venerdì 19 giugno 2015
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«Come ministro dell’Ambiente io mi sento 'sotto accusa', non ho remore a dire questo. Quando il Papa parla dei disastri ambientali e cita rifiuti, bonifiche, la poca attenzione ai cambiamenti climatici, io tutte queste cose me le sento sulla pelle e mi viene in mente la “Terra dei fuochi” o la discarica di Calvi Risorta in Campania che abbiamo scoperto pochi giorni fa». È l’analisi autocritica del ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti. «Dobbiamo imparare molto dall’enciclica perché l’Italia ha tenuto proprio il comportamento che il Papa  nell’enciclica critica fortemente». Cosa cambia dopo questa enciclica? Da oggi i temi ambientali sono temi globali, non solo dal punto di vista geografico come li abbiamo intesi fino ad oggi, ma dal punto di vista dei valori. L’ambiente ha a che fare – ed è questo che ci dice l’enciclica – con ogni attività umana e la soluzione dei problemi ambientali contribuisce alla soluzione dei più gravi problemi del mondo: povertà, immigrazione, pace. È ecologia integrale, ecologia globale. Anche l’immigrazione? Il Papa parla dell’aumento dei migranti che fuggono dalla miseria aggravata dal degrado ambientale e dai mutamenti climatici. Ne dobbiamo tenere conto, soprattutto nel dibattito di questi giorni. Una politica che non ha al centro della propria azione l’ambiente, porterà a far sì che il problema delle migrazioni diventi nei prossimi anni ingestibile. I mutamenti climatici non sono certo responsabilità dei Paesi più poveri da dove partono i migranti, quanto di quelli che dovrebbero ora accoglierli... Assolutamente vero. Questo è il debito ambientale che abbiamo verso il resto del mondo e ce ne dobbiamo fare carico. Anche nella prossima Conferenza sul clima di Parigi. Dal Papa arriva un forte richiamo alle responsabilità della politica e dell’economia. Il Papa richiama tutti, anche il singolo cittadino. Ma certo il richiamo più forte lo fa al mondo economico e alla politica, strettamente collegati. Oggi le scelte economiche e politiche debbono fare i conti con l’ambiente. Fino oggi non è stato così. Ma bisogna farlo mettendo al centro l’uomo. Il Papa critica fortemente la finanza che non ha più tenuto in considerazione i bisogni dell’uomo, è diventata un fine invece che un mezzo. La finanza serve all’impresa e l’impresa serve all’uomo perché soddisfa i suoi bisogni. Se no si creano disastri. Il Papa va oltre il principio di precauzione, quando sono possibili dei danni da un tipo di produzione. È vero, va oltre. Parla esplicitamente di economia circolare, che è la sostituzione dell’economia lineare dei paesi industrializzati del ’900 che ha creato danni ambientali fortissimi, pur avendo raggiunto i propri obiettivi di ricostruzione dell’Europa, portando fuori dalla povertà in quel continente, ma non negli altri, centinaia di milioni di persone. Oggi quell’economia va sostituita con un’economia circolare, impiegare meno risorse e produrre meno rifiuti. È questo che il Papa chiede con molta forza, anche a scapito della redditività dell’impresa. Lei parlando della discarica di Calvi Risorta ha detto che non tutto è camorra. Confermo, non tutto è camorra. Ognuno ha responsabilità. L’industria ce l’ha, perché quelli sono rifiuti industriali. La politica ce l’ha, perché non possiamo scoprirlo dopo 35 anni. Ma anche i cittadini ce l’hanno, perché qualcuno non ha visto quello che doveva vedere o ha girato la testa... Altro richiamo forte è sul rapporto tra mutamenti climatici e dissesto idrogeologico. Proprio su questi temi lunedì prossimo il governo ha convocato gli 'Stati generali'. Sono temi strettamente collegati e una grande preoccupazione per il Paese. L’accentuazione dei cambiamenti climatici porterà ad un’accentuazione degli eventi atmosferici estremi e del dissesto, se non saremo pronti ad affrontarli. Noi abbiamo messo questo tema al centro dell’azione del governo. Entro fine mese sottoscriverò degli accordi di programma con tutte le regioni del Centro Nord e poi con quelle del Centro Sud, nei quali per la prima volta affrontiamo il problema in maniera strategica di lungo periodo. Ma basta l’intervento in un solo Paese? La risposta che noi dobbiamo dare al richiamo del Papa sarà soprattutto a Parigi 2015, e in maniera forte. Quello sarà l’evento nel quale si misurerà la responsabilità di tutti i Paesi del mondo fra i quali l’Italia. Non ci sono alternative. Il fallimento, il fatto che non esca un documento vincolante con l’approvazione di tutti i Paesi, è un’ipotesi che non prendo in considerazione. E mi rifaccio alle parole di Ban Ki Moon: «Non esiste un 'piano B' perché non esiste un 'Pianeta B'». Parigi è l’ultima chiamata.
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