giovedì 18 febbraio 2016
Torres: preghiera “profetica” sul fiume che divide Messico e Usa
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«La misericordia di Dio ha toccato la nostra città addolorata attraverso la presenza di Francesco ». Monsignor José Guadalupe Torres Campos festeggerà il prossimo 22 febbraio il primo anno da vescovo di Ciudad Juárez. «E già in così poco tempo mi è già toccata una visita del Papa», scherza il pastore, palpabilmente emozionato. Con 11mila vite stroncate dalla narcoviolenza tra 2008 e 2013, la metropoli costruita lunga la frontiera con gli Stati Uniti è diventata l’emblema del conflitto messicano. Ma Juárez è molto di più. È uno degli snodi cruciali del passaggio degli irregolari. È polo del neoliberismo feroce, incarnato dalle maquilas: multinazionali di assemblaggio che guadagnano nell’enorme differenza tra ricavi – cioè vendite in dollari e negli Usa – e costi di produzione, alias salari, in pesos. «Papa Francesco conosce molto bene questa complessa realtà. Per questo è voluto venire. La sua presenza è stata una benedizione», afferma monsignor Torres. Che cosa ha significato la giornata di ieri? È stata una grazia di Dio. Una luce che ci guida e ci rafforza nella fede. Affinché quest’ultima si traduca in un impegno concreto e quotidiano per creare pace e giustizia. Francesco, più di ogni altra cosa, ha portato la speranza. Il fondamento indispensabile per ricostruire la vita sociale dopo ciò che abbiamo sofferto. Questo spiega la folla accorsa da tutto lo Stato e dal Texas. Fin da quando hanno iniziato a filtrare le prime indiscrezioni, ad ottobre, di una possibile tappa juarense, la città ha avuto un moto unanime di entusiasmo. La gioia è cresciuta giorno dopo giorno. Erano anni che la città non viveva un momento di allegria tanto forte e condivisa. È stato commovente. Che cosa ha rappresentato per le vittime – di Ciudad Juárez e dell’intero Messico – la Messa della scorsa notte (secondo il fuso orario italiano) in cui il Papa ha voluto dare loro il posto d’onore? Un balsamo in grado di alleviare le ferite tuttora sanguinanti della narcoguerra. Per anni, alla violenza si è accompagnata una sorta di invisibilizzazione sociale delle vittime. Francesco, accogliendole e accompagnandole, ha preso sul serio il loro dolore. Dando loro la forza di andare avanti. Uno dei momenti più toccanti è stata la preghiera sulle rive del Rio Bravo, il fiume – ormai quasi secco – che separa il Messico dagli Usa. Il gesto ha un valore profetico con il quale il Papa ha voluto ribadire che la Chiesa ha una Buona Notizia da annunciare ai migranti. Uomini, donne, bambini in fuga da povertà e violenze, in cerca del sogno americano. E interpella la Chiesa tutta, esortandola a camminare a fianco dei migranti, difendendoli, aiutandoli, sostenendoli. Purtroppo nelle società, non solo in Messico ma negli Usa come in Europa, si assiste a una progressiva chiusura nei confronti degli stranieri. Cresce la paura, l’astio, l’indifferenza di fronte alle situazioni da cui scappano e alle condizioni che affrontano nella fuga. Per questo è tanto importante che la Chiesa dia un esempio altro, un esempio di accoglienza autentica.
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