sabato 23 marzo 2013
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​Papa Francesco parla al mondo e invoca dialogo con l’islam. Ma cosa risponderanno i musulmani?L’islam risponde a tutte le richieste di dialogo che provengono dalla cristianità – ci dice Ibrahim Chamseddine, già ministro del governo libanese –. Aggiungo che l’islam, a partire dal Corano, ha stabilito delle solide basi per il dialogo con i cristiani e ritengo che quest’appello del Papa sarà accolto certamente. Il dialogo tra le nostre religioni è l’unico contesto di vita possibile per i nostri popoli, sia sotto il profilo della fede che sotto quello più generalmente umano.Quali sono i punti di incontro realmente possibili?Io credo – risponde il figlio dell’imam Mohammad Mehdi Chamseddine, che guidò il Consiglio superiore sciita in Libano – che ci siano molti spazi, e non solo dei punti. I problemi e le tensioni che esistono non hanno origine nella fede in sè, nel fatto di credere in due religioni diverse, ma nel comportamento dei credenti delle due diverse religioni. Sono consapevole peraltro che la differenza sul piano della ideologia religiosa tra islam e cristianesimo rimarrà fino alla fine, come negli ultimi 15 secoli: queste specificità fanno l’islam e il cristianesimo come sono ma non sono né dovrebbero essere un problema per il dialogo.Le due religioni sono accomunate anche dalle stesse sfide?Certamente, musulmani e cristiani affrontano le stesse sfide in tutto il mondo. Si trovano ad affrontare le sfide della decadenza della fede in Dio e il decadimento - forte - in senso materialista; si confrontano quotidianamente con i cambiamenti del concetto di famiglia, con le sfide della povertà e dell’equa distribuzione della ricchezza, con i pericoli dell’erosione dei sistemi ecologici e della scarsità delle risorse naturali risorse, con i livelli (pericolosi) di un inquinamento che cresce, con i problemi della pace in aree di conflitto che troviamo in tutto il mondo e che spesso si presentano come conflitti religiosi.Il dialogo che auspica papa Francesco deve partire dagli Stati o dai popoli?Il dialogo dovrebbe realizzarsi tra le persone, le società sono le più interpellate da quest’urgenza. Non è che i governi non sono coinvolti o non siano responsabili, no, infatti «il politico» è colui che spesso crea problemi e conflitti di interessi che non tengono conto della fede dei popoli e di Dio. Direi che la politica «negozia» ma la fede «dialoga».Perché sottolinea spesso la veste religiosa dei conflitti?I conflitti nascono per lo più da origini politiche e non religiose, ma possono presentarsi con un aspetto religioso perché la religione è ancora la motivazione più efficace e la sorgente più potente, allo stesso tempo, di terrore e di stabilità.Cosa pensa di papa Francesco?La mia impressione è molto positiva. L’ho seguito con attenzione, ho apprezzato la sua semplicità e modestia religiosa. Mi sono venuti in mente i primi califfi «i saggi Quattro Califfi» dopo la morte del profeta Mohamad, in particolare il quarto califfo «Ali Ben Abi Taleb» nella sua semplicità e insistenza nel mettersi sullo stesso piano di chi lo ascoltava. Mi piace già.
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