma per alcuni il Sinodo sulla famiglia mette in pericolo l’unità della Chiesa. C’è questo rischio? La Chiesa è guidata dallo Spirito Santo. Ignorare che non siamo noi ma è lo Spirito Santo che conduce la Sua Chiesa è negare la storia stessa della Chiesa applicando criteri mondani di prospettiva. Papa Francesco è stato chiaro nel suo discorso conclusivo all’Assemblea dello scorso ottobre, quando ha detto che senza la libertà, l’ascolto e la parresia  non ci sarebbe stato un Sinodo, ma solo il conformismo di una falsa pace quietista. Ha poi assicurato che tutto questo si svolge cum Petro et sub Petro. Il Papa è il garante. Il Sinodo non è un parlamento, non è un luogo di confronto per il potere o per raggiungere degli obiettivi mondani. È il luogo dell’ascolto, del discernimento e delle decisioni prese  cum et sub Petro,  con l’assistenza dello Spirito Santo.

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