venerdì 8 aprile 2016
​ Il vescovo Desfarges conferma la possibilità che in aprile arrivi una comunità di preghiera
Il monastero di Tibhirine verso una nuova vita
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TESTIMONIANZE CON LA PREFAZIONE DEL PAPA. «HANNO COMBATTUTO LA VIOLENZA CON AMORE» Può vantarsi di una prefazione di papa Francesco il libro Tibhirine. L’héritage (a cura di Christophe Henning) uscito in Francia mercoledì scorso, per le edizioni Bayard. Si tratta di una raccolta di testimonianze sul lascito spirituale dei sette monaci trappisti uccisi nel 1996. «Non sono fuggiti di fronte alla violenza: l’hanno combattuta con le armi dell’amore, dell’accoglienza fraterna, della preghiera comunitaria» scrive Francesco dei religiosi, «venti anni dopo la loro morte, siamo invitati a essere a nostra volta segni di semplicità e di misericordia, nell’esercizio quotidiano del dono di sé, sull’esempio di Cristo. Non ci sarà altro modo di combattere il male che tesse la sua tela nel nostro mondo. A Tibhirine si viveva il dialogo della vita con i musulmani; noi, cristiani, vogliamo andare incontro all’altro, chiunque egli sia, per allacciare quell’amicizia spirituale e quel dialogo fraterno che potranno vincere la violenza. “Per conquistare il cuore dell’uomo, bisogna amare”, confidava fratel Christophe, il più giovane della comunità. Ecco il messaggio che possiamo serbare nel nostro cuore. È semplice e grande: sull’esempio di Gesù, fare della nostra vita un “Ti amo”».Nuovi indizi che il monastero di Notre Dame  d’Atlas, situato nella località algerina di Tibhirine, famoso per il drammatico martirio di suoi sette monaci durante il periodo del terrorismo islamista degli anni Novanta, potrebbe ospitare di nuovo una comunità stabile di preghiera. E il 16 aprile è prevista al monastero una celebrazione di ricordo dei martiri. È quanto ha fatto intendere l’attuale amministratore apostolico di Algeri, monsignor Paul Desfarges, che in un’intervista al canale arabo della Cnn ha affermato che «in aprile », in occasione del 20° anniversario del rapimento (nella notte tra il 26 e il 27 marzo) e del ritrovamento delle teste mozzate dei monaci (21 maggio), il monastero potrebbe avere «una nuova prospettiva di evoluzione con l’arrivo possibile di un gruppo di preghiera». In questo intervista ripresa dalla stampa algerina, Desfarges, gesuita, vescovo in Algeria dal 2009, precisava la volontà della comunità cattolica in Algeria di voler «celebrare il 20° anniversario del ricordo della morte dei monaci trappisti in aprile».  La vicenda dei monaci è stata raccontata e descritta in numerose pubblicazioni (per primo fu il libro Più forti dell’amore, a cura della comunità di Bose, che l’ha rieditato per le proprie Edizioni Qiqajon) e reso celebre dal film Uomini di Dio di Xavier Beauvois, con la partecipazione di famosi attori come Lambert Wilson e Michael Lonsdale, premiato dalla critica al Festival di Cannes. «L’amministratore apostolico Desfarges si è messo alla ricerca di una comunità per continuare il rapporto di fiducia e di fraternità con il villaggio di Tibhirine e della popolazione di questo Paese», spiega Claude Rault, vescovo di Laghouat-Ghardaia, nel Sahara algerino. Fu lui, insieme al priore martire di Tibhirine, Christian de Chergé, ad istituire alla fine degli anni Settanta Ribât Essalâm, “Legame della pace”, un gruppo di preghiera e di riflessione islamo- cristiano che coinvolse molti in Algeria e che fu terreno fecondo di scambio e di comunione tra la piccola comunità cristiani d’Algeria e la popolazione islamica. «Già un prete della Mission de France, padre Jean Marie Lassausse (autore di Il giardiniere di Tibhirine, Edizioni San Paolo, ndr), e un cooperante belga, Frédéric, laico consacrato, stanno da tempo continuando ad accogliere i visitatori che vanno al monastero, molti dei quali sono musulmani», prosegue monsignor Rault. Quindi non si può parlare di riapertura del monastero, proprio perché esso non è stato mai chiuso. Infatti dal 2011 al 2013 anche una coppia di sposi francese, Anne e Huibert Pouquin, hanno vissuto a Notre Dame d’Atlas, assicurando l’accoglienza dei visitatori, e raccontando poi la loro esperienza in un libro pubblicato in Francia, Una couple à Tibhirine (Mediaspaul). Di fronte alla prospettiva di una nuova presenza religiosa al monastero Rault precisa: «È importante che il messaggio di Tibhirine possa continuare a propagarsi e a essere vissuto in questo luogo. È importante fare di Tibhirine non solo un luogo di memoria ma un luogo di vita sotto il segno dell’accoglienza, della preghiera e di una fraternità che supera le frontiere. È questo il senso della nostra presenza come Chiesa in un contesto musulmano. Vogliamo continuare ad essere una Chiesa per gli al- tri, con gli altri, quale che sia la loro appartenenza religiosa, per testimoniare l’amore di Dio per tutte le persone, al di là delle frontiere che potrebbero separarci ». Secondo alcune fonti, negli anni scorsi era stato chiesto alla Comunità di Taizè di installare una presenza religiosa a Tibhirine. Mentre attualmente gli indizi convergono sulla comunità francese di Chemin Neuf. Quello che più sta a cuore alla Chiesa d’Algeria, comunque, rispetto alla vicenda di Tibhirine, è una cosa sola: non disgiungere il dono della vita di quei monaci dalla tragedia che colpì il popolo algerino in quegli anni. «Noi non possiamo separare questa comunità che aveva scelto di vivere in una contesto effettivamente pericoloso dall’insieme della popolazione che viveva in quel periodo molto doloroso che noi oggi chiamiamo gli “anni neri” – spiega monsignor Raul –. Se la Chiesa cattolica ha sofferto la morte violenta di 19 suoi membri, questi non sono da separare dalle 150mila vittime di questa guerra: intellettuali, imam, gente normale ha trovato la morte nelle stesse condizioni dei monaci».
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