mercoledì 17 luglio 2019
«Beauty is dif-
ficult», la bellezza è difficile, scrive Ezra Pound nei Cantos, attribuendo la frase a Aubrey Beardsley, il grande e sfortunato anticipatore dello stile Liberty, morto a ventisei anni nel 1898. In verità la citazione è ben più antica, perché risale al Simposio di Platone. «Handle vith care», maneggiare con cura, quando si tratta di citazioni: bisogna che siano letteralmente esatte e attribuite a chi le ha veramente pronunciate. Nel clima di generale approssimazione, specialmente giornalistica, che respiriamo, si trovano attribuzioni a casaccio, e luoghi comuni convalidati dalla reiterazione. Montanelli e Flaiano sono fra i più bersagliati dal malcostume. Peraltro, Sergio Romano ha sempre pensato che le frasi efficaci avessero molti padri, e come dargli torto? Se un'espressione diventa proverbiale, condivide le storpiature dei proverbi. A buon conto, l'uso delle citazioni – di frasi o di singole parole altrui – è tipicamente anglosassone (Pound, Eliot) e conferisce autorevolezza perché la frase o la parola si presenta col suo carico di storia e di allusioni. A mettere un po' d'ordine in questo mare in cui non è dolce naufragare ci prova Stefano Lorenzetto con Chi (non) l'ha detto. Dizionario delle citazioni sbagliate (Marsilio, pagine 396, euro 18), sàpido manuale che assegna le citazioni (per quanto possibile) all'esatto citatore: «Un onesto, scrupoloso, faticoso tentativo di ricostruire la genesi di alcuni aforismi, locuzioni, motti, proverbi, modi di dire, battute, paradossi, frasi celebri che nel tempo sono diventati autentici pur essendo falsi all'origine». Per esempio, la celebre battuta «A pensar male si fa peccato, ma spesso s'indovina», non è originale di Andreotti: egli stesso fece sapere di averla sentita nel 1939 dal cardinale Francesco Marchetti Selvaggiani. Certo, citare Andreotti anziché il cardinale Marchetti Selvaggiani è più facile e sbrigativo. Molti credono e ripetono (Enzo Biagi compreso) che la battuta «Dio è morto, Marx pure, e anche io non mi sento molto bene» sia di Woody Allen, mentre invece si troverebbe nel teatro dell'assurdo di Eugène Ionesco. Perfino «Eppur si muove» non fu pronunciata da Galileo, bensì fu introdotta nel 1789 dal letterato torinese Giuseppe Baretti. I lemmi del dizionario di Lorenzetto sono ordinati secondo il nome del vero o presunto autore. Molte le citazioni in latino, e qualche sconfinamento nella pedanteria è consentito dal genere letterario di riferimento. Certo, è un po' come il tentativo di svuotare il mare con un bicchiere, o di raddrizzare le gambe ai cani, ma la buona volontà è indubbia. Ci vorrebbe un altro Dizionario per segnalare gli errori di traduzione. Lorenzetto desume queste perle da Tim Parks traduttore in inglese di Leopardi, Moravia, Pavese. Parks segnala che «in una recente edizione inglese del Romanzo di Ferrara di Giorgio Bassani, peraltro pubblicata da un editore serissimo, appare un “sedicente profugo” che in inglese diventa “un profugo di sedici anni”. E di un altro personaggio, ebreo, che “a convertirsi non ci pensava affatto”, si dice che “si era convertito senza pensarci”. Di stravolgimenti simili, assicura Parks, ce ne sono a dozzine». Di chi ci si può fidare?
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