martedì 22 settembre 2015
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«La vera sorpresa non è stata questa. O, meglio, questa non è stata l’unica che mi ha fatto papa Francesco, che per me è un po’ il Papa delle sorprese». La verità è che don Alessandro Pronzato può vantare anni di 'frequentazioni' papali. E quasi sempre per i suoi libri. Ne ha scritti una valanga: 135 per la precisione. E il fatto che domenica due di questi, La nostra bocca si aprì al sorriso e Vangeli scomodi siano stati donati da Francesco a Fidel Castro non è che uno dei tanti attestati di stima che l’attuale Pontefice ha rivolto a questo sacerdote specializzato nel testimoniare il Vangelo con la penna. «Qualche tempo fa lui stesso mi ha inviato un mio libro, Un prete si confessa, con una lunga dedica che si conclude con la richiesta di pregare per lui e con le parole: 'Con tanta riconoscenza. Francesco'». E in questo caso si tratta di una riconoscenza maturata negli anni. «Mi ha detto che quando era vescovo e poi arcivescovo a Buenos Aires si serviva dei miei libri per trovare spunti per le omelie». Ma la sorpresa più grande «è stata una lunga lettera che mi ha inviato poco più di un mese fa, quando ero ricoverato in ospedale per un’infezione. Una cosa che davvero non mi aspettavo. Per questo quando ho saputo che avrebbe portato i miei libri a Fidel non mi sono sorpreso poi così tanto». In questi giorni don Alessandro si trova in una casa per vacanze sulle montagne che dominano il lago di Lugano, non molto distante dal capoluogo ticinese, nel quale risiede ormai da qualche anno. «Il mio vescovo (ne ho sempre avuti che mi hanno voluto bene e mi hanno incoraggiato a scrivere) mi ha chiesto dove volevo andare per svolgere in tranquillità il mio apostolato della comunicazione. Io ho detto in Svizzera e ho scelto di venire qui». Don Pronzato, nato nel 1932 e sacerdote dal 1956, è originario di Murisengo, nel Monferrato, a pochi chilometri da Portacomaro, il paese d’origine della famiglia di papa Bergoglio. Ma il Pontefice che per primo ha mostrato stima per lui è stato Paolo VI. «Negli anni ’60 i miei primi libri avevano suscitato alcune polemiche. In ambiente ecclesiastico molti mi criticavano perché erano scritti in maniera divulgativa e mi accusavano di avere uno stile troppo giornalistico. L’incoraggiamento a proseguire su questa linea mi venne direttamente da papa Montini. Mi ricevette in udienza e apertamente mi disse: 'Non badi a questi parrucconi che la criticano, perché oggi è così che bisogna scrivere'».  Dei tanti libri che ha scritto, Vangeli scomodi è forse quello che ha avuto più successo. In 40 anni ha avuto 40 edizioni ed è stato tradotto in 17 lingue. Ma il libro al quale è più legato, «quello che mi piace di più», è Meditazioni sulla sabbia, sull’esperienza di Charles de Foucauld, «del quale sono sempre stato un appassionato». E anche questo volume ha avuto, per così dire, un 'imprimatur' pontificio. Questa volta il papa è Benedetto XVI. «Più volte sono stato in udienza da lui. Quando gli portai questo mio libro gli dissi: 'Santità, ci ho messo 40 anni per scriverlo'. E lui, ridendo, mi ha risposto: 'Nel frattempo, però, ne ha scritti tanti altri'».  Ma cosa vuol dire scrivere di spiritualità oggi? «Credo nella forza della parola. Ho scoperto che avere il coraggio di proporre pensieri così diversi riesce a stimolare le coscienze». Già: Indro Montanelli parlando di lui lo descrisse curiosamente come un «prete deviazionista», senza rendersi conto della sua 'stretta' frequentazione di papi.
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