giovedì 20 novembre 2014
Il videomessaggio (guarda) del Papa al Festival della Dottrina sociale della Chiesa: no a rassegnazione e chiusura su di sé. La crisi si affronta con «le molte energie nascoste» IL TESTO | Il Festival | Il saluto di Napolitano
L’urgenza della prossimità per dare significato al tempo di Claudio Gentili
COMMENTA E CONDIVIDI

Prendere l’iniziativa, non stare alla finestra aspettando che altri provvedano: è il "metodo" che il Papa indica ai partecipanti al quarto Festival della dottrina sociale della Chiesa in corso a Verona per trovare una via d’uscita dalla crisi. L’analisi di Bergoglio, che ha fatto pervenire all’iniziativa un partecipe e caloroso videomessaggio, esamina varie modalità per «prendere l’iniziativa», una scelta «urgente» perché «il sistema tende a omologare tutto e il denaro la fa da padrone». Oggi bisogna «avere il coraggio di non lasciarsi imprigionare dal denaro e dai risultati a breve termine diventandone schiavi». Esortando a trovare un «modo nuovo di vedere le cose», il Papa chiede anzitutto di non farsi vincere dal disorientamento e dalla paura indotti dalla «situazione di crisi sociale ed economica nella quale ci troviamo», che è «così pesante» da farci credere che «noi non possiamo farci niente». C’è una vera «tentazione» da vincere: quella di «fermarsi a curare le proprie ferite» prendendo questa «scusa per non sentire il grido dei poveri». Con un’immagine delle sue, il Papa ammonisce che quelli che si concentrano a «curare le proprie ferite finiscono truccandosi». Una forma di indifferenza che rischia di renderci «ciechi, sordi e muti, presenti solo a noi stessi, con lo specchio davanti», come «Narciso». Di qui nasce la chiave di volta: «Liberare le molte energie nascoste o non conosciute che sono presenti e operano molto concretamente». «Prendere l’iniziativa» significa infatti «andare oltre», «allargare e non restringere, creare spazi e non limitarsi al loro controllo». L’obiezione ricorrente è che «manca il denaro»: ma il Papa nota che «il denaro per acquistare armi si trova», o «per fare guerre», o per «operazioni finanziarie senza scrupoli». E allora perché non usarlo «per creare lavoro, per investire in conoscenza, nei talenti, per progettare un nuovo welfare, per salvaguardare l’ambiente»? «Il vero problema – dice allora Francesco – non sono i soldi ma le persone: non possiamo chiedere ai soldi quello che solo le persone possono fare o creare». Dunque, «per creare sviluppo occorrono persone che hanno il coraggio di prendere l’iniziativa». Che significa «prendere l’iniziativa»? Vuol dire «sviluppare un’impresa capace di innovazione non solo tecnologica», «rinnovare le relazioni di lavoro sperimentando nuove forme di partecipazione e di responsabilità dei lavoratori», inventare «nuove formule di ingresso nel mondo del lavoro», creare «un rapporto solidale tra impresa e territorio», «superare l’assistenzialismo» senza «chiedere ancora e sempre allo Stato». In una parola, che il Papa ama molto, «creare nuovi processi», cosa ben diversa dal «chiedere che ci diano nuovi spazi». Perché i «nuovi processi non sono il risultato di interventi tecnici» ma «di un amore, che, sollecitato dalle situazioni, non è contento finché non inventa qualcosa e diventa risposta». È quindi «l’amore», secondo l’analisi di Bergolio, «la vera forza per il cambiamento». Una forza propulsiva grazie alla quale «avvieremo sicuramente qualcosa di nuovo», ad esempio «promuovere e sviluppare i talenti»: perché «liberare i talenti è l’inizio del cambiamento». «Si tratta – è la conclusione del Papa –  di far circolare le capacità , l’intelligenza, le abilità di cui le persone sono state dotate».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: