venerdì 9 settembre 2016
Nel libro di Seewald l'affetto per Bergoglio: «Con la sua elezione prospettive dinamiche».
Il nuovo libro con Benedetto XVI: la Chiesa trabocca nuove possibilità
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Esce, oggi 9 settembre 2016, in tutto il mondo il volume intitolato “Benedetto XVI. Ultime conversazioni”, il nuovo libro intervista del giornalista tedesco Peter Seewald con il Papa emerito che tocca le tappe più importanti della sua vita: dall’infanzia sotto il regime nazista, la scoperta della vocazione, gli anni difficili della guerra, poi il servizio in Vaticano e il forte legame con Giovanni Paolo II, fino all’elezione al soglio pontificio e alla decisione della rinuncia al Pontificato. Nel 1958 Joseph Ratzinger scrisse uno dei suoi primi libri di successo, La fraternità cristiana, che anticipava alcune delle intuizioni fondamentali della sua visione teologica. Diceva il giovane teologo: «La preghiera cristiana del Padre Nostro non è l’invocazione di un’anima, la quale non conosce altro che Dio e se stessa, bensì è legata alla comunità dei fratelli, insieme ai quali siamo l’unico Cristo». Poi continuava: la nostra fraternità si basa sulla comunione con Cristo aperta non solo ai forti e ai sapienti ma a tutti, soprattutto ai più deboli, ai poveri, agli umili e ai perseguitati. Vi è qui l’anticipazione di quella fraternità e complementarietà tra papa Benedetto e papa Francesco di cui abbiamo avuto alcune conferme significative in questi giorni. Papa Francesco l’ha sottolineato nella prefazione al mio volume Servitore di Dio e dell’umanità parlando del debito di gratitudine che noi tutti abbiamo verso Ratzinger per il suo contributo alla cultura e alla fede, per l’elaborazione di un magistero in grado di rispondere alle attese del nostro tempo. Gli rispondeva Benedetto nell’intervista acclusa al mio volume parlando della disponibilità di papa Francesco verso tutti gli uomini. Ora l’altro ieri, presentando il mio libro a papa Bergoglio, in margine all’udienza generale del mercoledì, ho avuto modo di toccare quasi con mano questa disponibilità. Si notava nello sforzo delle catechesi di giungere a tutti, di comunicare, di infondere fiducia ai presenti a partire non dalle gerarchie consolidate, bensì dalla successione delle Beatitudini, dei poveri, dei miti, di coloro che soffrono.  Poi nell’intervista  Ultime conversazioni di Peter Seewald di cui il Corriere della Sera ha anticipato alcuni stralci papa Benedetto fa un’altra affermazione di grande interesse: parla della riforma pratica del suo successore, della sua capacità di mettere in pratica azioni di carattere organizzativo. Qui non c’è più unicamente fraternità e comunione, ma anche complementarietà e integrazione al servizio della Chiesa. Dice ancora Benedetto XVI: «L’elezione di un cardinale latino-americano significa che la Chiesa è in movimento, è dinamica, aperta, con davanti a sé prospettive di nuovi sviluppi». Qui il pensiero va a Guardini e al suo grido di entusiasmo che aveva aperto la riflessione sulla Chiesa all’inizio del XX secolo: «Si è innescato un processo religioso di portata imprevedibile: la Chiesa si risveglia nelle anime». E poi al Vaticano II, a quella Costituzione sulla Chiesa che nel proemio afferma: «La Chiesa è ... come un Sacramento o segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano». È l’invito concorde dei due Pontefici a non attardarsi in dinamiche di piccole contraddizioni intraecclesiali, di progressisti e conservatori, prendendo magari a pretesto presunte discordanze tra i due Pontefici. Dice ancora Benedetto XVI: «Ciò che è bello e incoraggiante è che proprio nella nostra epoca accadono cose che nessuno si aspettava e mostrano che la Chiesa è viva e trabocca di nuove possibilità ». Bisogna dunque guardare avanti perché la prospettiva è ancora una volta nuova ed entusiasmante.  C’è la stanchezza dell’Europa che da tempo ormai non sembra più in grado di sperimentare l’entusiasmo del Vangelo, ma vi sono i popoli dell’America, dell’Africa e dell’Asia che con insistenza chiedono con le parole di Filippo: mostra ci la misericordia del Padre nell’accogliere i poveri e i diseredati, quanti subiscono violenza e aggressione, quanti sono deboli e affamati. È il compito che la Chiesa ha davanti a sé e che può svolgere solo nella fedeltà a Cristo, rimanendo aggrappata al Maestro di Nazaret con tutte le forze, in una disposizione di generosità e donazione. E l’Europa? La lasciamo al suo destino di stanchezza e indifferenza? Con san Paolo, Benedetto XVI risponderebbe: impossibile. Nel suo pontificato egli con insistenza ha proposto al Vecchio Continente l’ideale di un nuovo umanesimo per il 2000 basato sul dialogo tra le religioni, sulla collaborazione tra autorità politiche e religiose a partire da una laicità sana e rispettosa, sull’amore per il Creato, sulla via della bellezza che viene da Dio e a lui riconduce. E l’arrivo di nuove forze provenienti da altri Paesi e continenti può ben essere lo stimolo che può dare nuova linfa anche al Vecchio Continente. In conclusione Benedetto XVI fa nella nuova intervista una confessione che desta tenerezza: «Non riesco a vedermi come un fallito». Possiamo ben credergli. Come dice papa Francesco: tutti siamo debitori verso il Pontefice emerito, tutti gli dobbiamo amore e riconoscenza per il suo servizio alla verità, per il suo amore a Cristo e alla Chiesa.
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