sabato 10 gennaio 2015
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«La fretta è la peste dell’amore» scriveva san Francesco di Sales, patrono di giornalisti e scrittori. La fretta è nemica implacabile della pazienza e della perseveranza. Due sorelle gemelle, generate dall’amore, a cui dobbiamo massima cura per non permettere che degeneri. Amore che potremmo smarrire anche quando, faticosamente e con passione, ricerchiamo la verità, la difendiamo, prendiamo posizioni per amore della verità. E così, in un tempo che ci costringe alla 'velocità dell’istante', anche noi credenti in fretta giudichiamo, rubrichiamo, archiviamo, in fretta ci schieriamo e finiamo con il dividerci, tradendo in ultimo la verità stessa. Vorrei, con tutta umiltà, che la Chiesa di nostro Signore Gesù non vedesse le sue vesti contese tra chi più dice di volerle bene e di difenderla dal male. Anche quando rimaniamo delusi perché i tempi e i modi che vorremmo assegnare alle questioni fondamentali che ci riguardano da credenti non rispondono alle nostre attese. La Chiesa è 'logos e dia-logos': da quando Cristo è apparso sulla terra la ragione divina ha preso a farsi strada tra le ragioni umane. Sottrarsi a questa evidenza significa sottrarre Cristo dall’orizzonte umano. Non saranno i nostri ragionamenti, preoccupazioni, proiezioni, richieste di fedeltà a rendere pura e verace la Chiesa di Cristo. A ciò, nonostante noi, provvede misteriosamente e fecondamente, nei secoli, lo Spirito Santo. Soltanto Lui dà 'definizione e direzione' alla nostra fede, come ha meravigliosamente insegnato un santo dei nostri giorni di nome Benedetto XVI. I Vangeli ci indicano una sola circostanza in cui 'la fretta' è provvidenziale: è nel passo di Maria, che 'in fretta' va da Elisabetta per prendersene cura, in una estroversione da sé che ci rivela la vera natura dell’amore. L’amore cristiano è esodo senza attese. Mai una fuga o un riparo. È un andare per regalare gioia e rivelare la grande novità portata da Gesù: la salvezza è per ogni uomo. Esperienza salvifica senza la quale l’uomo rimane solo, conosce la morte, non impara a vedere la storia con uno sguardo sempre nuovo. Questo è il cristianesimo, nella sua essenza e portata profetica; questo sarà il suo dinamismo fino alla fine dei tempi. Ora papa Francesco sta imprimendo al nostro mondo confuso e contuso il deciso 'passo di Maria', generando tra la gente lo stupore di Elisabetta, la gioia dei tanti nostri 'cugini' soli, bisognosi di compagnia, magari i più anziani e fragili. Se la vittoria ultima sarà quella dell’amore, vince chi sa amare questo nostro tempo reinserendo nel suo scorrere l’opzione di Cristo. Senza paura di sbagliare. Senza eludere il bisogno di salvezza che grida dalla nostra terra. Papa Francesco, massimamente esposto dallo Spirito Santo in un mondo in profonda crisi spirituale e pertanto misteriosamente disposto al fascino di Cristo, paga un prezzo alto, perché altissima è la misura dell’amore che si è imposto di lasciar travasare dal medesimo Spirito nel cuore della storia, delle istituzioni, della Chiesa stessa. Un amore che non travisa la verità, né la riduce, ma la esalta nel movimento che la fede ha ripreso ad avere tra la gente, nella fiducia che si è riaccesa verso quel 'corpo mistico' troppo spesso offeso, conteso, svilito nelle sue funzioni visibili. Una Chiesa che mai potrà testimoniare la sua fedeltà a Cristo fuori dalla fedeltà a Colui che di Cristo è il primo testimone, lo Spirito Santo: tra 'spiritualità' come rischio carismatico della fede e sacramentalità come fedeltà al deposito della fede. Lasciamo avanzare lo Spirito Santo. Lasciamolo agire. Lasciamo che il popolo di Dio si riappropri della gioia di credere e preservi, con il suo infallibile senso della fede, la Chiesa e il Papa dal male. Chiediamo allo Spirito che ci sostenga nelle scelte pastorali delicate ed esigenti che ci attendono, per rendere Cristo vivo e visibile, capace di convertire anche i cuori più ostinati e sradicare i peccati strutturali. Non ci è dato di avere altra fretta se non quella di preservarci reciprocamente nell’amore, come fratelli nella fede, per rendere davvero più fraterno l’avvenire degli uomini.
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