martedì 12 aprile 2016
Soddisfazione e gratitudine per l'Esortazione Ma ci si interroga sulle modalità del percorso. Nuove speranze ma anche comprensibili preoccupazioni tra coloro che vivono situazioni cosiddette “irregolari” alla luce.
Amoris laetitia, le attese dei divorziati
COMMENTA E CONDIVIDI
C’è gratitudine, c’è stupore, c’è soddisfazione. Ma c’è anche, inutile negarlo, una buona dose di disorientamento e di incertezza per la nuova pagina aperta dall’Esortazione postsinodale Amoris laetitia. E, soprattutto, per quello che questa pagina significherà per milioni di divorziati risposati. «Fine della lontananza Chiesa-separati e inizio di una nuova storia di vicinanza. Se dicessi di essere commosso sarebbe una banalità. Ma è proprio così», sintetizza Ernesto Emanuele, presidente dell’Associazione famiglie separate cristiane, che però subito dopo aggiunge: «Ma ora chi si occuperà di noi, concretamente? Da 25 anni sto accanto a chi vive i problemi della separazione, in riferimento al rapporto tra sacerdoti e separati, ho visto situazioni anche molto spiacevoli. Come si farà a creare una nuova sensibilità in tempi brevi? E quanti anni ci vorranno per quella formazione di cui parla anche il Papa nell’Esortazione? Anche la Familiaris consortis, 35 anni fa, auspicava “urgente sollecitudine” nei nostri confronti, ma poi le cose sono andare un po’ diversamente...».  Domande cariche di angoscia che invece Lauro Bruscagin e Rita Paron di Rovigo non intendono affrontare in questo momento. Entrambi un divorzio alla spalle, in attesa di risposarsi, un bambino in affido da tre anni, hanno ben chiara un’idea. «Adesso in fondo al nostro tunnel – spiegano sorridendo – possiamo finalmente vedere una luce». Da otto anni, dopo la separazione, frequentano il Gruppo diocesano Emmaus che accoglie separati e divorziati in nuova unione, di cui è assistente spirituale don Carlo Santato. «Questa è davvero una svolta decisiva che – riprendono – ci aiuta a vedere la nostra situazione in una prospettiva diversa. Dieci anni fa, quando ci siamo separati, inutile negarlo, la nostra condizione di divorziati creava non pochi imbarazzi». La prima svolta, circa cinque anni fa, quando i due si sono conosciuti ad un incontro per separati organizzato dal movimento dei Focolari. Abbiamo capito che anche per noi c’era la possibilità di un percorso di spiritualità e che la parola accoglienza cominciava ad assumere qualche concretezza». Ora, l’Esortazione, assume il significato di un nuovo inizio. «Sappiamo – osservano ancora Lauro e Rita – che il cammino di discernimento è tutto da inventare. Il divieto di accostarci ai sacramenti, inutile dirlo, rappresenta un peso. È molto facile dire che comunque si può ascoltare la Parola, ci si può impegnare nel volontariato e nella carità, e altro ancora. Ma il significato non è lo stesso». Proprio perché profondamente coinvolti, i due partner sono i primi a rendersi conto che sarebbe sbagliato pensare ora a una Chiesa “di manica larga”. «Sappiamo che sarà necessario irrobustire il nostro percorso di autocritica, comunque indispensabile dopo la separazione, ma l’intenzione di andare avanti c’è».  Altro approccio quello di Adalberto Gaiani, milanese, tecnico Eni, divorziato da 15 anni e convivente. «La scelta di Francesco era inevitabile. Non ha fatto altro che ufficializzare ciò che era già nella prassi di non poche comunità». Gaiani, come la maggior parte dei separati, ha vissuto sulla propria pelle la sofferenza dell’esclusione e dello sradicamento. «Ho fatto di tutto per ricucire con mia moglie, ma non ci sono riuscito. Per sette anni ho potuto vedere i miei figli sono alla presenza di un’assistente sociale. Umiliazione che non auguro a nessuno. Se non avessi trovato sacerdoti accoglienti non avrei saputo davvero dove andare a sbattere la testa». Preti che, in alcuni casi, hanno ritenuto opportuno concedere a Gaiani la possibilità di accostarsi alla comunione. «Se penso a Dio – riprende – posso immaginarlo come un padre che la sera, a mensa, allontana i suoi figli più fragili? Quando mi metto in fila dico: “Non sono degno”. E penso che lui mi capisca. Per me la misericordia ha anche questo significato. E non pochi sacerdoti mi hanno compreso e incoraggiato». «Però attenzione – avverte don Cristiano Marcucci, responsabile della pastorale familiare della diocesi di Pescara – non trasformiamo la comunione nel “bollino blu” della revisione spirituale. Il discernimento non dev’essere finalizzato solo allo sbocco sacramentale.  È necessario impostare questo discorso in un cammino spirituale più ampio, dove l’integrazione sia anche comunitaria. Solo in questo caso – conclude don Marcucci – la novità pastorale di questa Esortazione, davvero molto efficace, sarà realizzata secondo la volontà autentica di papa Francesco».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: