venerdì 29 marzo 2019
Dal Festival dell'Economia civile l'economista americano lancia strali su Trump e Bezos e invoca una maggior coesione per l'Europa
Jeffrey Sachs (foto ufficio stampa)

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Il riscaldamento globale sta per distruggere il Pianeta, le diseguaglianze economiche stanno provocando fratture sempre più profonde fra Paesi e all’interno delle stesse nazioni, eppure in molti casi “politici corrotti o ignoranti” continuano a perseguire vecchie politiche distruttive, mentre alcune tra le imprese più grandi “ricattano” le città cercando di drenare risorse che dovrebbero andare invece a beneficio dei più deboli.

L’economista Jeffrey Sachs, direttore dell’Earth institute della Columbia University, parla chiaro, senza mezze misure. E dal Festival nazionale dell’Economia sociale, che si è aperto a Firenze, fa pure nomi e cognomi. Le critiche più forti, a tratti feroci, sono per il presidente Trump, definito “ignorante” per il suo ostinarsi a negare il cambiamento climatico con i suoi potenzialmente tragici effetti. E “folle” per la sua politica economica, la guerra commerciale con la Cina “e chiunque altro non accetti l’egemonia statunitense”, in una logica di competizione esasperata. Sachs, che non nasconde certo le sue simpatie democratiche, lo dice chiaro: “Dobbiamo mandare via Trump, dobbiamo riuscirci. Bernie Sanders, invece, sarebbe un ottimo presidente e partner per l’Unione Europea”.

Ma oltre al ‘suo’ presidente, l’economista americano attacca con forza anche Jeff Bezos, definito un “incredibile, avaro” che, in maniera disgustosa, nonostante 140 miliardi di dollari di patrimonio, “chiede sconti fiscali alla città di New York per insediare lì la nuova sede Amazon. “Soldi pubblici che andrebbero invece destinati alla copertura sanitaria per le persone che ne sono prive e in programmi di istruzione per i più poveri”, arringa Sachs. E quando poi “gli si prospetta l’arrivo dei sindacati per tutelare i lavoratori, allora scappa via e porta l’azienda da un’altra parte”.

Sono solo degli esempi di un sistema economico e di una politica (in alcuni casi corrotta perché “direttamente pagata dalle compagnie petrolifere”) che insistono a sbagliare strada.

La via giusta, invece, per l’economista è quella imboccata da alcuni Stati americani e dall’Europa verso la difesa dell’ambiente, attraverso la decarbonizzazione, il ricorso alle fonti di energia pulita e rinnovabile, l’uso di mezzi di trasporto elettrici. “In questo campo l’Italia, con il suo sole e scelte politiche adeguate, come quelle avviate dalla Florida che punta a veicoli ad emissioni zero e aziende che progressivamente utilizzino solo energie rinnovabili entro il 2030, potrebbe porsi all’avanguardia”.

Sachs crede decisamente nella cooperazione fra Stati, tanto da lodare il nostro accordo sulla Via della Seta e - probabilmente con qualche indulgenza di troppo verso la Cina - indica il grande Paese asiatico come un partner imprescindibile con cui avviare scambi commerciali e di tecnologia sempre più estesi e veloci, con vantaggi tanto per i Paesi Ue quanto per tutti quegli Stati che si trovano fra Cina ed Europa.

Il vero nodo, però, è cambiare il paradigma economico. Passare da un’esasperata economia di mercato a un modello di economia civile e sociale. “Non si tratta di creare una contrapposizione, di cancellare il mercato e una corretta competizione - spiega Jeffrey Sachs davanti alla platea del Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio - ma di riequilibrare il sistema con la cooperazione, bilanciandolo con altri valori etici”.

Significa anzitutto tornare a redistribuire risorse dai più abbienti ai più deboli attraverso un’equa tassazione, e non invece con “i tagli che l’amministrazione americana sta operando a favore dei ricchi, producendo un enorme deficit che oggi nega tutele di welfare ai più deboli e graverà come un peso enorme sulle generazioni future”. È un rischio che ora corriamo anche in Italia, ammonisce Sachs, “introducendo la flat tax che serve solo ad arricchire di più i ricchi finendo per limitare le opportunità per i poveri”.

Gli interventi che invece sarebbero necessari per l’Italia e l’Europa sono una maggiore coesione - “altro che il caos Brexit” - un miglior coordinamento delle politiche fiscali, evitando improprie concorrenze, una maggiore trasparenza nei flussi di capitale e una seria lotta all’evasione fiscale”. Più cooperazione e meno competizione. In una parola: un’economia civile.

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